USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Eugenio Roscini Vitali

Ynet, il sito web del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, non ha dubbi: lo Stato ebraico sta per subire un nuovo attacco. L’informazione si riferisce ad una indiscrezione divulgata dalla testata saudita Ozak, secondo la quale in Libano sono certi che le crescenti tensioni tra Gerusalemme e Damasco sarebbero dovute all’atteggiamento di sfida di Hezbollah, che si starebbe preparando ad affrontare una escalation militare tesa a colpire Israele.

La possibilità che in Medio Oriente si stia andando incontro ad un nuovo conflitto viene confermata anche dal giornale pan-arabo Al Sharq Al Awsat, il quale rivela che l’esercito del presidente Bashar al-Assad starebbe già richiamando in servizio i militari incorporati nella riserva, e dalla stessa stampa siriana, che in editoriale pubblicato sabato 6 febbraio dal quotidiano filo-governativo Tishreen, parla di una esplicita volontà israeliana di dare il via ad una nuova guerra e delle possibili conseguenze.

Nonostante Benjamin Netanyahu si sia impegnato in una storica apertura verso il mondo arabo - “Israele anela ad accordi di pace con tutti i suoi vicini. Lo abbiamo fatto con l'Egitto e con la Giordania, possiamo farlo anche con la Siria e i palestinesi” - la tensione è ormai alle stelle. A buttare benzina sul fuoco sarebbe proprio il presidente iraniano Ahmadinejad, che nel Giorno della Memoria non ha perso l’occasione per ricordare al mondo la sua posizione: “Arriverà il giorno della vostra distruzione”. Un avvertimento che, alla luce degli scontri verbali che negli ultimi tempi hanno visto di fronte lo Stato ebraico ed Hezbollah, accentua la certezza che in Medio Oriente la crisi politica potrebbe presto trasformarsi in un nuovo conflitto. E proprio in questo contesto che va anche vista la risposta del ministro degli Esteri israeliano  Avigdor Lieberman, che dall’Università Bar-Ilan di Tel Aviv ha ricordato a Damasco che “il regime siriano è destinato a cadere se continuerà a provocare Israele….. Se la Siria dichiarerà guerra allo Stato ebraico non solo perderà il conflitto ma il regime di Bashar Assad crollerà”.

Le affermazioni di Lieberman si riferiscono ad un carico di armi che comprende circa 100 missili terra-terra a medio raggio e che a gennaio l’Iran avrebbe fornito alla Siria. Scaricato in una non meglio precisata base militare, il carico avrebbe poi preso la via del Libano della Striscia di Gaza e sarebbe andato a rinforzare l’arsenale del movimento sciita Hezbollah e dei gruppi armati legati ad Hamas. A conferma di tale tesi ci sarebbe il ritrovamento di due casse, contenenti ciascuna circa 10 chilogrammi di esplosivo, rinvenute il 1° febbraio scorso sulle spiagge di Ashkelon e Ashdown, porti israeliani a circa 25 chilometri da Gaza. Il sospetto è che il materiale bellico faccia parte di un carico ben più consistente e che i due container siano stati lasciati alla deriva in attesa che qualche peschereccio li recuperasse per poi scaricarli di fronte alle coste della Striscia di Gaza.

Il 3 febbraio scorso era stato lo stesso presidente Assad a puntare il dito contro Gerusalemme, accusando gli israeliani di essere alla ricerca di un pretesto per scatenare un conflitto e il ministro degli Esteri siriano, Walid Moallem, tuonava: “Israele sa che questa volta gli effetti della guerra arriveranno fino alle sue città … lo Stato ebraico non deve più indirizzale le sue minacce contro Gaza, il Libano meridionale, l’Iran ed ora anche contro la Siria”. Dichiarazioni che, per Tel Aviv, confermerebbero i sospetti israeliani sull’esistenza di un patto segreto che legherebbe la Siria e l’Iran ai due movimenti armati e che sarebbe stato sottoscritto nel dicembre scorso a Damasco dal ministro della Difesa siriano, Generale Ali Habib, dall’omologo rappresentante iraniano, Generale Ahmad Validi, e dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.

Israele è seriamente preoccupata per il riarmo del movimento sciita libanese e, nel caso di un altro scontro, ha già minacciato che questa volta l’attacco sarebbe devastante; l’allerta è tale che nelle scorse settimane le Forze di Difesa Israeliane sono state impegnate in una manovra militare su vasta scala che ha interessato anche il confine settentrionale con il Libano: l’esercitazione Home Front Command. Chi sembra piuttosto tranquillo è il leader di Hezbollah, che al contrario, nei confronti di Israele, continua a mantenere un atteggiamento di apparente sfida; Nasrallah non nasconde che i suoi miliziani sono pronti ad affrontare un nuovo conflitto e si dice fiducioso in una “nuova e schiacciate vittoria”. Una guerra psicologica che rientrerebbe nel normale confronto tra due acerrimi nemici se non fosse per le informazioni che arrivano dai servizi d’intelligence, che smentiscono quanto sostiene la forza di pace delle Nazioni Unite nel sud del Libano, e cioè che non c’è alcuna indicazione che sia in atto la preparazione di una nuova escalation militare.

In Israele c’è chi pensa che Teheran stia già preparando il terreno per rispondere ad un sempre più probabile attacco israeliano agli impianti nucleari di Natanz e Isfahan, soprattutto ora che la Repubblica Islamica ha pubblicamente dichiarato di voler produrre uranio arricchito al 20%, gradazione di U235 che potrebbe già aver raggiunto e che sarebbe sufficiente per la costruzione di un’arma nucleare cruda, molto inefficiente ma estremamente pericolosa. Per far questo starebbe cercando di stimolare uno scontro che impegni Israele su tre fronti: con Hamas lungo la Striscia di Gaza, con la Siria sulle alture del Golan e con Hezbollah attraverso il confine libanese. Migliaia di miliziani addestrati in Iran a combattere nelle aree urbanizzate della Galilea sarebbero pronti ad invadere Israele da diversi settori: dalla comunità di Ramot Naftali, con i kibbutz di Malkia e Yiftah e la collettività agraria di Dishon, alla città costiera di Nahariya, sul Mar Mediterraneo.


 

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