Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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Assange, le “non garanzie” USA

di Michele Paris

Nelle scorse settimane si erano intensificate le voci di una possibile risoluzione del caso di Julian Assange, con il presidente americano Biden che aveva anche ammesso di valutare la richiesta del governo australiano di lasciare cadere definitivamente le accuse contro il fondatore di WikiLeaks. Per il momento, il governo di Washington sembra essere però deciso a continuare la battaglia per ottenerne l’estradizione dal Regno Unito. Martedì, infatti, nell’ultimo giorno utile stabilito dall’Alta Corte di Londra, il dipartimento di Giustizia USA ha presentato ai giudici le “rassicurazioni” richieste a fine marzo circa il trattamento legale che verrà riservato ad Assange una volta giunto in territorio americano. Erano due le...
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di Fabrizio Casari

Senza nessuna preoccupazione per la decenza pubblica, mentre l’Isis finisce di distruggere Palmira, la Nato ha intimato a Mosca di cessare i bombardamenti sulle organizzazioni terroristiche islamiche che combattono contro il regime di Assad. Sconfinati sabato (“per errore”) nei cieli turchi, i caccia di Mosca hanno duramente colpito in questi giorni le postazioni islamiste. Il che, evidentemente, irrita non poco la Nato, che invece continua ad avere come unico bersaglio il regime di Assad e sostiene i combattenti islamici aiutati dal regime turco di Erdogan.

C’è da sottolineare come la Turchia scopra il valore dello spazio aereo nazionale solo quando è il suo, dal momento che sin dall’inizio del conflitto in Siria ha organizzato il supporto militare e logistico alle retrovie degli islamisti e, con particolare pervicacia, ha bombardato i Peshmerga kurdi, eroici difensori di Kobane. Insomma, con la scusa della guerra siriana, Ankara ha cercato di eliminare - senza peraltro riuscirci - i kurdi, intrecciando così l’impegno sunnita contro la Siria ai suoi desiderata di politica interna.

Mosca, dal canto suo, oltre ad essersi scusata per la violazione dello spazio aereo turco, respinge le accuse di voler bombardare l’Esercito libero siriano, con il quale anzi ha proposto un accordo di tipo militare, senza però ricevere risposta. Come ha sottolineato il Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, “si tratta di un esercito fantasma di cui non si sa niente. Ho chiesto al Segretario di Stato USA John Kerry – ha continuato perfidamente il ministro russo – di sapere dov’è l’esercito libero siriano e chi lo comanda per aprire un canale di comunicazione, ma non sono arrivate risposte”.

L’iniziativa di Mosca sta comunque scoperchiando il pentolone siriano, dove lo schieramento occidentale si compone soprattutto di una sostanziale doppiezza, con Turchia e Arabia Saudita che rappresentano la parte militare e finanziaria del sostegno agli islamisti pur essendo, in teoria, alleati della Nato che si dice in missione contro l’Isis, che degli islamisti è la fazione principale.

Basti ricordare come la Turchia, bastione della Nato, abbia ripetutamente agito contro le volontà dichiarate della stessa Alleanza, supportando i ribelli siriani in cambio della libertà di attaccare i kurdi, che pure a Kobane erano formalmente sostenuti dalla Nato stessa. Un ginepraio apparentemente incomprensibile se si cerca la coerenza tra schieramenti dichiarati e atti compiuti, ma perfettamente chiaro se si prova a vedere la questione siriana nella gigantesca partita che contrappone l’islam sunnita a quello sciita, con l’Occidente a spingere sull’acceleratore della guerra permanente quale volano principale per il ridisegno strategico dell’area e per il rafforzamento della centralità della Nato nello scacchiere internazionale.

Sul piano militare, non c’è dubbio che i russi possono cambiare rapidamente la situazione sul campo. Non dovendo solo far finta di attaccare in favore di opinione pubblica, i caccia russi colpiscono i bastioni dell’Isis e di Al-Nusra, offrendo così respiro ai Peshmerga, Hezbollah e forze armate siriane, e mettendo in crisi l’intenzione chiara della Nato di continuare a sostenere militarmente quelli che fa finta di considerare nemici pubblicamente.

Sul piano politico la proposta di Mosca, di formare una coalizione internazionale per combattere i macellai dell’Isis e le bande terroristiche islamiste, unita a quella di trovare una soluzione politica alla guerra, mette davvero la Nato nell’angolo.

