Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
> Leggi tutto...

di Michele Paris

Il voto di questa settimana alla Camera dei Comuni di Londra per riconoscere lo Stato palestinese ha rappresentato un’ulteriore conferma del crescente isolamento internazionale di Israele dopo la recente aggressione criminale contro la striscia di Gaza. Nonostante l’importante significato simbolico della mozione del Parlamento britannico, quest’ultima non avrà particolari effetti concreti, per lo meno a breve, sui rapporti tra il Regno Unito e Israele o sui negoziati di pace, fermi ormai da parecchi mesi.

La mozione sul riconoscimento della Palestina come Stato indipendente è stata presentata dal deputato laburista Grahame Morris e ha ottenuto 274 voti a favore e 12 contrari. La maggior parte dei consensi sono giunti proprio dai membri del Partito Laburista, mentre molti conservatori non erano presenti in aula.

Lo stesso primo ministro, David Cameron, è stato uno degli astenuti, confermando la nuova situazione di imbarazzo in cui si trova il suo governo dopo il voto sulla Palestina. Il gabinetto conservatore di Londra è infatti uno dei più fermi sostenitori di Israele ma si trova nella difficile posizione di difendere un governo criminale di fronte a un’opinione pubblica schierata in larga misura a sostegno del popolo palestinese.

L’equilibrismo del governo Cameron si è intravisto nelle reazioni dell’esecutivo al voto di lunedì sera, con il ministro per il Medio Oriente, Tobias Ellwood, che, pur definendosi un “fedele sostenitore” del diritto all’autodifesa di Israele, ha sottolineato la difficoltà per “gli amici di Israele” di affermare che questo paese desidera la pace.

Ellwood ha fatto riferimento alla recente decisione del governo Netanyahu di impossessarsi di altre terre palestinesi, in particolare di circa 384 ettari in Cisgiordania. Quest’ultima notizia, assieme alla guerra di Gaza della scorsa estate che ha provocato la morte di oltre duemila palestinesi - quasi tutti civili - e la distruzione indiscriminata di abitazioni, edifici pubblici e infrastrutture, ha fatto aumentare sensibilmente l’avversione dell’opinione pubblica europea nei confronti del governo di Tel Aviv, costringendo i governi come quello di Londra ad assumere posizioni timidamente critiche dell’alleato israeliano.

La Gran Bretagna, in ogni caso, ha ribadito che il pieno riconoscimento della Palestina come Stato indipendente avverrà quando ciò sarà una realtà di fatto, vale a dire al termine dei negoziati con Israele.

In sostanza, malgrado il voto alla Camera dei Comuni la posizione ufficiale di Londra continua a essere in linea con quella di Tel Aviv, da dove il governo Netanyahu, nel condannare l’iniziativa, ha affermato che “il prematuro riconoscimento internazionale manda un segnale preoccupante ai leader palestinesi, cioè che essi possono evitare le scelte difficili che entrambe le parti devono fare, riducendo di fatto le possibilità di raggiungere un accordo di pace”.

L’imbarazzo per Netanyahu e l’intera classe politica israeliana è comunque più che evidente, anche perché il voto di Londra è giunto pochi giorni dopo l’annuncio del nuovo governo socialdemocratico in Svezia di riconoscere lo Stato palestinese. Secondo i resoconti dei media, Israele aveva cercato in tutti i modi di bloccare la mozione laburista in Gran Bretagna o, quanto meno, di ottenere un voto favorevole e impedire un possibile effetto a catena in altri paesi europei.

Lo stesso Partito Laburista israeliano all’opposizione aveva fatto pressioni sulla propria controparte britannica per cancellare il voto, ma senza successo. I vertici del “Labour” a Londra devono avere valutato il riconoscimento della Palestina come una manovra elettorale di un certo effetto, alla luce sia del favore popolare per una simile iniziativa - non solo tra gli elettori di fede musulmana - sia degli affanni del partito in vista delle elezioni del prossimo anno, nonostante il vantaggio sui conservatori evidenziato dai sondaggi.

A rivelare l’importanza assegnata dai laburisti a un voto in larga misura simbolico come quello di lunedì c’è la decisione dei leader del partito di imporre la cosiddetta “three-line whip”, una direttiva cioè che obbliga di fatto i propri membri in Parlamento a partecipare al voto e a esprimersi secondo le indicazioni, pena sanzioni che possono includere anche l’espulsione dal gruppo parlamentare se non dal partito stesso.

Le iniziative anti-israeliane in Europa stanno in ogni caso aumentando negli ultimi mesi, anche se prese di posizioni in maniera diretta da parte di governi o parlamenti continuano a essere rare. In Gran Bretagna, ad esempio, oltre alle manifestazioni di protesta della scorsa estate contro l’aggressione di Gaza è stata lanciata una campagna di boicottaggio e disinvestimento nei confronti di Israele da parte di alcune organizzazioni sindacali.

Sempre questa settimana, poi, il governo francese per bocca del ministro degli Esteri, Laurent Fabius, non ha escluso il riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese. Il diplomatico transalpino ha avvertito che una simile mossa arriverebbe da Parigi solo se dovesse contribuire al raggiungimento della pace e non come puro gesto simbolico. Tuttavia, ha aggiunto Fabius, “se i negoziati dovessero fallire, la Francia non sfuggirà alle sue responsabilità” e potrebbe offrire il proprio riconoscimento incondizionato alla Palestina.

Queste iniziative, anche se accentuano l’isolamento di Israele, per il momento non avranno conseguenze significative sulla situazione in Medio Oriente o sulla sorte dei palestinesi, dal momento che Tel Aviv continua a godere dell’appoggio pressoché incondizionato degli Stati Uniti.

Inoltre, i riconoscimenti dei giorni scorsi finiscono per beneficiare un’Autorità Palestinese che ha ben poco da offrire al suo popolo, il quale vede correttamente i propri leader in maniera non troppo differente dagli oppressori israeliani e dai loro alleati americani.

Infatti, dietro al voto di Londra e Stoccolma, così come ai segnali che provengono da Parigi, oltre alla risposta alla crescente ostilità verso Israele c’è anche il desiderio dei governi occidentali di soccorrere in qualche modo proprio l’Autorità Palestinese e il suo presidente, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ulteriormente screditati dopo l’aggressione contro Gaza che ha determinato un evidente aumento della popolarità dei rivali di Hamas.

Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy