Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Carlo Musilli

Il periodo di Ferragosto e quello di fine anno sono fratelli per varie ragioni. Le ferie, l'allegria forzata e le schifezze in Parlamento. Un grande classico dell'inciucio made in Italy prevede di aspettare il momento propizio per colpire, quello in cui la massa degli elettori ha il cervello occupato da ombrelloni o panettoni. Così è stato anche per quel capolavoro del decreto Salva-Roma, che il Governo si è convinto a ritirare dopo una richiesta di minima decenza da parte del Capo dello Stato. Risultato: oggi, determinato a non finire l'anno con la più misera delle figuracce, l'Esecutivo vara un bel Milleproroghe per mettere un tappo alle falle più ampie da cui entra acqua nella nave.

Certo, suona strano. Proprio ora che a capo del Pd c'è il rottamatore, il nuovo che avanza; ora che l'aggettivo "nuovo" compare perfino davanti al centrodestra di Angelino Alfano; ora che il premier Enrico Letta celebra la "svolta generazionale dei quarantenni"; proprio ora ci tocca tornare a leggere espressioni come decreto-omnibus e Milleproroghe. Ovvero quei tradizionali calderoni in cui, quando si appressa capodanno, chi governa infila un po' di tutto, vuoi per approfittare della distrazione generale, vuoi per rimediare in extremis alle inadempienze dei mesi precedenti. In altre parole, quanto di più rappresentativo si possa immaginare dello stile politico targato Prima Repubblica. Alla faccia del nuovo e della svolta generazionale.

Nella vetusta categoria degli omnibus rientrava a pieno titolo il Salva-Roma, in cui il Parlamento aveva stipato una quantità inverosimile di emendamenti per distribuire favori e prebende a un oceano di corporazioni, lobby e consorterie. Nonostante tutto, si fa davvero fatica a immaginare che qualcuno abbia avuto il coraggio di presentare una proposta di modifica al testo per legiferare sulle lampadine dei semafori, o per far passare una sanatoria sulle cabine e sui bungalow costruiti abusivamente in spiaggia. Eppure è accaduto, e decine di amenità simili sono state approvate dagli onorevoli.

Poi, in un gesto di purificazione natalizia, Giorgio Napolitano ha criticato il guazzabuglio parlamentare, convincendo il Governo a ritirare il decreto, che dunque scadrà il 30 dicembre. A livello puramente tecnico, per quanto clamorosa, si tratta di una marcia indietro pienamente legittima. Sul piano politico, tuttavia, la piroetta su ordine del Quirinale infligge un duro colpo alla credibilità dell'Esecutivo, che per accelerare i tempi e ottenere un risultato sicuro aveva posto la questione di fiducia sul provvedimento (mancava solo l'ultima votazione per la conversione in legge).

A questo punto, messi da parte semafori e bungalow, bisogna trovare il modo di approvare all'ultimo secondo le misure più importanti e urgenti fra quelle rimaste fuori dalla pentola della legge di Stabilità (licenziata lunedì dal Senato). Gli obiettivi cruciali sono almeno cinque.

Primo: fare pace con i Comuni sul capitolo Tasi (la componente sui servizi della nuova imposta unica comunale), alzando il tetto delle aliquote e stanziando nuovi fondi per consentire detrazioni sulle prime case. Secondo: regolare il pagamento e l'eventuale possibilità di detrarre la cosiddetta Imu residua, che andrà pagata entro il 24 gennaio ed è pari al 40% della differenza tra l'aliquota fissata dal sindaco e quella di base. Terzo: risolvere la questione sollevata dal M5S sugli affitti d'oro pagati dallo Stato nonostante l'ingente patrimonio immobiliare di cui dispone. Quarto: varare il vero Salva-Roma, spostando 400 milioni di debito del Campidoglio sulla gestione commissariale. Quinto: prorogare la misura antitrust che impedisce a chi possiede reti televisive di acquistare quote di giornali.

Nessuno di questi interventi può essere considerato una vera emergenza: non si tratta di problemi sorti in modo improvviso e inatteso, ma di questioni alle quali non si è voluto o non si è saputo dare risposta nei mesi passati. Ora ci si attende che il Consiglio dei ministri ripiani tutte queste situazioni facendo ricorso all'ennesimo decreto, e dunque all'ennesima forzatura della nostra Costituzione, la quale stabilisce che il Governo possa utilizzare questo strumento "in casi straordinari di necessità ed urgenza".

Purtroppo ormai il decreto - magari rinforzato da una bella fiducia in Aula - sembra l'unica strada legislativa realmente percorribile in Italia. Viene da chiedersi come faranno Esecutivo e Parlamento a varare quella sfilza di riforme - istituzionali e non - promessa solo pochi giorni fa da Letta. In fondo, Natale e Ferragosto arrivano solo due volte l'anno.


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