Ue-Russia, contro legge e logica

di Fabrizio Casari

Truppe, armi e propaganda, ma non solo. I soldi, non mancano mai i soldi. Quando si volesse cercare un elemento simbolico per descrivere la crisi d’identità politica e di prospettiva dell’Unione Europea, ormai estensione statunitense, c'è la vicenda del sequestro dei beni russi a seguito del conflitto in Ucraina. La vicenda in sé, infatti, presenta una miscela di subordinazione ideologica,...
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Rafah e ONU, Israele al bivio

di Mario Lombardo

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato lunedì per la prima volta dall’inizio dell’aggressione israeliana una risoluzione che chiede l’immediato cessate il fuoco nella striscia di Gaza. Il provvedimento è passato con 14 voti a favore e la sola astensione degli Stati Uniti, che hanno rinunciato al potere di veto, provocando una durissima reazione da parte del regime israeliano. Per tutta risposta, Netanyahu ha annullato la visita a Washington di una delegazione che avrebbe dovuto discutere con la Casa Bianca la possibile operazione militare nella città di Rafah, al confine tra la striscia e l’Egitto. Questa iniziativa, dalle implicazioni potenzialmente devastanti, resta al centro dell’attenzione della...
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di Michele Paris

L’aggressione militare contro lo Yemen da parte della coalizione araba guidata dall’Arabia Sadita ha fatto registrare negli ultimi giorni una drammatica impennata del numero di vittime civili in seguito all’intensificarsi dei bombardamenti aerei, condotti da oltre tre mesi a questa parte per piegare i “ribelli” Houthi e le milizie loro alleate. La giornata di lunedì è stata in particolare la più sanguinosa dall’inizio del conflitto, secondo la Reuters con quasi 180 morti civili. Incursioni nella provincia settentrionale di Amran hanno ucciso 63 persone, tra cui una trentina a causa di una bomba caduta su un mercato.

Un altro mercato di bestiame si è trasformato in una scena raccapricciante nella città meridionale di al-Foyoush, dove hanno perso la vita altre 60 persone. Sempre nella provincia di Amran, invece, circa 20 tra civili e militanti Houthi sono stati uccisi nei pressi di un check-point a 50 chilometri dalla capitale, Sanaa.

Una postazione dei “ribelli” sciiti è stata presa di mira anche poco lontano da Aden, la seconda città yemenita per importanza, e nel raid sono state massacrate 30 persone, di cui 10 militanti.

Gli scontri tra gli Houthi e i guerriglieri appartenenti ai clan che a questi ultimi si oppongono proseguono poi senza sosta. Nella provincia desertica centrale di Marib, ad esempio, i combattimenti e altre incursioni aeree saudite sono costati la vita a 20 membri delle forze “ribelli”.

Nonostante la sostanziale indifferenza dei media e della “comunità internazionale” per la sorte della popolazione yemenita, la situazione nel più povero dei paesi arabi appare talmente disastrosa da avere spinto negli ultimi giorni vari esponenti del regime saudita e membri del governo “in esilio” a Riyadh del deposto presidente, Abd Rabbu Mansour Hadi, a riconoscere apertamente l’opportunità di un cessate il fuoco.

La coalizione guidata dall’Arabia Saudita non intende tuttavia fermare la propria offensiva senza una sostanziale resa degli Houthi, dopo avere fallito nel raggiungimento di questo obiettivo con le armi. Gli Houthi, da parte loro, non sono disposti ad accettare alcuna condizione se non verrà riconosciuta la loro integrazione nel sistema politico dello Yemen, teoricamente in rappresentanza della minoranza sciita prevalente nel nord del paese.

In questo clima, le trattative per un possibile stop temporaneo ai bombardamenti nel corso del Ramadan erano crollate precocemente, mentre sarebbero ancora in corso le discussioni per implementare una tregua umanitaria a partire dal 17 luglio, in concomitanza con la festività islamica di Eid al-Fitr che segna la fine del periodo di digiuno. Una precedente interruzione delle ostilità era avvenuta nel mese di maggio, consentendo l’ingresso in Yemen di aiuti di vario genere ma senza alleviare significativamente la crisi in atto.

