Georgia, gli 'agenti' dell’Occidente

di Mario Lombardo

Il parlamento georgiano ha approvato questa settimana in prima lettura una controversa legge sugli "agenti stranieri", nonostante le proteste dell'opposizione e gli avvertimenti di Bruxelles che la legislazione potrebbe mettere a rischio le ambizioni del paese di aderire all’Unione Europea. La misura, ufficialmente nota come "Legge sulla trasparenza dell'influenza straniera", ha ricevuto...
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La memoria scomoda di Euskadi

di Massimo Angelilli

Il prossimo 21 aprile si svolgeranno le elezioni amministrative nei Paesi Baschi. Ovvero, il rinnovamento del Parlamento Autonomo, incluso il Lehendakari - Governatore che lo presidierà e i 75 deputati che lo integreranno. Il numero delle persone aventi diritto al voto è di circa 1.800.000, tra le province di Vizcaya Guipúzcoa e Álava. Il bacino elettorale più grande è quello biscaglino comprendente Bilbao, mentre la sede del Parlamento si trova a Vitoria-Gasteiz, capitale dell’Álava. Le elezioni regionali in Spagna, come d’altronde in qualsiasi altro paese, non sono mai una questione banale. Men che meno quelle in Euskadi. Si inseriscono in una stagione particolarmente densa di ricorso alle urne, iniziata con l’appuntamento...
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di Mario Lombardo

La visita di questa settimana alla Casa Bianca del primo ministro indiano, Narendra Modi, è stata giudicata quasi universalmente un successo nonostante le persistenti frizioni tra Washington e Delhi su alcune questioni economiche e commerciali. L’obiettivo principale di Trump e del suo ospite era in sostanza quello di rafforzare la “partnership globale strategica” indo-americana, promossa dalle due precedenti amministrazioni USA per integrare la più popolosa democrazia del pianeta nei piani di Washington nel continente asiatico.

Tra le élites indiane vi era un certo nervosismo alla vigilia della trasferta di Modi a Washington e ciò era dovuto alla natura imprevedibile di Trump e a una sua possibile inversione di rotta o, quanto meno, a una frenata nel processo di consolidamento dei rapporti bilaterali.

I principali media indiani hanno però alla fine tirato un sospiro di sollievo dopo avere constatato non solo il clima relativamente amichevole del faccia a faccia alla Casa Bianca, ma anche e soprattutto le parole pronunciate dai due leader nella conferenza stampa seguita al vertice e il contenuto della dichiarazione congiunta.

Trump ha frequentemente insistito sull’ottimo stato di salute e sull’importanza delle relazioni con l’India. La dimensione militare della partnership tra i due paesi è stata particolarmente sottolineata dal presidente americano, il quale ha ricordato in maniera significativa sia la cooperazione bilaterale in questo ambito sia l’imminente esercitazione militare nell’Oceano Indiano che vedrà anche la partecipazione del Giappone.

L’enfasi di Trump su questa esercitazione, condotta fino a un paio di anni fa solo dalle marine militari di USA e India, è servita a sottolineare l’importanza della presenza navale degli Stati Uniti e dei loro alleati in una via d’acqua che rappresenta un corridoio fondamentale per le esportazioni e le importazioni cinesi.

Il contenimento della crescita costante dell’influenza della Cina nel continente asiatico e non solo è ovviamente al centro della partnership indo-americana. Il contrasto a questa evoluzione del ruolo di Pechino spiega dunque il peso del fattore militare nei rapporti tra Washington e Delhi.

Gli Stati Uniti intendono utilizzare le installazioni militari e le attività dell’intelligence indiana in funzione anti-cinese e, parallelamente, per lo stesso scopo spingono per assegnare a Delhi un ruolo sempre maggiore in Asia sud-orientale.

