Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Emanuela Muzzi

Londra. Se è vero che le stragi terroristiche a Parigi sembrano aver spostato la minaccia nell’Europa continentale, l’asse Gran Bretagna-Usa contro la lotta al terrorismo islamico sta cercando una strategia comune di rafforzamento che passa attraverso Baghdad ed è finalizzata alla lotta antiterroristica in territorio iracheno e siriano. Il ruolo centrale dell’Iraq è stato ribadito a Londra, dal primo ministro iracheno Haider al-Abadi nella conferenza stampa seguita al vertice della Coalizione antiterrorismo contro l’ISIL che ha riunito i vertici istituzionali di 21 paesi, tra cui l’Italia.

Schierato di fronte alla stampa in posizione centrale tra il capo del Foreign Office britannico Philip Hammond e il segretario di stato USA John Kerry, al-Abadi ha sottolineato che l’azione antiterroristica interna “prevede un’azione di coinvolgimento dei gruppi sunniti”, parole che rimandano ad una strategia di mediazione politica, sia in Iraq che sul fronte internazionale, la cui difficile riuscita è affidata a conflittuali dinamiche interne irachene. Il fronte unico contro Daesh (acronimo arabico di ISIS) dovrebbe fare forza sulla ricostruzione dei rapporti con le tribu sunnite delle aree attualmente sotto il ocntrollo di Isis. 

La centralità strategica di Baghdad non è stato solo un messaggio alla stampa, ma anche e soprattutto ai paesi arabi, (non solo Egitto, Bahrain, Giordania, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, i cui delegati erano ieri al Summit a Londra), perché la creazione di una coalizione su scala globale contro i gruppi terroristici è una risposta al fatto che sotto l’unico nome di Daesh -ISIL diversi gruppi terroristici di matrice islamica si stanno aggregando in pericoloso fronte unico la cui sconfitta non potrà avvenire senza un coinvolgimento diretto di tutto il mondo arabo.

L’azione del Foreign Secretary Philip Hammond in Medio Oriente è l’estensione diplomatica di questa strategia di coalizione: nelle settimane precedenti il vertice della Coalizione anti ISIS, Hammond, ha viaggiato dalla Siria all’Iraq e al Bahrain. Il problema è che la collaborazione del mondo arabo com l’Occidente, Iraq compreso, non sembra essere un impegno gratuito.

Più di una volta durante l’incontro con la stampa, al-Abadi ha parlato del calo del prezzo del petrolio come un problema allarmante che affligge l’Iraq e che potrebbe invertire le sorti della lotta contro Isis. “Non voglio rischiare un capovolgimento della nostra vittoria militare a causa di problemi fiscali e di economia interna” ha detto senza mezzi termini chiarendo che il calo del prezzo del petrolio del 40% rispetto allo scorso anno è disastroso per l’Iraq che vive esclusivamente sul commercio dell’oro nero.

Ai ricatti mediorientali siamo abituati da qualche decennio, non è cosa nuova. Lo stesso Al Abadi accusava fino a poche settimane fa la Coalizione anti Isil guidata dagli Usa di non fare abbastanza per aiutare l’Iraq; la risposta è la pioggia di armi ed M16 dagli alleati a Baghdad. A parte questo, il fronte economico del conflitto la dice lunga sul come le dinamiche stiano sconfinando sull’altalena dei mercati finanziari.

Il conflitto d’interesse tra i paesi occidentali in crisi che vogliono il prezzo del petrolio basso e il Medio Oriente che vuole l’opposto c’è e, anche se non dovrebbe, passa per la lotta ai combattenti-terroristi e ai califfi. É quel margine di pericolosa ambiguità che l’area occidentale della Coalizione (che unisce in tutto 60 paesi), sta cercando di evitare, senza ancora riuscirci.

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