Ue-Russia, contro legge e logica

di Fabrizio Casari

Truppe, armi e propaganda, ma non solo. I soldi, non mancano mai i soldi. Quando si volesse cercare un elemento simbolico per descrivere la crisi d’identità politica e di prospettiva dell’Unione Europea, ormai estensione statunitense, c'è la vicenda del sequestro dei beni russi a seguito del conflitto in Ucraina. La vicenda in sé, infatti, presenta una miscela di subordinazione ideologica,...
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Rafah e ONU, Israele al bivio

di Mario Lombardo

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato lunedì per la prima volta dall’inizio dell’aggressione israeliana una risoluzione che chiede l’immediato cessate il fuoco nella striscia di Gaza. Il provvedimento è passato con 14 voti a favore e la sola astensione degli Stati Uniti, che hanno rinunciato al potere di veto, provocando una durissima reazione da parte del regime israeliano. Per tutta risposta, Netanyahu ha annullato la visita a Washington di una delegazione che avrebbe dovuto discutere con la Casa Bianca la possibile operazione militare nella città di Rafah, al confine tra la striscia e l’Egitto. Questa iniziativa, dalle implicazioni potenzialmente devastanti, resta al centro dell’attenzione della...
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di Fabrizio Casari

I 193 paesi che compongono l’assemblea generale delle Nazioni Unite hanno votato l’ingresso del Venezuela nel Consiglio di Sicurezza. L’ingresso di Caracas è in qualità di membro a rotazione (mandato valido due anni) in osservanza al regolamento che vede affiancare dieci Paesi ai cinque membri permanenti, cioè Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna.

Pur senza poter disporre del diritto di veto, i dieci membri a rotazione partecipano comunque alle decisioni dell’organismo. Il Venezuela è stato eletto con 181 voti, benché fossero sufficienti 122 per la sua elezione e le astensioni sono state dieci.

L’ingresso del Venezuela è significativo sia sotto l’aspetto globale che continentale. Nell’aspetto globale, evidenziato dal numero particolarmente alto dei Paesi che hanno votato a favore, che sembra voler indicare il bisogno da parte di molte nazioni di riequilibrare politicamente un organismo dove spesso l’Occidente maramaldeggia.

Sul piano continentale il valore è innegabile, dal momento che il Venezuela è stato il candidato unico dell’America Latina, così come deciso in una riunione tra tutti i paesi latinoamericani e caraibici proprio all’ONU nel Luglio scorso. Il Venezuela è stato scelto proprio per voler rappresentare l’unità politica latinoamericana e questo assegna a Caracas, oltre ad un riconoscimento continentale di assoluta grandezza, un ruolo molto più importante di qualunque altro Paese eletto nella stessa occasione come membro del Consiglio di Sicurezza.

L’elezione al Palazzo di Vetro si da in un momento nel quale il governo di Maduro è eletto alla Presidenza dei Paesi Non Allineati, il che certifica un generale riconoscimento di valore ad un paese che con la sua intensa attività nella politica internazionale suscita ammirazione e riconoscimenti - per la coerenza come per i risultati - dei Paesi che non si sentono coinvolti nella destabilizzazione politica e militare permanente provocata dall’impero unipolare.

Nelle stesse ore in cui l’Assemblea Generale dell’ONU eleggeva il Venezuela al Consiglio di Sicurezza, la FAO, l’organizzazione dell’ONU per l’alimentazione, assegnava un importante riconoscimento al governo di Nicolas Maduro per aver raggiunto anticipatamente gli "Obiettivi del Millennio". Il riconoscimento segue altri già assegnati negli ultimi anni e dimostra la validità del cammino venezuelano sul terreno dell’alimentazione.

A New York non sarà semplice. Il nuovo Consiglio di Sicurezza dell’Onu s’insedia in un quadro internazionale particolarmente problematico. C’è il conflitto in Iraq e Siria, dove la coalizione guidata dagli Stati Uniti risulta come minimo eterogenea, comprendendo paesi (Turchia, Arabia Saudita e Qatar) che sono veri e propri alleati dell’ISIS contro il quale sarebbero in guerra e che invece si muovono a limitare l’azione della coalizione stessa.

C’è il conflitto in Ucraina, dove resta alto il rischio di un confronto militare regionale tra NATO ed Europa da un lato e Russia dall’altra. Ci sono le proteste teleguidate ad Hong Kong promosse con un chiaro intento destabilizzatore per la Cina, e che avranno un ulteriore imput alla vigilia della visita di Stato di Obama a Pechino.

C’è poi la questione della lotta alla diffusione del virus Ebola, significativamente affrontata dagli Stati Uniti con i militari, mentre dai Paesi dell’ALBA (che ieri si sono riuniti a La Habana per determinare uno sforzo comune) arrivano aiuti e medici. Da Cuba in particolare, elogiata per il suo attivismo umanitario anche dal Segretario di Stato USA, John Kerry.

Questi ed altri numerosi conflitti configurano una congiuntura complessa nella quale le Nazioni Unite potranno e dovranno rappresentare un elemento di regolazione e moderazione nei confronti dell’ansia di conquista bellicista da parte di una NATO, che prova ad accendere fuochi in ogni parte del mondo per permettere all’impero in crisi di prestigio internazionale di mantenere e rafforzare la supremazia militare e politica a fil di spada.

Pur nella consapevolezza diffusa di come la prepotenza imperiale, quando non riesce a piegarlo ai suoi interessi tenda a superare il luogo per eccellenza deputato alla risoluzione delle controversie internazionali, le Nazioni Unite dovranno avere la capacità di affrontare gli spazi politici e giuridici nei quali la comunità internazionale si muove. Qui il Venezuela potrebbe giocare un ruolo determinante,i mantenendosi ferma nei suoi princìpi e rappresentando le ragioni e le aspirazioni delle vittime della destabilizzazione mondiale. Nello specifico regionale, il ruolo del Venezuela sarà importantissimo, visto che dovrà rappresentare l’intera America Latina.

Dovrà riuscire a promuovere la sua cultura dell’integrazione economica e commerciale, la sua aspirazione all’unità politica continentale e, più in generale, la sua capacità di proporsi a breve e medio termine come nuovo asse strategico negli equilibri internazionali.

Dovrà per questo valorizzare il peso politico, economico e commerciale della nuova America Latina, proponendo un disegno della governance internazionale su schema multipolare. Si tratta di un compito difficile che metterà a prova la maturità politica del governo venezuelano, che però non resterà solo in questa sfida.

Non sarà comunque semplice questa nuova trincea per la rivoluzione bolivariana. Mentre dovrà cercare un respiro internazionale, dovrà anche porre mano decisa nell’ottimizzazione del suo processo politico, cercando gli aggiustamenti necessari alla sua politica economica.

Nel contempo dovrà continuare a difendersi dall’aggressione di una destra golpista ad alto tasso criminogeno che intende solo il linguaggio della violenza, unica vera risorsa di cui dispone.

Su questo terreno Caracas dovrà anche dimostrare capacità negoziale, ponendo sul tavolo nuove e maggiori capacità di mediazione che permettano di elevare ulteriormente il suo prestigio, arma importantissima per resistere con successo alle provocazioni che la destra internazionale, capeggiata da Uribe e diretta da Miami, continua a proporre. La sua vittoria sarà quella di tutta l’America Latina.

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