USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Mario Lombardo

La situazione nelle province orientali dell’Ucraina è tornata a precipitare in questi giorni dopo alcuni mesi di relativa tranquillità seguiti agli accordi per un cessate il fuoco, sottoscritto lo scorso settembre a Minsk. Mentre governi e media occidentali continuano nella loro opera di propaganda per falsificare la realtà dei fatti nelle aree contese tra i ribelli filo-russi e le forze di Kiev, le minacce di nuove sanzioni contro Mosca rischiano di far saltare definitivamente il già difficoltoso processo diplomatico in atto.

Il governo golpista ucraino ha da qualche tempo intensificato le operazioni nell’est del paese per cercare di riconquistare la porzione di territorio sotto il controllo dell’esercito delle cosiddette repubbliche di Donetsk e Lugansk. L’escalation del conflitto si è accompagnata alla dichiarazione dello stato di emergenza nelle aree orientali da parte del primo ministro, il burattino degli Stati Uniti Arseniy Yatseniuk.

Da ogni parte in Occidente, la responsabilità per l’aggravarsi della situazione è stata attribuita alla Russia, accusata senza prove concrete di condurre operazioni militari direttamente al fianco dei ribelli in territorio ucraino.

Lo stesso governo di Kiev ha richiesto la convocazione di un vertice di emergenza della NATO nella giornata di lunedì, conclusosi con la prevedibile invettiva diretta contro il presidente Putin. Quest’ultimo è stato invitato dal segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, a interrompere l’opera di destabilizzazione dell’Ucraina, mentre ha respinto le accuse dello stesso numero uno del Cremlino, il quale aveva sostenuto che una “legione straniera” della NATO è impiegata sul campo a sostegno delle forze governative. Immagini distribuite dai media russi nei giorni scorsi hanno infatti mostrato la presenza di soldati anglofoni tra le fila dell’esercito di Kiev.

L’occasione per scatenare la nuova offensiva diplomatica e militare, rispettivamente contro la Russia e i ribelli filo-russi, era stata fornita da un bombardamento avvenuto sabato scorso sulla città di Mariupol, controllata dall’esercito e dalle milizie neo-fasciste di Kiev. L’attacco ha provocato decine di vittime civili e in Occidente è stato subito attribuito a missili lanciati da aree controllate dai ribelli.

Il primo ministro della Repubblica Popolare di Donetsk, al contrario, ha sostenuto che a causare la strage sarebbe stato un errore di valutazione dell’esercito di Kiev. Secondo il ministero della Difesa della stessa Repubblica, le forze armate regolari avrebbero scambiato una colonna di un proprio battaglione in movimento verso Mariupol per una formata da separatisti.

Inoltre, i filo-russi affermano di non avere a disposizione i sistemi di lancio “Grad” e “Uragan”, che sarebbero stati utilizzati a Mariupol, nelle vicinanze della città che, in ogni caso, essi sostengono di non avere intenzione di strappare alle forze governative.

Al di là delle responsabilità per il massacro di Mariupol, la propaganda di Kiev e dell’Occidente, così come il doppio standard utilizzato per denunciare le vittime civili, è stata al centro di un discorso tenuto lunedì al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dal rappresentante ONU della Russia, Vitaly Churkin.

Churkin ha accusato il governo ucraino di essere “selettivo nella scelta delle vittime civili da piangere”. Durante la scorsa settimana, ha aggiunto l’inviato del Cremlino, più di 100 persone sarebbero state uccise nella città di Gorlovka, ma “i media occidentali hanno scelto di ignorarle”, concentrandosi piuttosto sui bombardamenti che hanno colpito un autobus a Volnovakha e, appunto, una zona residenziale di Mariupol, città entrambe controllate dalle forze di Kiev.

Le accuse di Churkin sono andate poi al cuore della questione quando ha puntato il dito contro Kiev per non avere fatto “un solo passo” per mettere in atto riforme costituzionali che garantiscano un certo grado di autonomia alle regioni filo-russe o per avviare un autentico dialogo con i rappresentanti dei ribelli. La Russia, al contrario, starebbe rispettando l’accordo di Minsk e rimarrebbe in contatto con tutte le parti in causa per risolvere pacificamente la crisi.

Al contrario, in piena sintonia con i propri padroni a Washington, i vertici del governo fantoccio ucraino sembrano avere optato per la guerra e la repressione pura e semplice dei separatisti. La decisione di riprendere le operazioni militari è stata presa pochi giorni dopo la visita a Kiev del generale Ben Hodges, comandante delle forze americane in Europa, per annunciare che un certo numero di “addestratori” USA saranno impiegati a breve in Ucraina.

Le intenzioni del regime, per il momento, non hanno però trovato riscontro sul campo, visto che le forze di Kiev hanno patito imbarazzanti rovesci nei giorni scorsi. La battaglia per il consolidamento del controllo dell’aeroporto di Donetsk, ad esempio, si è risolta con la cacciata delle truppe regolari e delle milizie neo-fasciste anche dal terminal che queste ultime occupavano.

Martedì, poi, nuovi scontri hanno fatto almeno una decina di morti e trenta feriti tra i soldati di Kiev, impegnati in particolare nella località di Debaltseve, attaccata da due parti dai ribelli nel tentativo di accerchiare le forze governative.

Fonti di informazione non incluse nella galassia “mainstream” hanno poi riferito di come l’esercito di Kiev sia in grave crisi, con i rifornimenti che faticano ad arrivare al fronte, ma anche a causa di un alto tasso di renitenza e diserzione.

A ciò vanno aggiunte le gravissime difficoltà economiche che sta attraversando l’Ucraina e, secondo molti, le divisioni all’interno del governo golpista tra gli uomini che prendono ordini direttamente da Washington - come il primo ministro Yatseniuk - e quelli relativamente moderati che continuano quanto meno a mantenere qualche contatto con la Russia, tra cui il presidente Petro Poroshenko.

L’escalation della crisi nelle regioni orientali, probabilmente studiata a tavolino, ha avuto comunque l’effetto di mettere all’angolo le voci che in Europa (Francia, Italia) nelle scorse settimane avevano ipotizzato una possibile pacificazione con Mosca.

La voce dell’UE, così, è tornata questa settimana a essere quella della peggiore propaganda, appiattita quasi interamente sulle posizioni statunitensi nonostante differenze tra governi inflessibili e altri più cauti. I ministri degli Esteri dell’Unione hanno infatti chiesto una riunione straordinaria per giovedì, in modo da “valutare la situazione e considerare ogni azione appropriata”, ovvero nuove misure punitive contro la Russia.

Retorica a parte, tutte le azioni di Washington e Bruxelles in merito all’Ucraina appaiono sempre più dettate da ragioni che lo stesso Putin ha sostenuto questa settimana essere legate al “contenimento geopolitico della Russia” e non, come ufficialmente si sostiene, “agli interessi della popolazione ucraina”.

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