USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Carlo Musilli

Usare la democrazia come contentino, annunciare riforme vaghe per calmare gli animi nelle piazze. Da un paio di mesi il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, cerca di salvare la sua poltrona battendo questa strada. Ma ormai potrebbe non bastare più. L'opposizione non è disposta a credergli, pretende un cambiamento concreto e radicale. Purtroppo la lezione di Tunisia ed Egitto non è penetrata a sufficienza in terra d'Algeria. Il fronte della protesta è ancora troppo frammentato e ricattabile per organizzare una vera rivolta. Tuttavia le false promesse del governo illiberale che regge il Paese non abbagliano più la società civile. E le manifestazioni continuano.

L'ultima trovata di Bouteflika è arrivata mercoledì scorso. Dopo una riunione del Consiglio dei ministri, ha annunciato una road map per le riforme. A guidare il cambiamento sarà Abdelkader Bensalah, presidente del Consiglio della Nazione (la Camera alta algerina) e probabile successore del Presidente. Lavorerà a stretto contatto con i partiti e con "personalità nazionali" in rappresentanza della società civile.

Chi siano queste "personalità" non è dato sapere. Molte leggi subiranno una "revisione profonda", ma i cambiamenti dovranno compiersi nel rispetto di non meglio precisati "valori nazionali". Gli ambiti d’intervento andranno dal modello elettorale all'informazione, attualmente controllata dal governo. Fin qui soltanto belle parole. Poca sostanza. Bouteflika ha spiegato che alcune riforme arriveranno in Parlamento entro la fine dell'anno. Per quanto riguarda le modifiche alla Costituzione, invece, bisognerà aspettare fino alle prossime elezioni, che si terranno nel maggio del 2012. Il Presidente deve aver capito che tutto questo non sarebbe stato sufficiente a calmare le acque. Così ha messo mano al portafoglio.

Lunedì scorso il governo ha stabilito di alzare la spesa pubblica addirittura del 25%, attingendo alle ampie riserve di liquidità del Paese (circa 150 miliardi di dollari). Gli interventi dovrebbero creare nuovi posti di lavoro, aumentare i salari e abbassare i prezzi alimentari. L'opposizione si aspettava mosse del genere da parte di Bouteflika e non ci sta a farsi comprare. Il Presidente aveva annunciato il programma di riforme politiche ed economiche già a metà aprile, ma le proteste erano continuate come nulla fosse. Naturale quindi che tentasse un ulteriore passo avanti, dando alle sue promesse una veste solo leggermente più credibile.

Il Coordinamento nazionale per il cambiamento e la democrazia (Cncd) ha giocato d'anticipo, mettendo per iscritto già a fine aprile le rivendicazioni condivise con le altre forze d'opposizione. Chiede che venga istituito un Consiglio nazionale di transizione, che dovrebbe rimanere in carica un anno. Il suo compito sarebbe di nominare un governo provvisorio che scriva una nuova costituzione. Dovrebbe inoltre essere creato un Consiglio indipendente "per stabilire la verità e la giustizia" sulle attività di governo. Non basta quindi cambiare le leggi: le opposizioni chiedono la metamorfosi delle istituzioni e soprattutto che l'intera oligarchia corrotta a capo del Paese sia sostituita.

Se non inizierà un vero dialogo fra Bouteflika e i suoi avversari, la situazione potrebbe precipitare verso uno scenario a cui nessuno è preparato. Le manifestazioni sono state proibite in Algeria lo scorso dicembre, ma da allora diverse comunità di studenti universitari sono scese in piazza lo stesso per protestare contro il governo.

A febbraio l'Esecutivo ha ritirato lo stato d'emergenza imposto al Paese nel 1992, ma nemmeno questo è stato utile a riportare la stabilità. Anzi, il provvedimento ha dato ulteriore motivazioni ai manifestanti. Lo scopo annunciato era di ripristinare la liberà d'espressione e di associazione, ma per ora tutte le restrizioni restano al loro posto. E questo la dice lunga sulle reali intenzioni del governo.

Le ultime promesse di Bouteflika sono soltanto l'ennesimo specchietto per le allodole. Non è quindi sorprendente che manifestazioni, violenze e illegalità continuino ad essere all'ordine del giorno in Algeria. Mercoledì scorso centinaia di medici in sciopero sono scesi in piazza davanti al palazzo presidenziale di Algeri. La polizia li ha aggrediti. Molti sono stati arrestati e non se ne è più saputo nulla. Gli agenti hanno sequestrato i telefonini e malmenato i reporter perché nessuno venisse a sapere dell'accaduto.

L'unica storia d'Algeria che in questi giorni gode di una qualche risonanza è quella di Ahmed Kerroumi, professore universitario e membro del Cncd, trovato morto la settimana scorsa. Era stato rapito il 19 aprile. Frank La Rue, relatore speciale dell’Onu sulla libertà d’espressione, ha condannato la morte dell'attivista algerino e ha chiesto al governo che sia aperta un'inchiesta indipendente sul caso. Chissà che a lui diano ascolto.

 

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