Il peso dell’India nelle scelte strategiche degli USA in quest’area del pianeta è chiarito dalla decisione di Trump di autorizzare, proprio alla vigilia della visita di Modi, la vendita a questo paese di 22 droni con funzioni di sorveglianza marittima. Come ha spiegato il New York Times, questi velivoli sono stati finora forniti solo a membri della NATO e saranno utili, tra l’altro, per consentire all’India di sorvegliare tratti di mare nei pressi dello Stretto di Malacca, tra i più vulnerabili per il flusso dei commerci cinesi in caso di conflitto.

Dal punto di vista indiano, la visita di Modi a Washington ha confermato come il governo di estrema destra al potere a Delhi, e le sezioni della classe dirigente indigena che a esso fanno riferimento, intenda continuare a puntare sugli Stati Uniti per soddisfare le crescenti ambizioni da grande potenza.

Ciò malgrado le divisioni interne e il persistere di un’evidente diversificazione della politica estera indiana, confermata ad esempio dalla partecipazione attiva ai lavori del gruppo “BRICS”, dal recentissimo ingresso a pieno titolo nella Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) a guida russo-cinese e dalla conservazione dei buoni rapporti con Mosca risalenti al periodo sovietico.

Proprio mentre Modi incontrava Trump negli Stati Uniti, d’altra parte, il ministro del Gas e del Petrolio indiano riceveva il vice-ministro dell’Energia russo e una delegazione del gigante Gazprom per discutere la costruzione di un gasdotto per la fornitura di gas russo all’India.

I legami con gli USA restano in ogni caso il fulcro della politica estera indiana. Due questioni affrontate nel corso del vertice di Washington spiegano a sufficienza l’attitudine di entrambi i paesi. Da un lato, l’amministrazione Trump ha acconsentito a includere nel comunicato finale un riferimento al Pakistan per chiedere a questo paese – formalmente alleato degli Stati Uniti – di garantire che “il suo territorio non sia usato per lanciare attacchi terroristici verso altri paesi”.

Prima dell’incontro tra Modi e Trump, inoltre, il dipartimento di Stato americano aveva aggiunto all’elenco dei “terroristi globali” Syed Salahuddin, leader dei separatisti filo-pakistani del Kashmir Hizbul Mujahideen, rispondendo così a una richiesta fatta tempo fa da Delhi.

La presa di posizione contro Islamabad di Washington appare decisamente insolita, anche se si inserisce in un continuo deterioramento dei rapporti bilaterali, e dimostra come il governo americano non abbia troppi scrupoli nel mettere a repentaglio un’alleanza fino a poco tempo fa ritenuta cruciale per la lotta al terrorismo per rafforzare i legami strategici con l’India.

Il governo di Delhi, invece, si è allineato alle posizioni USA sulla crisi nella penisola di Corea, condannando il regime nordcoreano per le “continue provocazioni” degli ultimi tempi e impegnandosi a lavorare con Washington per fermare “il programma di armi di distruzione di massa” di Pyongyang. L’India ha anche recentemente sospeso gli scambi di merci con la Corea del Nord, a parte cibo e medicinali, nonostante di questo paese sia il secondo partner commerciale dopo la Cina.

In un quadro di questo genere, sono passate relativamente in secondo piano le divergenze tra USA e India, prevalentemente in ambito economico, ma anche per quanto riguarda la stretta sui visti di ingresso negli Stati Uniti di cittadini indiani. Trump ha ribadito le preoccupazioni per il deficit commerciale degli Stati Uniti negli scambi con l’India, mentre ha insistito con Modi per sollecitare una maggiore apertura del mercato del suo paese al capitale e alle merci americane.

La questione è in realtà tutt’altro che secondaria, come conferma l’insistenza di Trump su di essa e l’ampio spazio trovato dai temi economico-commerciali nel comunicato congiunto dei due leader. L’impressione ricavata dal vertice, tuttavia, è che le due parti, e soprattutto il governo indiano, intendano continuare a rafforzare la loro partnership strategica e militare in chiave anti-cinese, confidando che essa favorisca il dialogo e la risoluzione dei problemi su tutti gli altri fronti.

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