USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di mazzetta

L'aggressione al premier ha rappresentato allo stesso tempo una ferita ingiusta all'uomo e all'istituzione, una piccola disgrazia per il paese e un bel problema per l'opposizione. Nell'occasione l'Italia è sembrata un paese sull'orlo di una crisi di nervi, ma la cacofonia generale è invece frutto di azioni calcolate; spesso male; e mirate a cogliere vantaggi politici dalla notizia del giorno.

Liquidato il campo dalle ipotesi più bizzarre, come quella del “fuoco amico” o del pazzo guidato dagli avversari politici, resta in bella evidenza solo il velocissimo tentativo di approfittare del fattaccio da parte degli associati al premier, perché se avessero veramente a cuore il tono e la qualità del dibattito politico, avrebbero minimizzato e sopito.

Di dichiaranti con il pelo sullo stomaco, capaci di diffondere le peggiori calunnie, ne hanno parecchi e non è stato per niente difficile arruolare gente nella caccia ai “responsabili morali” tra le fila dell'opposizione al sire di Arcore. Anche se è stato chiaro fin da subito che si trattava del gesto di uno sconsiderato isolato.

L'opposizione è rimasta disorientata da accuse del genere e dalla furia con le quali sono state scagliate, anche se non sono accuse nuove, perché negli ultimi mesi è stato proprio il premier, ormai isolato e inviso come un appestato, a gettare continuamente offese e secchiate di letame ai suoi nemici. Offese anche molto pesanti, ribadite dai media che controlla e sostenute dai “politici” che ha miracolato, calunnie a profusione e toni da guerra civile, ogni giorno ad annunciare un golpe o a dar del frocio agli avversari. Il più fesso è stato Di Pietro che, come gli capita spesso, ha trovato le parole sbagliatissime per esprimere la sua ribellione a questa ipocrisia, offrendo benzina al fuoco degli unni. Altri non hanno saputo fare di meglio e hanno dovuto piegarsi al fuoco di fila su televisioni e giornali.

Ad accompagnare tutto le immagini del premier ferito, immagini crude che mettono tristezza e che non possono piacere a nessuno, subito macinate dai media di ogni colore e latitudine, l'inciviltà dell'immagine che strumentalizza il grande comunicatore, che però in questo caso è anche un uomo ferito e sofferente. Ma nessuno ha rinunciato a pubblicarle più e più volte, vendono più di qualsiasi geniale editoriale e la fatica nel pubblicarle equivale a zero.

Un grande rumore che ha scatenato un grande caos, fatto di affermazioni deliranti e anche di veri e propri sciacallaggi istituzionali, come quelli del ministro Maroni, che dopo aver fallito nell'assicurare la sicurezza del premier, adesso vorrebbe chiudere internet e proibire le contestazioni, ridicolo se non facesse sul serio per deflettere le sue responsabilità.

“Italiani, sempre rumore, sempre casino”, lo devono aver pensato quelli di Facebook, tirati in mezzo perché le discussioni e le reazioni degli utenti hanno offerto il pretesto per indicare utili istigatori del crimine in qualche migliaio di balordi che hanno colto, pure loro, l'occasione di spararla grossa. Un cortocircuito per il quale moltissimi tra i molti milioni di messaggi che passano al giorno sul sito, hanno offerto l'occasione di strillare al reato.

Non bastasse questo, alcuni furboni, che si dilettavano a costruire gruppi falsi per recuperare dati degli utenti, hanno di colpo cambiato nome ad alcuni siti-bufala, trasformandoli in pagine a sostegno del premier. Un furto del consenso di una massa enorme di persone, ad esempio il gruppo “No Facebook a pagamento” (una bufala, perché FB non ha mai ipotizzato una cosa del genere), aveva due milioni d’iscritti.

Tutta gente che ieri aveva ancora un diavolo per capello a causa della truffa. Facebook ha reagito salomonicamente, rasando all'ingrosso centinaia di gruppi, forse la risposta migliore alle minacce del governo e al ribollire degli utenti, di sicuro la più semplice e immediata. Gli utenti “innocenti” potranno appellarsi alla procedura interna o rifare comunque un account usando un altro indirizzo mail. Forse il caso relativo è stato almeno un'utile una lezione sullo stare in rete con gli occhi aperti, che gentaglia pronta ad approfittare dell'ingenuità altrui ce ne sarà sempre.

Anche il sito de Il Giornale si è segnalato come una discreta raccolta di letame: dagli inviti a uccidere Travaglio e altri, fino alla proposta di pene medioevali per i “rossi, non si sono fatti mancare proprio niente. Eppure lì i commenti devono essere approvati dalla redazione prima di apparire, non è un sito come Facebook che non filtra nulla o come Indymedia; che in più offre l'anonimato agli utenti, lì appaiono solo quelli che sono ritenuti opportuni. Vedremo che farà Maroni quando si renderà conto che dovrebbe rasare tutti i siti dell'estrema destra e pure chiudere Radio Padania, dalla quale si è incitato al linciaggio di quelli dei “centri sociali”, che non c'entrano niente con l'aggressione a Berlusconi, ma stanno un bel po' sulle balle e sono comunque più intonati all'occasione dei soliti musulmani e anche dei negri.

Caos, rumore che all'opposizione è costato anche il naufragio della fantastica iniziativa della “mille piazze” del Partito Democratico, che doveva essere la forte iniziativa contro il governo, diversa dal No-B Day violetto, del principale partito d'opposizione. Come sia andata non si sa, non ne ha parlato proprio nessuno, come se non si fosse mai tenuta, anche i motori di ricerca restituiscono solo l'immagine del totale disinteresse. Anche il flop di Berlusconi in piazza del Duomo è passato sotto silenzio, c'era poca gente, a far risaltare qualche decina di rumorosi contestatori e il premier che arringava astioso dal palco i fedelissimi adoranti, ripreso ovviamente in campo stretto, a vedere piazza del Duomo dall'alto faceva tristezza per quanto era vuota.

Tutta questa agitazione spettacolare però, non è servita a molto; già oggi il governo ha dovuto mettere la fiducia alla finanziaria, segno che l'attentato non ha per nulla compattato la pur ampia maggioranza e che il timore d'imboscate c'è ancora tutto, mentre la soluzione dei problemi giudiziari di Berlusconi s'allontana correndo.

L'immagine è quella di un fallimento esteso ben oltre il gradimento di piazza, l'aggressione ha offerto una sospensione momentanea della pressione sul leader, ma il partito di maggioranza del paese senza memoria, farà bene a non contarci troppo. Se Berlusconi e i suoi sono cinici bastardi, quelli che si stanno accordando per liberarsi del suo governo non sono certo di primo pelo e, tra qualche giorno, l'effimero impatto mediatico dell'incidente sarà superato. Allora premier si concederà l'inevitabile gesto di magnanima benevolenza verso la famiglia dell'aggressore, ma già si starà parlando d'altro.

Il colpo di statua non è sufficiente a provocare un colpo di stato, ma nemmeno a miracolare un governo che non c'è più da tempo, Berlusconi uscendo dall'ospedale si ritroverà esattamente dov'era prima di domenica.

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