Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Michele Paris

Il salvagente lanciato poche settimane fa dall’Unione Europea alla Grecia, era giunto solo dopo la promessa solenne, da parte del governo socialista di Atene, d’implementare nel paese un durissimo piano di tagli alla spesa pubblica per riportare il deficit sotto controllo. Mentre imponevano misure draconiane ai lavoratori ellenici, senza fare troppo rumore, come si è appreso nei giorni scorsi, Parigi e Berlino chiedevano contemporaneamente ai vertici del gabinetto greco di stipulare onerosi contratti d’acquisto per inutili armamenti usciti dalle officine francesi e tedesche.

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, si era fatto immediatamente promotore di un piano di salvataggio per la Grecia sull’orlo della bancarotta, ma il cancelliere tedesco, Angela Merkel, aveva espresso parecchie perplessità, cercando poi di vincolare l’intervento comunitario all’adozione di provvedimenti particolarmente drastici da parte del primo ministro George Papandreou. Nonostante i tentennamenti, dettati anche da motivi elettorali, il governo di Berlino non avrebbe in ogni caso permesso un default della Grecia, che avrebbe a sua volta avuto pesanti ripercussioni sulle banche tedesche, esposte per decine di miliardi di euro con i bond greci.

La difesa dei propri istituti bancari non è stata tuttavia l’unica motivazione che ha spinto Francia e Germania ad accordarsi sullo sblocco di 110 miliardi di euro per la Grecia. La situazione di crisi di quest’ultimo paese ha rappresentato anche l’occasione per assicurare alle rispettive industrie belliche commesse miliardarie. Così, oltre a prescrivere un programma di riduzione del deficit pari a 30 miliardi di Euro, con vere e proprie tecniche ricattatorie è stato imposto alla Grecia, come condizione informale per ottenere il prestito, l’acquisto di armi e mezzi militari che non faranno altro che gonfiare ulteriormente un debito già colossale.

A documentare le trattative sono state varie testate giornalistiche, tra cui l’agenzia di stampa Reuters, l’americano Wall Street Journal e il quotidiano conservatore greco Kathimerini. Secondo i resoconti pubblicati, il presidente Sarkozy avrebbe addirittura negoziato di persona le transazioni di armi nel corso della trasferta del premier Papandreou a Parigi nel mese di febbraio per richiedere assistenza economica al governo francese. Pur consapevole delle condizioni delle finanze greche, Sarkozy avrebbe ottenuto in cambio un ordine per sei navi da guerra FREMM (costruite dalla parigina DCNS in collaborazione con Fincantieri) per un totale di 2,5 miliardi di Euro.

Inoltre, il Capo di Stato francese si sarebbe anche assicurato la promessa dell’acquisto da parte delle forze armate greche di 15 elicotteri Super Puma (prodotti dalla compagnia transalpina Eurocopter), del valore di 400 milioni di Euro, e di una quarantina di aerei da combattimento Dassault Rafale, il cui costo unitario si aggira attorno ai 100 milioni di Euro.

Non da meno è stato poi il governo tedesco, che aveva ferocemente criticato la Grecia e i suoi abitanti per aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità e, nel momento di difficoltà, di aver presentato il conto ai partner europei. Lo shopping forzato a Berlino del governo guidato dal PASOK di Papandreou, è consistito in almeno un paio di sottomarini della Thyssen Krupp, pagati 1,3 miliardi di Euro.

Le spese militari della Grecia sono peraltro tradizionalmente già molto più elevate rispetto alla media dei paesi europei, soprattutto a causa delle persistenti tensioni con la Turchia. Nel bilancio dello Stato per l’anno in corso, il Governo greco aveva perciò annunciato un taglio delle spese militari dal 3,1 per cento del PIL al 2,8 per cento. Un obiettivo che difficilmente verrà centrato, visti i nuovi contratti con le aziende francesi e tedesche.

A seguito di queste rivelazioni, come previsto, si sono moltiplicate le proteste in un paese già provato dai tagli selvaggi del governo socialista. Per fronteggiare le critiche, il vice primo ministro, Theodoros Pangalos, ha ammesso pubblicamente che il suo governo era stato messo “sotto pressione per concludere accordi contro la propria volontà”, dal momento che alla Grecia “non servono nuove armi”.

I ricatti velati nei confronti di Atene sono stati confermati alla Reuters anche da un anonimo consigliere di Papandreou, il quale ha ricordato come durante le trattative per il prestito alla Grecia “nessuno diceva apertamente: acquistate le nostre navi da guerra o non vi daremo un soldo; tuttavia era chiaro che ci sarebbe stata maggiore disponibilità se avessimo fatto quello che ci era richiesto sul fronte degli armamenti”.

L’intera vicenda rivela la profonda ipocrisia che si nasconde dietro una propaganda che chiede enormi sacrifici ai lavoratori per sanare un debito del quale essi non hanno alcuna colpa. E, allo stesso tempo, smaschera la vera natura della presunta generosità di governi come quello francese e tedesco, apparentemente giunti come benefattori in soccorso della Grecia, ma in realtà ben decisi a difendere solo ed esclusivamente gli interessi economici delle loro banche e delle loro aziende.

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