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di Mario Lombardo

La vicenda dell’ex contractor della NSA, Edward Snowden, è stata complicata in questi giorni dal caso che ha coinvolto il presidente boliviano, Evo Morales, il cui aereo presidenziale di ritorno da una visita in Russia nella prima mattinata di martedì è stato costretto ad atterrare a Vienna dopo che Francia, Portogallo, Spagna e Italia avevano negato il permesso di entrare nel proprio spazio aereo.

La decisione di questi paesi è stata presa in seguito alla diffusione della notizia che Morales aveva ospitato a bordo Edward Snowden, costringendo il presidente della Bolivia a rimanere per una decina di ore nella capitale austriaca prima di poter ripartire quando Parigi e Lisbona hanno fatto marcia indietro.

Oltre al fatto che la notizia non aveva alcun fondamento, visto che il velivolo di Morales è decollato da un aeroporto diverso da quello in cui si trova Snowden e un suo trasferimento nelle strade di Mosca avrebbe inevitabilmente allertato i media, la vicenda è un’ulteriore conferma del patetico servilismo verso Washington di questi governi europei, aggravato oltretutto da un’indebita perquisizione dell’aereo presidenziale boliviano da parte delle autorità austriache.

La Bolivia, in ogni caso, ha reagito duramente, facendo sapere mercoledì di avere presentato una protesta ufficiale presso le Nazioni Unite contro i paesi europei responsabili. Molti altri governi latinoamericani hanno fatto sentire la loro voce per condannare quello che è stato definito il “rapimento” di Morales. L’attuale presidente dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), il presidente del Perù Ollanta Humala, ha infine convocato per giovedì una riunione dei ministri della Difesa del gruppo per discutere dell’accaduto.

Per quanto riguarda invece Snowden, a quasi due settimane dal suo arrivo a Mosca continua ad essere bloccato nell’area di transito dell’aeroporto della capitale russa senza essere ancora riuscito ad ottenere la soddisfazione del più che giustificato diritto di asilo da uno solo degli oltre 20 paesi ai quali ha sottoposto la propria richiesta.

La sorte incerta di Snowden, oltre a sviare il dibattito pubblico in corso dai crimini americani da lui smascherati, ha messo in luce il divario abissale tra la gran parte della popolazione di tutto il mondo, che approva apertamente le sue azioni, e governi che continuano a negargli la dovuta protezione.

Come è ormai noto, Snowden ha recapitato tramite un proprio legale 21 richieste di asilo a svariati paesi, molti dei quali le hanno già respinte citando, tra l’altro, l’impossibilità di accogliere una domanda di questo genere se non viene presentata sul loro territorio o presso una delle loro rappresentanze diplomatiche all’estero.

Simili giustificazioni si basano su questioni tecniche di importanza trascurabile, tralasciando di considerare le enormi implicazioni democratiche della vicenda, e rivelano come i paesi in questione siano ben disposti a piegarsi alle pressioni del governo americano e alla sua campagna per mettere le mani su Snowden. Tanto più che la condizione imposta a quest’ultimo di presentare richiesta di asilo sul territorio di un paese che lo dovrebbe ospitare appare impossibile da soddisfare, visto che l’amministrazione Obama ha revocato in maniera a dir poco discutibile il suo passaporto appena prima di lasciare Hong Kong lo scorso 23 giugno.

Inoltre, come ha riportato martedì la Reuters, membri del governo russo hanno fatto sapere che una qualsiasi auto di un’ambasciata straniera che dovesse raccogliere Snowden all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca verrebbe considerata territorio diplomatico, rendendo quindi più che fattibile un suo accesso ad un’ambasciata per presentare di persona una richiesta d’asilo.

L’atteggiamento dei paesi che hanno respinto la richiesta di asilo di Snowden la dice lunga anche sullo stato delle loro democrazie, dal momento che questi governi condividono con gli Stati Uniti l’estrema diffidenza nei confronti di chiunque sia disposto a mettere in gioco la propria vita per smascherare crimini e attività illegali messe in atto da chi detiene il potere. Molti di questi stessi governi, d’altra parte, adottano da tempo sistemi di controllo dei propri cittadini simili a quelli rivelati dai documenti segreti dell’NSA pubblicati nelle ultime settimane.

Che Edward Snowden abbia pieno diritto ad ottenere asilo politico è in ogni caso fuori discussione. Le sue rivelazioni hanno portato alla conoscenza di tutto il pianeta il percorso autoritario verso la creazione di uno stato di polizia sul quale gli Stati Uniti si sono incamminati da anni, operando tramite agenzie clandestine come l’NSA sia entro i propri confini che all’interno di paesi sovrani, alleati compresi.

