Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e...
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Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
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di Mario Lombardo

La quasi completa immunità legale di cui godono i militari americani durante le loro “missioni” all’estero è ampiamente risaputa e confermata da numerosi casi di crimini impuniti nel corso degli anni. Uno di questi ha a che fare con la Colombia, dove un recente rapporto stilato da una speciale commissione d’indagine ha documentato raccapriccianti episodi di violenza nel paese latino-americano ai danni di decine di ragazzine per mano di soldati e “contractor” provenienti dagli Stati Uniti.

L’indagine di 800 pagine è il frutto del lavoro della commissione sul Conflitto Armato e le sue Vittime in Colombia, composta da rappresentanti dei guerriglieri delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e del governo di Bogotà nel quadro dei negoziati di pace in corso a L’Avana per mettere fine a decenni di guerra civile. Il rapporto in questione dovrebbe documentare le cause, le responsabilità e gli effetti di un conflitto che ha coinvolto più di sette milioni di persone tra morti, feriti, vittime di abusi e costretti a fuggire dalle proprie abitazioni.

Il ruolo giocato dalle forze armate americane in questa tragedia è la conseguenza dell’intervento diretto di Washington nell’ambito del cosiddetto Plan Colombia, in base al quale gli USA hanno garantito svariati miliardi di dollari a Bogotà, in larga misura sotto forma di aiuti militari, ufficialmente per combattere il narco-traffico e i gruppi armati ribelli di “estrema sinistra”.

La presenza dei militari USA in Colombia, comunque, non è solo un problema per la sovranità nazionale del paese e la stabilità della regione ma, come evidenzia il rapporto, rappresenta una minaccia costante anche per chi, come alcune ragazze colombiane, è vittima dell’aggressività dei militari statunitensi e delle norme che gli assicurano impunità totale.

Proprio quest’ultimo aspetto è stato affrontato dal docente di storia presso l’Università di Pedagogia di Bogotà, Renan Vega. In una delle sezioni più raccapriccianti del rapporto, autore ha citato i casi di almeno 54 minori vittime di violenza sessuale tra il 2003 e il 2007 ad opera di militari americani o mercenari al servizio degli Stati Uniti.

In particolare, 53 stupri sarebbero avvenuti nella città di Melgar, situata a un centinaio di chilometri a sud-ovest della capitale e dove si trova un’importante base dell’aeronautica militare frequentata da “consiglieri” americani. Qui, i responsabili delle violenze avrebbero anche girato filmati degli stupri per poi venderli come video pornografici.

Le vittime e i loro famigliari sono stati in molti casi anche minacciati di morte, trovandosi costretti a trasferirsi in altre località. I militari e i “contractor” USA responsabili non sono mai stati nemmeno sottoposti a indagini, in virtù dell’accordo bilaterale per l’immunità siglato da Washington con il governo colombiano.

Accordi di questo genere gli Stati Uniti li hanno sottoscritti o, meglio, imposti a più di cento governi nel mondo e prevedono appunto l’immunità dalle leggi locali per i militari e i “contractor” che commettono crimini in paesi sotto occupazione o dove svolgono compiti di supporto alle forze armate indigene, come in Colombia.

Washington richiede anche l’impegno a non inviare propri connazionali al Tribunale Penale Internazionale, mentre coloro che si macchiano di crimini vengono rapidamente rimpatriati e possono essere formalmente incriminati solo dalla giustizia americana, cosa che non accade praticamente mai.

Il rapporto colombiano descrive nel dettaglio la vicenda di una ragazzina di appena 12 anni che nel 2007 era stata drogata, rapita e ripetutamente violentata da un sergente dell’esercito americano e da un “contractor” a Melgar. La vittima era stata avvicinata in un ristorante della città e in seguito portata in una caserma della base di Tolemaida, per essere infine abbandonata in un parco pubblico la mattina seguente.

La madre della giovane era riuscita a individuare i due responsabili - Michael Coen e Cesar Ruiz - i quali avevano però irriso e aggredito verbalmente la donna, dicendole chiaramente che entrambi godevano dell’immunità dalla legge colombiana.

La ricerca di giustizia della donna, prima presso il comando dell’aeronautica colombiana e poi attraverso il sistema legale del suo paese, non aveva dato alcun risultato. Anzi, madre e figlia sarebbero state vittime di minacce da parte di membri delle forze di sicurezza colombiane, così da essere costrette a trasferirsi di città in città.

Il sergente Coen è alla fine tornato negli Stati Uniti, mentre Ruiz è rimasto in Colombia. Nessuno dei due è stato incriminato, né in Colombia né negli Stati Uniti, nonostante nel 2009 il Miami Herald avesse riportato la vicenda sostenendo che il governo USA stava valutando la possibilità di riaprire il caso.

I casi documentati dalla commissione colombiana non esauriscono comunque i crimini commessi o di cui sono complici i militari americani in Colombia, nemmeno per quanto riguarda i soli casi di violenza sessuale su minori.

Secondo il sito web colombiano di informazione El Turbion, ad esempio, nel solo 2006 sarebbero stati denunciati 23 casi simili e altri 14 l’anno successivo. Considerando però l’impunità garantita agli americani e le ritorsioni minacciate o messe in atto nei confronti delle vittime e dei loro famigliari, è praticamente certo che gli episodi non denunciati siano ancora più numerosi.

La notizia degli stupri commessi dai soldati americani ha trovato ampia eco sulla stampa colombiana ma non è stata praticamente menzionata da quella USA. Una ricerca sul web ha restituito una manciata di articoli apparsi su testate alternative ma, a parte il britannico Daily Mail, letteralmente nessuno su quelle “mainstream”.

L’auto-censura praticata dalla liberissima stampa americana, inclusi giornali “progressisti” come il New York Times e il Washington Post o network come la CNN, è altamente significativa, tanto più che il rapporto è stato redatto non dal Venezuela, l’Ecuador o la Bolivia, bensì con il beneplacito del governo colombiano, probabilmente il più vicino a Washington in America Latina.

D’altra parte, con gli Stati Uniti impegnati in una nuovissima guerra illegale di aggressione in Yemen a sostegno di paesi non esattamente modelli di democrazia, come le monarchie assolute del Golfo Persico, far conoscere agli americani le violenze commesse dai propri militari contro decine di minorenni in un paese amico avrebbe potuto provocare qualche imbarazzo all’amministrazione Obama e ai suoi organi di propaganda.

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