USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Michele Paris

Se il governo degli Stati Uniti avesse implementato integralmente le norme imposte dal presidente Obama nel 2013 al programma di bombardamenti con i droni in Pakistan, i due ostaggi di al-Qaeda uccisi lo scorso mese di gennaio da un raid della CIA nel paese centro-asiatico - l’americano Warren Weinstein e l’italiano Giovanni Lo Porto - sarebbero con ogni probabilità ancora in vita.

Questa è la conclusione a cui conduce una rivelazione pubblicata nel fine settimana dal Wall Street Journal, secondo la quale la CIA avrebbe ottenuto dalla Casa Bianca una speciale esenzione per continuare a seminare morte e terrore in Pakistan virtualmente senza nessuna restrizione.

Dopo le polemiche sorte in seguito all’ammissione da parte americana dell’assassinio con un drone nel settembre 2011 del cittadino USA Anwar al-Awlaki in Yemen, l’amministrazione Obama era stata costretta a mettere in piedi una campagna mediatica per limitare i danni e continuare a operare il proprio programma di morte in flagrante violazione del diritto internazionale.

Obama aveva perciò presentato in un intervento pubblico nel 2013 una serie di iniziative volte ufficialmente a fissare dei paletti all’utilizzo dei droni sul territorio di paesi sovrani per colpire sospettati di terrorismo. In realtà, l’iniziativa rispondeva alla necessità del governo di innescare un processo più o meno pubblico al fine di istituzionalizzare gli assassini mirati con i droni, dietro l’apparenza di regole più stringenti da applicare a un programma comunque illegale.

Tra le norme teoricamente imposte da Obama, la principale richiedeva alla CIA o al Pentagono - ovvero le due agenzie governative USA che gestiscono le operazioni con i droni all’estero - di verificare molto attentamente le informazioni di intelligence raccolte sui bersagli da colpire, in modo da autorizzare missioni solo contro sospetti che rappresentino una “minaccia imminente” per gli Stati Uniti.

Una simile misura avrebbe dovuto limitare al massimo le vittime civili, cioè i “danni collaterali”, causate in pratica da ogni bombardamento effettuato con i droni. Per questa ragione, i nuovi standard richiesti da Obama avrebbero dovuto far cessare ad esempio i cosiddetti “signature strikes”, quei bombardamenti operati in base a modelli di comportamento di maschi adulti in paesi come Pakistan o Yemen che lasciano intendere - dal punto di vista americano - di essere in presenza di possibili terroristi.

In altre parole, queste operazioni hanno come bersaglio non solo persone che non sono mai state accusate in maniera formale di un qualche crimine, ma di cui l’intelligence USA non conosce nemmeno l’identità. In questo modo, la morte di civili innocenti diventa impossibile da prevenire, tanto più in società dove le armi sono ampiamente diffuse tra la popolazione, come accade appunto nei paesi interessati dalle operazioni americane.

Ad ogni modo, per quanto riguarda le operazioni in Pakistan, la CIA era stata dispensata dal rispetto della regola di colpire esclusivamente “minacce imminenti” alla sicurezza nazionale USA. Per Obama, infatti, il solo fatto che un obiettivo dei droni possa far parte di al-Qaeda in questo paese, dove pare trovi rifugio la leadership dell’organizzazione fondamentalista, giustificherebbe assassini basati su informazioni di intelligence approssimative.

Ciò è appunto quanto accaduto nel caso dell’attacco che a gennaio ha causato la morte di Weinstein e Lo Porto. Questa incursione, secondo la ricostruzione del Wall Street Journal, era avvenuta dopo che nelle settimane precedenti erano stati individuati in un edificio in Pakistan cinque presunti militanti jihadisti, di cui uno ritenuto un presunto leader di al-Qaeda nonostante la sua identità fosse sconosciuta agli americani.

Appena prima del blitz, uno dei cinque bersagli aveva abbandonato l’edificio, mentre altri tre erano visibili all’esterno e il presunto leader di al-Qaeda si trovava all’interno. I sensori installati sui droni, che percepiscono il calore corporeo, avevano escluso la presenza di altre persone nell’edificio ma dalle macerie seguite al bombardamento sono stati alla fine estratti sei corpi in totale.