Fino ad ora l’Alleanza atlantica ha sostenuto in ogni modo le forze anti Assad senza guardare tanto per il sottile, ma la possibilità di sedersi a un tavolo con il governo siriano per concordare una via d’uscita politico-diplomatica, risulta eccessivamente imbarazzante per Obama, Cameron e Hollande.

Lo scenario libico era e resta ancora l’auspicio di Washington e alleati, ma proprio aver considerato la composizione sociale e il valore delle forze armate in Siria simili a quelli libiche è stato l’errore più clamoroso degli Stranamore dell’Alleanza.

Dal momento che, per ovvie esigenze d’immagine internazionale, la Nato non può permettersi di rifiutare la proposta russa, sia perché ufficialmente anche la Nato è in guerra con l’Isis, sia a maggior ragione perché lo stesso Assad si è detto pronto a lasciare in un contesto di accordo internazionale, sono stati sguinzagliati gli jiahidisti per cercare di rendere impossibile l’idea di una soluzione politica al conflitto. E’ quindi puntualmente arrivato il documento redatto ieri da 41 dei maggiori gruppi islamisti che combattono nel ginepraio siriano.

Firmato dalle due organizzazioni più importanti della galassia jiahidista in Siria, Jaish Al Islam e Ahrar al Sham, il documento dichiara l’impossibilità di arrivare ad un accordo con i russi e Assad e, anzi, sollecita la creazione di una alleanza regionale per combattere contro Assad, la Russia e l’Iran. A questo piano aderirebbero anche Al-Nusra, emanazione siriana di Al-Queda, e altri gruppuscoli minori.

Inutile del resto cercare distinguo che hanno poco senso: l’Isis, infatti, è solo una fazione diversa da quella delle truppe dei cosiddetti oppositori, di cui l’Esercito libero siriano è solo il volto moderato. Tra costoro e l’Isis è in corso una disputa tesa a stabilire il comando delle operazioni militari e il futuro assetto della Siria; uno scontro di matrice politica e religiosa interno al jiahidismo, ma non certo una differenza nell’obiettivo immediato di spodestare Assad, trasformando la Siria in una nuova Libia.

L’evidente proiezione onirica del documento che invita alla coalizione contro Russia e Iran non deve trarre in inganno: lo scopo è solo quello di consentire alla Nato di poter dire che non c’è accordo sul terreno con tutti gli interlocutori e poter così respingere la proposta di soluzione politica di Mosca, riparandosi però dietro i terroristi-oppositori. Anche perché accettare la proposta russa di una coalizione militare e di un successivo piano di pace per la Siria, riporterebbe Mosca al centro della governance globale e, nello scacchiere mediorientale, riproporrebbe anche il ruolo strategico dell’Iran che sta progressivamente invertendo le sorti del conflitto in Iraq.

Fumo negli occhi per una Nato incapace di trovare una soluzione militare in Siria e ormai ostaggio della volontà degli Emirati per i cui sogni di dominio politico e religioso, le cosiddette primavere arabe sono state rapidamente trasformate da processi democratici a guerra intestina all’Islam.

Difficile credere che Mosca accetti i diktat Nato. La posta in gioco per Putin è troppo alta per abbandonare il campo senza prima aver dimostrato di fronte all’opinione pubblica internazionale che la possibilità di sconfiggere i macellai dell’Isis dipende solo dalla volontà politica. Se l’Occidente pensa d’intimidire la Russia non considera che ormai il Cremlino è andato troppo avanti per tornare indietro. Se pensa che Putin si limiti a fare il lavoro che loro non vogliono fare si rivela ingenuo.

E se ora crede di convincere Mosca a sacrificare Assad, per poi sostituirlo con chi vuole la guerra santa contro Mosca e Teheran, significa che la sua capacità di analisi e valutazione politica è seriamente compromessa. Washington dovrebbe invece cogliere l’opportunità politica di sganciarsi dalla Siria e lasciare Parigi alle prese con il guaio che ha generato.

Né Mosca, né Teheran, né i siriani sono disposti ad arrendersi agli sceicchi e, soprattutto, sono consci dell’estrema debolezza di Obama e Hollande e anche dell’impossibilità da parte loro di ottenere un pronunciamento dell’Onu. E sanno che una nuova guerra lanciata dalla coalizione internazionale, ancor prima che le truppe russe vedrebbe il primo, poderoso ostacolo, nel Congresso USA.



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