Come conferma la campagna mediatica di criminalizzazione nei suoi confronti, assieme al trattamento riservato a Bradley Manning e ai preparativi per incriminare Julian Assange, a Snowden non potrebbe inoltre essere garantito in nessun modo un processo equo in patria, tanto più che le accuse mossegli contro, come quella di “tradimento”, prevedono anche la pena capitale. Proprio l’assurdità di quest’ultima accusa o di essere una spia al servizio di Russia o Cina è stata clamorosamente smentita in questi giorni, visto che Mosca e Pechino hanno respinto la richiesta di asilo ricevuta da Snowden.

Il presidente Putin, da parte sua, commentando il caso Snowden lunedì scorso ha poi confermato ancora una volta quale sia la propria attitudine rispetto ai diritti democratici, affermando che l’ex analista dell’intelligence USA poteva rimanere in Russia solo se avesse rinunciato a “danneggiare” ulteriormente il governo americano con nuove rivelazioni. Opportunamente, Snowden ha rifiutato di diventare un vero e proprio ostaggio del Cremlino, ritirando la richiesta di asilo sottoposta al governo russo.

L’atteggiamento più sconcertante e ipocrita è stato quello dei governi europei - Italia compresa - i quali in seguito alle rivelazioni di Der Spiegel e Guardian dello scorso fine settimana sulle intercettazioni da parte americana delle sedi diplomatiche europee negli Stati Uniti, dei palazzi UE a Bruxelles e di telefonate e comunicazioni elettroniche sui loro stessi territori avevano accusato con toni molto accesi il governo di Washington, chiedendo immediate spiegazioni di questo comportamento.

Di fronte alla sua richiesta di protezione, però, questi stessi paesi europei si mostrano ora pronti a lasciare che Snowden venga rimpatriato e che subisca un processo ingiusto per mano di quello stesso governo che essi hanno denunciato per avere agito illegalmente nei loro confronti.

Maggiori speranze per Snowden sembravano dovere provenire dall’America Latina, dove alcuni paesi avevano manifestato la volontà di accoglierlo, anche se per il momento non è giunto alcun segnale concreto. Il Brasile, anzi, ha già respinto la richiesta di asilo, mentre Cuba e Nicaragua non hanno rilasciato commenti.

Un evidente cambio di rotta ha caratterizzato invece l’atteggiamento del governo dell’Ecuador, indicato inizialmente come il paese che, grazie anche alla mediazione di WikiLeaks, avrebbe dovuto ospitare Snowden una volta partito da Hong Kong. Questa settimana, il presidente Rafael Correa ha infatti definito il rilascio di documenti speciali a favore di Snowden per consentirgli di raggiungere Mosca come un “errore”, attribuito ad un’iniziativa del proprio console nella capitale russa.

Correa ha poi criticato Assange per avere rilasciato dichiarazioni in merito al caso Snowden che avrebbero scavalcato il governo ecuadoriano, in particolare riguardo ad una telefonata fatta dal vice-presidente USA, Joe Biden, allo stesso presidente per chiedergli di non concedere l’asilo al 30enne analista informatico. Con toni ben diversi da quelli dei giorni scorsi, poi, Correa ha sostenuto che Snowden “potrebbe avere realmente infranto le leggi Nordamericane” e che “chiunque violi la legge deve assumersi le proprie responsabilità”.

Le residue possibilità di lasciare la Russia per un luogo sicuro al di fuori della portata di Washington sembrano risiedere ora nelle decisioni di Bolivia e Venezuela, i cui presidenti hanno rilasciato dichiarazioni di elogio nei confronti di Snowden pur senza prendere iniziative concrete per trarlo in salvo.

Per quanto riguarda il Venezuela, infine, se il presidente Nicolas Maduro non ha risparmiato qualche stoccata agli americani per il trattamento di Snowden e i programmi segreti di sorveglianza, la decisione del suo governo sulla concessione dell’asilo appare tutt’altro che scontata, visto che dopo il decesso di Chavez la nuova amministrazione ha aperto uno spiraglio di dialogo con gli Stati Uniti che potrebbe chiudersi in fretta se l’ex contractor della NSA dovesse ottenere il permesso di raggiungere Caracas.

In definitiva, l’assurda odissea di Snowden è la diretta conseguenza dei calcoli politici e diplomatici dei governi di tutto il mondo, molto più interessati a mantenere rapporti cordiali con Washington o a evitare di dare ospitalità ad un personaggio scomodo piuttosto che alla difesa dei diritti democratici di chi ha fornito un servizio di inestimabile valore alla popolazione di tutto il pianeta.

Non solo per gli Stati Uniti, perciò, ma anche per questi altri paesi vale la critica che lo stesso Snowden ha pubblicato qualche giorno fa sul sito web di WikiLeaks, affermando che la paura di Washington non è rivolta tanto nei suoi confronti o di altri “whistleblowers” come Bradley Manning, bensì “verso voi tutti, cioè verso un’opinione pubblica informata e sdegnata che chiede un governo rispettoso della Costituzione come le è stato promesso e come dovrebbe realmente essere”.