Israele e l’equazione iraniana

di Michele Paris

L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili,...
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FISA, sgambetto al “deep state”

di Mario Lombardo

La spaccatura tra le due principali correnti del Partito Repubblicano americano si è aggravata questa settimana con la clamorosa bocciatura alla Camera dei Rappresentanti di Washington di un provvedimento collegato a uno degli aspetti più controversi delle attività di sorveglianza e intercettazione delle comunicazioni elettroniche da parte dell’intelligence USA. Dopo l’appello lanciato dall’ex presidente Trump alla vigilia del voto in aula, diciannove deputati della destra “libertaria” si sono infatti uniti mercoledì ai colleghi democratici per affondare la legge già nella fase iniziale del suo iter legislativo. La vicenda riguarda l’ultra-controversa “Sezione 702” della legge del 1978 sulle intercettazioni delle...
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di Michele Paris

La lotta contro l’immigrazione “clandestina” con metodi difficilmente definibili come democratici, di questi tempi non è una prerogativa di un’Unione Europea allo sbando. Anche negli Stati Uniti, l’amministrazione democratica del presidente Obama continua a perseguire politiche anti-immigrati estremamente dure, come confermano le discusse iniziative messe in atto in questi primi giorni del nuovo anno.

Gli agenti dell’ufficio governativo deputato al controllo dell’immigrazione (ICE, Immigration and Customs Enforcement) hanno cioè condotto una serie di raid lo scorso fine settimana che, nell’arco di poche ore, si sono risolti con 121 adulti e minori presi in custodia in Georgia, North Carolina e Texas per essere avviati verso l’espulsione.

A dare notizia dei blitz delle autorità federali è stato qualche giorno fa il segretario alla Sicurezza Interna, Jeh Johnson, il quale ha cercato di spiegare come le incursioni durante le primissime ore del mattino nelle case dove vivono gli immigrati “irregolari”, spesso con i loro figli di pochi anni, e le successive deportazioni in paesi latino-americani a rischio sarebbero coerenti con i “valori americani e i principi fondamentali di moralità, giustizia e umanità”.

Gli obiettivi dei raid delle autorità federali nei giorni scorsi sono state in particolare famiglie che avevano in precedenza richiesto lo status di rifugiati dopo essersi consegnate agli agenti dell’immigrazione al momento dell’arrivo negli Stati Uniti. Molti migranti provenivano appunto da paesi come Guatemala, Honduras e El Salvador, piagati da elevatissimi tassi di violenza, ed erano passati regolarmente, ma senza successo, attraverso il processo per la richiesta di asilo negli USA.

In molti casi, gli immigrati le cui richieste erano state respinte, sono stati costretti a indossare braccialetti elettronici per essere reperibili in qualsiasi momento. Dopo essere state prese in custodia dall’ICE, le famiglie interessate saranno “ospitate” in centri di detenzione federale per essere poi deportate nei rispettivi paesi di origine.

Secondo l’organizzazione a difesa dei migranti #Not1MoreDeportation, durante gli arresti di massa nei pressi di Atlanta, in Georgia, gli agenti federali che hanno fatto irruzione nelle abitazioni non hanno nemmeno mostrato un mandato del tribunale e hanno preso in custodia madri con i loro figli spesso di neanche quattro anni. Per il direttore della Georgia Latino Alliance for Human Rights, i bambini destinati ai centri di detenzione erano talvolta così piccoli che necessitavano dei seggiolini speciali per essere trasportati sulle auto degli agenti federali.

Il ministro Johnson, evidentemente consapevole dei metodi impiegati, si è sentito in dovere di provare a rassicurare i critici della sua amministrazione, garantendo che i raid sono in linea con le priorità fissate dalla Casa Bianca in materia di immigrazione. Come ha spesso fatto nel recente passato anche il presidente Obama, il numero uno del Dipartimento della Sicurezza Interna non ha poi nascosto le tendenze reazionarie che animano il governo di Washington e la volontà di strizzare l’occhio alla destra.

La questione dell’immigrazione “irregolare” continua d’altra parte a essere al centro della campagna elettorale per le presidenziali, soprattutto in casa Repubblicana, a meno di un mese dall’inizio delle primarie.

Johnson ha così ostentato i poco invidiabili record dell’amministrazione Obama, la quale, a partire dall’estate del 2014, ha “rimosso e rimpatriato migranti verso l’America Centrale con un ritmo crescente”, operando “in media 14 voli a settimana”.

Dal 2009, Obama ha presieduto all’espulsione del maggior numero di immigrati “irregolari” rispetto a qualsiasi altra amministrazione americana. I migranti deportati dal presidente Democratico durante i primi sei anni della sua permanenza alla Casa Bianca sono stati di più di quanti abbiano fatto la stessa fine in tutti gli otto anni della presidenza Bush e addirittura il doppio di quelli registrati nei due mandati di Bill Clinton. Il 2013, poi, è stato il singolo anno con il numero più alto di espulsioni nella storia USA, ben 438.421.

Per quanto riguarda i blitz nelle case degli immigrati dei giorni scorsi, l’amministrazione Obama aveva prefigurato l’iniziativa con una strategia particolarmente crudele, facendo cioè intendere qualche settimana prima che a inizio anno sarebbe partita una nuova campagna di deportazioni. Ciò ha fatto trascorrere agli immigrati un periodo di feste nel terrore di essere colpiti dai provvedimenti di espulsione.

I blitz dell’ultimo fine settimana sono comunque soltanto l’inizio di una nuova campagna di detenzioni ed espulsioni, visto che il Dipartimento della Sicurezza Interna ha fatto sapere che coloro che hanno visto respingere la richiesta d’asilo sono almeno 15 mila.

La presunta legalità delle operazioni condotte dagli agenti dell’ICE è stata messa in discussione da molti, come l’American Civil Liberties Union. Quest’ultima organizzazione ha sostenuto che “molte delle madri e dei bambini [deportati] non hanno un avvocato perché non possono permetterselo”, perciò, “senza una consulenza legale e traumatizzati, i rifugiati non sono in grado di comprendere quello che accade in tribunale”, così che la loro richiesta di asilo non viene valutata in maniera adeguata.

L’indifferenza del governo americano per le situazioni individuali dei migranti espulsi, che contrasta con la recente commozione ostentata da Obama per le vittime delle armi da fuoco negli USA, era stata confermata da un’indagine di qualche mese fa del britannico Guardian, il quale aveva documentato come, in più di un caso, i migranti tornati nei loro paesi di origine in Centro-America erano finiti assassinati poco dopo essere rimpatriati forzatamente.

Lo scorso anno, l’amministrazione Obama era già finita al centro di polemiche per la propria durissima politica migratoria dopo che migliaia di bambini non accompagnati dai genitori erano stati trasferiti in centri di detenzione al confine col Messico, spesso in condizioni estremamente precarie, in attesa di essere deportati in America Centrale.

Quelle immagini avevano fatto il giro del mondo, spingendo il presidente a proporre una serie di misure che avrebbero teoricamente dovuto ridurre il numero delle espulsioni. Obama era però consapevole delle difficoltà che la sua iniziativa avrebbe successivamente incontrato, sia di fronte a un Congresso a maggioranza Repubblicana sia nei tribunali. Infatti, la situazione negli USA in questo ambito è rimasta pressoché immutata, come confermano appunto gli sviluppi dei giorni scorsi.

Allo stesso tempo, però, l’amministrazione Obama ha continuato senza sosta nel processo di militarizzazione del confine meridionale degli Stati Uniti, in modo da scoraggiare e provare a impedire l’arrivo nel paese di nuovi disperati dall’America Latina.

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