Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e...
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Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
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di Fabrizio Casari

Milano, Torino, Bologna, anche Napoli. Da nord a sud, che si leggano i risultati delle candidature a sindaco, o quelli delle liste elettorali, sono tanti i motivi di soddisfazione per il fronte progressista che emergono dal voto delle amministrative. Il primo riguarda ovviamente Milano, dove il candidato del centrosinistra Pisapia, alla vigilia accreditato al massimo per un eventuale ballottaggio, arriva sì al secondo turno, ma con sette punti di vantaggio sul sindaco uscente Moratti.

Pur con tutte le incognite del caso e senza voler minimamente sottovalutare le capacità di ripresa del centrodestra, Pisapia é, per la legge dei numeri e per la logica della politica, ragionevolmente candidato alla vittoria nel secondo turno tra quindici giorni, tenendo conto anche del 5 per cento circa raccolto dal movimento cinque stelle di Beppe Grillo. Se invece di candidare il narcisismo del comico genovese si fosse scelta la strada dello scontro con la destra, già da ieri Pisapia sarebbe entrato a Palazzo Marino.

Ma la vittoria al primo turno di Giuliano Pisapia non è solo una bella notizia, ma anche una discreta dispensa d’indicazioni politiche. Perché, a rendere più evidente la sconfitta personale di Berlusconi, arriva ancor più netto il voto di lista (che vede il PDL perdere sette punti percentuali) e il consenso personale al cavaliere (candidato capolista) fermo solo al 50% delle preferenze di cui la volta precedente disponeva. Inoltre, il PD di Bersani arriva allo stesso risultato del PDL in quella che, una volta ormai, par di capire, era la patria del berlusconismo.

E’ probabile che l’insipienza governativa del sindaco uscente, la sua metamorfosi aggressiva sotto l’egida di Sallustri e della Santanché abbia decisamente alzato il livello di volgarità ed ignoranza che, storicamente, ai milanesi va indigesto. Dal metodo Boffo alle prostitute - maggiorenni e non - dalla compravendita dei parlamentari fino all’aggressione ai magistrati e a quella riservata ad ogni istituzione della Repubblica, il berlusconismo appare ormai come la parte peggiore della destra europea.

Un aggregato onnivoro, ma politicamente rozzo ed incapace, che era riuscito però in questi anni, grazie al controllo totale sui mezzi di comunicazione, a raccontare la favola del buongoverno che copriva la realtà del malgoverno. Poi, com’è noto, per lungo che sia il sonno della ragione, le persone si svegliano e presentano il conto. Non a caso Famiglia Cristiana, in un editoriale della sua edizione online, ha commentato: “Si é esposto con brutale evidenza al giudizio popolare un primo ministro che vuole sottrarsi ai giudici, che svillaneggia la magistratura, che non si dissocia da cartelloni infami, che non accetta le esortazioni del Quirinale, che fino a poco fa passava le serate nel modo che conosciamo. Il giudizio c'é stato, severo".

Pisapia ha vinto perché, prima di ogni altra considerazione politica, è una persona per bene e come tale viene percepito. Figlio della borghesia illuminata meneghina, ha avuto il merito di portare alle urne sia l’elettorato storico del centrosinistra, sia i moderati che, pur conservatori, ormai non tollerano più il berlusconismo, sia i giovani e la sinistra alternativa, che hanno trovato in una persona per bene e di sinistra motivi sufficienti per tornare a frequentare quelle urne elettorali che avevano abbandonato da diversi anni. La riprova di ciò sta nei dati del voto di città: il centrosinistra ha conquistato tutte le nove zone in cui é divisa Milano, compresa Zona 1, la zona centrale della città da sempre feudo del centrodestra. A dare un’idea dell’inversione di tendenza, basti ricordare che nel 2006 il centrodestra conquistò otto zone su nove.

A Torino Piero Fassino sfiora il 57 per cento ed è eletto al primo turno. Il buongoverno di Chiamparino ha certamente influito e lo spessore di Fassino ha messo il resto. Il candidato del PDL è intorno al 30%. Anche a Bologna si conferma che lo zoccolo duro del PD tiene. Ma avrà comunque bisogno di un buon calzolaio, perché la vittoria è sì netta ma non nelle percentuali bulgare storicamente raggiunte in Emilia. Questo però, non deve illudere il centrodestra, dal momento che i voti persi dal centrosinistra non sono confluiti sul candidato leghista. Ecologia e Libertà di Vendola ha ottenuto il 10% e altrettanto il movimento 5 stelle di Grillo. Il che indica nel 71 per cento dei voti complessivi l’indirizzo politico e culturale della città.

E persino Napoli non sorride alla destra: nonostante il malgoverno del clan Bassolino e l’impossibilità di raddrizzare gli errori da parte della Iervolino, la destra non riesce a vincere al primo turno. L’elettorato del centrosinistra, infatti, ha scelto in buona parte di sconfessare le camarille locali del PD, e Morcone si è fermato al 19%. Meglio, molto meglio di lui, Luigi De Magistris, candidato dell’IDV (ma fino a un certo punto, la sua autonomia da Di Pietro è conclamata) che sfiora il 30% e va al ballottaggio con Lettieri. Il PDL parte quindi in vantaggio al secondo turno, ma Lettieri ha già raccolto il massimo dei voti possibili a destra, mentre lo stesso non si può dire sul fronte opposto, dove il voto è stato frammentato su due o tre candidati. L’eventuale convergenza dei voti del PD e del resto della galassia antiberlusconiana su De Magistris al secondo turno (auspicata anche da Marco Follini del Terzo Polo), potrebbe quindi ribaltare la situazione a Napoli.

Infine, ma non certo alla fine, il voto straordinario al referendum sul nucleare in Sardegna, dove i contrari all’atomo sono 97 su cento. Il che, tra l’altro, aiuta ulteriormente a comprendere le manovre del governo per evitare il referendum sul nucleare e, soprattutto, l’affluenza che determinerebbe e che si spalmerebbe sul quesito sul legittimo impedimento per il Premier fuggitivo.

Si aprono ora i quindici giorni di campagna elettorale più duri, dove nessuno che abbia a cuore le sorti dell’Italia potrà risparmiarsi. Perché dalla vittoria del centrosinistra e dei suoi diversi candidati a Milano e Napoli in particolare, potrà iniziare una nuova stagione politica.

Il PDL si scopre da un giorno all’altro un partito che passa dall’onnipotenza all’impotenza, anche perché il malumore della Lega è forte e a Via Bellerio non si riesce a nasconderlo: diversi settori del Carroccio vedono il rischio che, di questo passo, Alberto da Giussano si trovi con la spada mozzata. La tentazione di staccare la spina al governo centrale vedrà quindi proprio nel ballottaggio una verifica importante.

Da via dell’Umiltà partono messaggi di diverso tono. I consensi persi li imputano a “errori di comunicazione”, preferiscono cercare di dare alternativamente la colpa o alla “eccessiva politicizzazione” o, all’opposto, alla “mancanza di politicizzazione”. Dipende da chi parla, da quanto conta e da dove è allocato nel mare in tempesta chiamato PDL. Ma i numeri hanno la testa dura e la lettura politica di questa tornata elettorale sembra oggettivamente una: la crisi del berlusconismo è cominciata.

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