Martedì, in ogni caso, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, è giunto a Sanaa per cercare di riportare le parti in conflitto al tavolo delle trattative e gettare le basi almeno per un cessate il fuoco. Un portavoce degli Houthi ha però già annunciato che gli attacchi sauditi di lunedì hanno assestato un colpo molto pesante agli sforzi diplomatici.

La popolazione dello Yemen sta pagando a carissimo prezzo la guerra criminale scatenata dall’Arabia Saudita per cercare di mantenere la propria influenza sul paese vicino. Le vittime totali di questi mesi di bombardamenti, secondo i dati ONU, sarebbero più di tremila, anche se il numero reale è probabilmente molto più alto.

I civili sono puntualmente presi di mira malgrado l’obiettivo dichiarato di Riyadh e della coalizione sia quello di “liberare” lo Yemen dalla minaccia degli Houthi. Varie organizzazioni a difesa dei diritti umani nelle scorse settimane avevano pubblicato rapporti che documentavano come le bombe saudite avessero frequentemente colpito siti e abitazioni civili senza alcun legame con possibili attività militari degli Houthi.

Oltre ai bombardamenti, lo Yemen continua a patire anche il blocco navale e aereo quasi totale imposto dall’Arabia Saudita che limita drasticamente l’ingresso di aiuti e beni di prima necessità come cibo, medicinali e carburante. Prima dell’inizio della guerra, lo Yemen importava il 90% dei beni alimentari consumati e l’80% dei farmaci.

Secondo le Nazioni Unite, a giugno quattro quinti della popolazione yemenita - su un totale di circa 25 milioni di abitanti - necessitava di una qualche forma di assistenza umanitaria. Il già fragile sistema sanitario del paese è inoltre allo sbando, con casi di febbre dengue e malaria in rapido aumento, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in guardia dal pericolo del ritorno della polio, malattia dichiarata ufficialmente debellata in questo paese nel 2006.

La guerra in Yemen è stata lanciata dall’Arabia Saudita per fermare l’avanzata dei “ribelli” Houthi dopo che dall’autunno dello scorso anno avevano iniziato una marcia inarrestabile nel paese, fino a determinare la rimozione del governo-fantoccio dell’Occidente e di Riyadh presieduto dal presidente Hadi. Ad appoggiare le milizie sciite sono anche una parte delle forze armate yemenite fedeli all’ex presidente, Ali Abdullah Saleh, costretto alle dimissioni nel 2012 in seguito alle proteste esplose l’anno prima nel paese e al piano di transizione mediato da USA e Arabia Saudita.

Per la monarchia saudita, gli Houthi sarebbero sotenuti finanziariamente e militarmente dall’Iran, anche se Teheran continua a negare di avere stretti rapporti con i “ribelli” sciiti in Yemen. La guerra contro gli Houthi è ritenuta perciò di importanza vitale dall’Arabia Saudita, per la quale l’eventuale perdita dello Yemen a favore dell’Iran rappresenterebbe un rovescio letale per i propri interessi.

Tale minaccia - reale o percepita - appare a Riyadh tanto più concreta alla luce dell’inquietudine della stessa minoranza sciita che vive entro i confini del regno e dell’eventualità che la Repubblica Islamica torni a giocare un ruolo di spicco nelle vicende regionali in seguito al probabile accordo sul nucleare nelle fasi finali di negoziazione.

L’intervento dell’Arabia Saudita, oltre a provocare la devastazione in Yemen, ha favorito anche l’espansione di Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), da tempo propagandata in Occidente come la più pericolosa emanazione dell’organizzazione fondamentalista creata da Osama bin Laden e contro la quale fino a pochi mesi fa avevano combattuto strenuamente proprio gli Houthi.

La guerra in corso in Yemen, infine, è sostanzialmente appoggiata dagli Stati Uniti. Se a Washington sembrano sussistere non pochi malumori per l’avventura bellica saudita, soprattutto a causa delle conseguenze negative sulle relazioni con l’Iran, l’amministrazione Obama continua a fornire un supporto logistico e d’intelligence cruciale all’alleato saudita.

I militari USA hanno così creato un centro di comando congiunto a Riyadh per coordinare le incursioni aeree, per le quali gli americani forniscono informazioni sugli obiettivi da colpire, mentre le forniture di armamenti sono state intensificate in modo da sopperire alla diminuzione delle scorte di materiale bellico impiegato nelle ripetute stragi tra la popolazione yemenita.

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