Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Michele Paris

La vicenda dei due ostaggi giapponesi sequestrati dallo Stato Islamico (ISIS), di cui uno già giustiziato, ha fornito una nuova occasione al governo di Tokyo del primo ministro Shinzo Abe per avanzare una serie di proposte di legge in materia di “sicurezza”, in modo da consentire un più agile e incisivo impiego delle forze armate del paese dell’Estremo Oriente nelle aree di crisi del pianeta.

Il premier di estrema destra ha parlato questa settimana a una riunione del suo Partito Liberal Democratico (LDP) poco prima dell’inaugurazione della nuova sessione del parlamento (Dieta) per annunciare che saranno introdotte misure volte a “proteggere le vite dei giapponesi e il nostro pacifico stile di vita”.

In particolare, saranno un’ottantina le bozze di legge da discutere da qui alla fine di giugno, tra cui almeno dieci relative alle attività delle cosiddette Forze di Auto Difesa, ovvero le forze armate giapponesi. A breve, l’LDP inizierà i negoziati con il suo partner di governo, il partito buddista Komeito, teoricamente pacifista, e un voto sulle misure proposte è previsto per il mese di aprile, con ogni probabilità dopo le elezioni amministrative.

Lo scopo della legislazione è quello di codificare la reinterpretazione della costituzione pacifista giapponese, decisa dal governo Abe lo scorso anno. Con questa iniziativa, il gabinetto conservatore aveva compiuto il primo passo verso il ritorno alla piena militarizzazione del Giappone, affermando il principio di “autodifesa collettiva”, cioè di intervenire con i propri soldati nel caso un paese alleato finisca sotto attacco.

Nel pieno del clima di isteria generato dal rapimento dei due cittadini giapponesi in Medio Oriente, Abe intende ottenere un quadro legale all’interno del quale il governo possa avere facoltà di ordinare il dispiegamento di truppe all’estero senza passare attraverso un dibattito e un voto della Dieta, come è ad esempio accaduto nel recente passato con la partecipazione alle occupazioni americane di Afghanistan e Iraq.

L’utilizzo più spregiudicato delle forze armate come strumento della sempre più aggressiva politica estera giapponese è uno degli obiettivi amessi dal primo ministro nemmeno tanto velatamente. Sfruttando il caso dei due ostaggi detenuti dall’ISIS, Abe ha infatti ammonito che “le capacità delle Forze di Auto Difesa non possono essere utilizzate in pieno nemmeno quando è in pericolo la vita di un cittadino giapponese all’estero”.

Secondo il quotidiano Asahi Shimbun, perciò, una delle nuove leggi che l’amministrazione Abe sta considerando consentirebbe ai militari di condurre operazioni per liberare eventuali ostaggi giapponesi tenuti prigionieri all’estero.

La sicurezza dei connazionali nipponici non è comunque lo scrupolo principale che guida la campagna militarista di Abe, bensì, da un lato, la necessità di avere a disposizione uno strumento per imporre o difendere gli interessi del capitalismo giapponese al di fuori dei confini nazionali e, dall’altro, l’integrazione nei piani strategici di Washington, in particolare nel continente asiatico in funzione di contenimento della Cina.

Gli Stati Uniti considerano d’altra parte l’alleato giapponese come un elemento fondamentale nell’eventualità di un’azione militare o di un blocco navale contro Pechino. L’esplosione di una guerra con la Cina comporterebbe la necessità di coinvolgere il Giappone, il cui governo dovrebbe avere così mano libera nel decidere la mobilitazione delle forze armate in aiuto dei propri alleati.

Che l’obiettivo principale dell’accelerazione militarista di Abe sia la Cina è confermato anche da un’altra proposta di legge, in base alla quale il governo potrebbe ordinare il dispiegamento di truppe e forze navali nel caso imbarcazioni o individui dovessero entrare nelle acque territoriali o sbarcare su isole giapponesi.

Il riferimento in questo caso è evidentemente alla contesa delle isole Senkaku (Diaoyu in cinese) nel Mar Cinese Orientale, oggetto negli ultimi anni di vari scontri non solo diplomatici tra Tokyo e Pechino.

Il carattere reazionario delle misure allo studio del governo giapponese è rivelato infine da una proposta di legge che consentirebbe di fatto il restringimento dei diritti civili in caso di attacco o di minaccia di attacco dall’estero. In questo caso potrebbe essere introdotto una sorta di stato di emergenza, così che l’esecutivo possa facilmente ordinare la repressione di qualsiasi genere di protesta o dissenso.

L’abbandono dell’orientamento pacifista fissato dalla carta costituzionale del Giappone fin dal termine della seconda guerra mondiale è in ogni caso osteggiato dalla maggioranza della popolazione. Le iniziative in senso militarista del premier Abe sono perciò possibili solo grazie all’inconsistenza dell’opposizione, ma anche e soprattutto a manovre politiche che hanno sostanzialmente impedito un dibattito pubblico sull’argomento e, com’è evidente in questi giorni, a una calibrata manipolazione dell’opinione pubblica, comprensibilmente inorridita di fronte alla sorte dei due ostaggi giapponesi nelle mani dell’ISIS.

Abe, infatti, non ha perso occasione per intervenire sulla vicenda, come ha fatto in diretta TV mercoledì in seguito all’apparizione di un nuovo video, nel quale il giornalista Kenji Goto ha letto un ultimatum dell’ISIS per chiedere la scarcerazione di una detenuta per terrorismo in Giordania in cambio della sua liberazione e di quella di un pilota del regno Hashemita cattuato dai jihadisti in Siria a dicembre.

Abe ha definito “spregevole” il filmato, mentre egli stesso e i membri del suo gabinetto continuano a promuovere l’idea che, in futuro, per evitare o risolvere gravi crisi come quella in atto sarà indispensabile che il governo disponga dei poteri necessari a intervenire militarmente dove, in realtà, a richiederlo sono le pericolose aspirazioni da grande potenza nutrite dalla classe dirigente giapponese.

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