Weinstein e Lo Porto, secondo alcuni, erano alloggiati in una stanza interrata, sfuggendo così ai sensori, ma, in realtà, l’operazione ha mostrato come i droni della CIA colpiscano sostanzialmente alla cieca.

Obama, da parte sua, nel corso della conferenza stampa della scorsa settimana in cui si era scusato per la morte dei due ostaggi occidentali aveva sostenuto che l’operazione era avvenuta “nel pieno rispetto delle norme che regolano i nostri sforzi nella regione contro il terrorismo”, senza spiegare evidentemente in quale misura queste regole relative ai droni siano rispettate o se vi siano eccezioni alla loro implementazione.

Secondo anonimi membri ed ex membri del governo USA sentiti dal Journal, peraltro, “molti dei cambiamenti annunciati [da Obama] nel 2013 non sono stati applicati o lo sono stati solo in parte”, a conferma che le promesse del presidente sono state per lo più una mossa di propaganda per tenere buona l’opinione pubblica e i suoi sostenitori nell’ala “liberal” del Partito Democratico.

L’assunzione di responsabilità da parte di Obama per le più recenti vittime innocenti dei droni non porterà comunque alcuna conseguenza legale o politica. Oltre al prevedibile servilismo del governo italiano, con il ministro degli Esteri Gentiloni che è riuscito al massimo a elogiare Washington per “l’impegno alla massima trasparenza”, la vicenda dimostra come gli assassini condotti con i droni dagli Stati Uniti siano ormai considerati legittimi da tutta la classe politica americana e occidentale in genere, così come dalla stampa ufficiale.

Negli Stati Uniti, un approfondimento apparso sabato sul New York Times ha chiarito a sufficienza come ci sia totale consenso a Washington sulla facoltà auto-attribuitasi dal governo USA di eliminare sommariamente chiunque venga da esso stesso designato in maniera unilaterale come un possibile “terrorista”.

L’articolo in questione evidenzia in particolare la doppiezza di giudizio dei membri del Congresso, soprattutto democratici. Molti di questi ultimi, che avevano criticato aspramente la CIA per gli abusi commessi nel corso degli interrogatori con metodi di tortura ai danni di sospettati di terrorismo, sono oggi accesi sostenitori del programma di assassini operato con i droni.

Ironicamente, in molti casi a dirigere i bombardamenti letali in Pakistan e altrove sono proprio le stesse persone all’interno dell’agenzia che avevano diretta responsabilità sulle torture e che erano stati i destinatari delle accuse dei parlamentari USA.

Deputati e senatori americani sono d’altra parte totalmente complici nelle operazioni illegali della CIA. In un “rituale macabro”, spiega il New York Times, una volta al mese i membri delle commissioni per i Servizi Segreti di Camera e Senato sono ospitati presso il quartier generale della CIA a Langley, in Virginia, dove assistono a filmati di “persone fatte a pezzi”.

I membri del Congresso osservano i video dei bombardamenti con i droni e hanno la possibilità di esaminare “campioni” di informazioni di intelligence che giustificano ogni operazione, ma “non i documenti interni all’agenzia nei quali vengono discussi gli attacchi e le loro conseguenze”.

In questa prassi si esaurisce dunque il ruolo di supervisione sulla CIA delle apposite commissioni di Camera e Senato. I loro membri possono così sostenere che “gli assassini mirati sono sottoposti a un rigido controllo” ed essi stessi in larga maggioranza li “difendono fermamente in pubblico” e ne “garantiscono il sostanzioso budget annuale”.

Il Congresso, in realtà, esercita una funzione di sorveglianza molto meno rigorosa di quanto i suoi membri affermino, così che, osserva il Times senza allarmarsi particolarmente, “il fermo sostegno [che il programma con i droni raccoglie] al Campidoglio”, malgrado la palese illegalità, “è una delle ragioni per cui le missioni di morte della CIA risultano incorporate nei metodi di guerra americani” ed è perciò “improbabile [che esse] possano essere cambiate in maniera significativa”.

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