Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Mario Lombardo

Le infinite vicende relative alla cosiddetta crisi del debito pubblico degli Stati Uniti stanno entrando in questi giorni in una nuova fase con la presentazione ufficiale delle proposte per il bilancio federale del prossimo anno da parte dei due principali partiti di Washington. Come di consueto, il piano avanzato dai repubblicani alla Camera dei Rappresentanti contiene un lungo elenco di tagli indiscriminati alla spesa e la sostanziale cancellazione di popolari programmi pubblici destinati alle fasce più deboli della popolazione, mentre quello dei senatori democratici punta su aumenti relativamente modesti delle entrate fiscali senza però escludere tagli che si rivelerebbero ugualmente devastanti per la maggioranza degli americani già duramente colpiti dalla crisi.

Avanguardia delle politiche ultra-classiste del Partito Repubblicano è ancora una volta il candidato alla vice-presidenza con Mitt Romney lo scorso novembre, il deputato del Wisconsin Paul Ryan. La proposta di bilancio di quest’ultimo prevede una riduzione della spesa federale pari a 4.600 miliardi di dollari in dieci anni ed in essa è prevista l’abrogazione di due delle principali “riforme” volute da Obama nel suo primo mandato, cioè quelle del sistema sanitario e delle norme che regolano l’industria finanziaria.

Costantemente denunciati dai media e dai think tank di qualsiasi orientamento come i principali responsabili dell’esplosione del debito USA, i programmi di assistenza sanitaria Medicare e Medicaid, ma anche l’insieme di benefici garantiti ai pensionati (Social Security), sono come previsto i bersagli preferiti della scure repubblicana.

Il piano di Ryan, ad esempio, se implementato cancellerebbe di fatto Medicare - il programma di assicurazione sanitaria pubblico riservato ai cittadini più anziani - trasformandolo, dopo un taglio di fondi per 756 miliardi di dollari da qui al 2023, in un sistema di sussidi per l’acquisto di polizze private. Allo stesso modo, anche Medicaid - destinato alla copertura sanitaria dei cittadini con i redditi più bassi - verrebbe stravolto e privato di 750 miliardi per diventare un sistema basato su contributi di importo prefissato da destinare ai beneficiari. A coloro che dovessero necessitare di trattamenti medici più costosi non resterebbe che pagarli di tasca propria o rinunciare alle cure.

Assieme alla sostanziale soppressione di questi programmi rivolti alle classi più povere, i repubblicani prevedono anche un nuovo gigantesco regalo per le compagnie private e i redditi più elevati, ovvero i presunti “creatori di posti di lavoro”. Nell’ambito di una revisione del fisco americano, l’aliquota più alta scenderebbe infatti dall’attuale 39,6% al 25%, sottraendo sostanziose entrate alle casse federali. Dal momento che il piano Ryan ha l’obiettivo di produrre comunque un attivo di bilancio entro il 2023, è facile prevedere come dovranno essere bilanciate queste mancate entrate.

Inoltre, non verrebbero risparmiati nemmeno altri programmi pubblici, come testimoniano gli ulteriori 962 miliardi di dollari di tagli complessivi previsti, tra cui quelli per i modesti sussidi nel campo dell’educazione e per i buoni alimentari a cui in questi anni ha dovuto fare ricorso un numero crescente di americani in difficoltà.

I democratici al Senato, dal canto loro, hanno anticipato la bozza della loro proposta di bilancio nella giornata di martedì, presentata poi ufficialmente il giorno successivo. La riduzione del deficit, in questo caso, ammonta a 1.850 miliardi di dollari in dieci anni, equamente divisi in aumenti delle tasse e tagli alla spesa. Medicare, Medicaid e altri programmi di assistenza verrebbero privati di 275 miliardi.

Esclusa dal piano democratico è invece una proposta controversa e che sta causando divisioni tra i senatori della maggioranza, vale a dire la vera e propria manipolazione dei calcoli relativi all’adeguamento all’inflazione di Social Security, così da ridurre il costo dei benefit previsti per coloro che ne hanno diritto. Quest’ultima misura è però già stata accettata dal presidente Obama, il quale continua a fare pressioni sui suoi colleghi di partito per includerla nelle trattative con i repubblicani che dovrebbero portare ad un accordo bipartisan nelle prossime settimane.

Martedì, l’inquilino della Casa Bianca ha poi utilizzato un pranzo con i parlamentari democratici per convincerli a fare maggiori concessioni ai repubblicani sui tagli ai programmi pubblici, in cambio di un modesto aumento del carico fiscale. Settimana scorsa, il presidente era stato protagonista di svariati meeting anche con i leader repubblicani, verosimilmente per manifestare la propria disponibilità a discutere assalti a programmi sociali fino a pochi anni fa considerati intoccabili.

Obama, in ogni caso, presenterà un proprio piano di bilancio ai primi di aprile, in buona parte simile a quello dei senatori democratici. Le due proposte rese note in questi giorni, invece, dovrebbero essere approvate una dalla Camera e l’altra dal Senato, dove la maggioranza è detenuta rispettivamente da repubblicani e democratici, per poi essere accorpate in un’unica versione in seguito a trattative tra i due schieramenti con il contributo del presidente.

In questo scenario, nel quale verranno decise misure di riduzione della spesa profondamente impopolari, i democratici proveranno come al solito a far ricadere la responsabilità delle scelte più difficili sui repubblicani, nonostante essi stessi le condividano in maniera sostanziale. Al consueto gioco delle parti tra i politici americani viene data una parvenza di credibilità dalla stampa “mainstream”, secondo la quale le posizioni dei due partiti sulla questione del deficit sarebbero fondamentalmente opposte o, per citare l’espressione utilizzata martedì dal New York Times, democratici e repubblicani starebbero addirittura operando “su universi paralleli”.

La “crisi” del debito USA, d’altra parte, è stata ideata pressoché appositamente per creare un clima di emergenza che richiede misure drastiche e senza precedenti, con il fine di garantire l’inviolabilità delle colossali ricchezze accumulate da una ristretta minoranza al vertice della piramide sociale e di eliminare l’ostacolo dei residui programmi finanziati con denaro pubblico, frutto della legislazione progressista degli anni Trenta e Sessanta del secolo scorso.

Le conseguenze dei provvedimenti che si stanno discutendo a Washington per lavoratori, pensionati, disoccupati e classe media sono rese infine ancora più gravi dal fatto che essi andranno ad aggiungersi ai tagli già scattati quasi due settimane fa con il meccanismo del “sequester”. Questo espediente ideato dai due partiti, incapaci di accordarsi per tempo su un piano condiviso per la riduzione del debito, determinerà la quasi certa irreversibilità di tagli alla spesa pubblica per 85 miliardi di dollari entro il 30 settembre prossimo e, in assenza di appositi interventi di legge, di altri 1.200 miliardi nel prossimo decennio.

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