USA, l’imbroglio del Mar Rosso

di Mario Lombardo

A quasi tre mesi dall’inizio della “missione” americana e britannica nel Mar Rosso, per contrastare le iniziative a sostegno della Resistenza palestinese del governo yemenita guidato dal movimento sciita Ansarallah (“Houthis)”, nessuno degli obiettivi fissati dall’amministrazione Biden sembra essere a portata di mano. Gran parte dei traffici commerciali lungo questa rotta, che collega...
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Sahra Wagenknecht, nuova stella (rossa) tedesca

di redazione

Sahra Wagenknecht: «Ue troppo centralista, l’Ucraina non può vincere. È vero che molti elettori della vecchia sinistra sono andati a destra, non perché razzisti o nazionalisti, bensì perché insoddisfatti» BERLINO — Sahra Wagenknecht è di sinistra, conservatrice di sinistra, dice lei. Ha fondato un partito che porta il suo nome, perché – sostiene – il principale problema dei progressisti europei è che «la loro clientela oggi è fatta di privilegiati». I detrattori la accusano di essere populista, ma il partito cresce e in alcune regioni dell’Est è la seconda o terza forza. Abbastanza da poter rompere gli equilibri della politica tedesca. Insomma, è diventata un fenomeno. Ci accoglie nel suo studio, con i colleghi del...
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di Mariavittoria Orsolato

C'è in realtà molto poco da stupirsi riguardo alla vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori indiani mentre facevano da scorta armata alla petroliera privata Enrica Lexie. I due fucilieri della Marina Militare non rientreranno in India dopo il permesso di un mese accordato dalla Corte Suprema indiana e lo faranno con la benedizione delle Istituzioni.

"La giurisdizione è italiana", ha affermato il ministro non eletto degli Esteri, Giulio Terzi, con un tweet in cui spiega che il Paese è disponibile "a trovare soluzioni con l'India in sede internazionale" ma che, intanto, "i nostri marò restano in Italia".

E così facendo, di concerto con i Ministeri della Difesa e della Giustizia e in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dimostrato per l'ennesima volta l'assunto secondo cui, di fronte alla divisa, la giurisprudenza venga ridotta a mero zerbino sotto cui nascondere lo sporco.

La vicenda dei due marò, che il 15 febbraio del 2012 scambiarono il peschereccio St. Antony per una barca di pirati ferendo a morte Ajesh Binki e Valentine Jelastine, aveva da subito animato il dibattito politico italiano, impegnandolo in tortuose disquisizioni sulla potestà delle acque, sui limiti delle giurisdizioni e altre amenità diplomatiche in cui, purtroppo, c'era ben poco di sensato - in merito Matteo Miavaldi ha redatto un'ottima ricostruzione su Giap e ChinaFiles.com.

E così come è iniziata - a tarallucci e vino - così probabilmente finirà la vicenda dei due fucilieri della Marina: scavalcata la legittimità del Paese in cui si è consumato il delitto, l'Italia infligge lo stesso torto che altre divise protette hanno inferto a vittime di “casa nostra”, a Nicola Calipari, ai venti morti del Cermis. Non ci infatti ancora dato sapere se i due marò continueranno a godere dello status di “eroi” o se verranno regolarmente processati nei tribunali nostrani.

La Farnesina, nella nota diffusa ieri alla stampa, ha motivato il suo no con “il principio dell’immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero e le regole della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) del 1982? dopo aver assecondato per mesi le autorità indiane - già a Natale infatti la Suprema Corte aveva concesso una licenza di 15 giorni ai due militari, che è stata rigorosamente rispettata con il loro ritorno a Kichi il 4 gennaio.

E lo ha fatto pur sapendo che quei soldati, impiegati di fatto come mercenari per proteggere un'imbarcazione privata, non possono e non potranno mai essere riconosciuti in missione militare coperta dall’immunità. Se questa non è una presa in giro, di sicuro è una figuraccia diplomatica non da poco. Certamente per l'imperizia giuridica su cui è stata impiantata.

Certo era - e questo è il vergognoso messaggio che ha lasciato trapelare ieri Giulio Terzi - che i “nostri ragazzi” non potevano rimanere bloccati nell'hotel di lusso in cui la Corte Suprema indiana li aveva confinati. Bisognava liberare i due “eroi”: lo chiedeva sbraitando la destra e lo voleva l’esercito, che in Latorre e Girone vede solo due dei suoi uomini prigionieri per colpa di un governo che li aveva mandati in missione senza la sufficiente copertura legale, indispensabile all'impunità che contraddistingue la divisa.

Quindi, in barba agli accordi diplomatici e alle trattative portate avanti da un anno a questa parte, l'evasione avallata dal dicastero degli Esteri deve essere sembrata la via più auspicabile o, perlomeno, quella più facilmente percorribile. D'altronde, si sa, le nostre sono promesse da marinaio e la bassissima credibilità internazionale italiana ce lo ricorda ogni santo giorno di austerity che trascorriamo. A conti fatti, non c'è poi quindi questo abisso tra il maestro di sci Frattini e l'ex console Terzi di Sant'Agata.

Rimane da capire come reagirà il Governo indiano alla sonora pernacchia arrivata Roma. Esclusa la possibilità di accordi confidenziali in grado di salvare capra e cavoli - difficile che l'India accetti con nonchalance di essere ridicolizzata dal nostro stivale - dall'Onu una fonte diplomatica indiana dell'ANSA fa sapere come “i due dovranno affrontare il processo in India, secondo le leggi indiane”.

Per ora il dato certo che emerge da questa svolta, oltre al già citato assecondare le velleità della destra patriottarda, è che la politica uscente ha avuto un ruolo fondamentale nella scelta dei tempi: l’insediamento delle Camere previsto per venerdì ha certamente fatto riflettere sull’opportunità che a prendere una decisione del genere fosse il governo in carica e, così facendo, Terzi e l'ammiraglio Di Paola hanno di fatto tolto le castagne dal fuoco al governo (quale?) che verrà.

In attesa dei prossimi sviluppi, riportiamo la sentenza che lo scorso 18 gennaio il tribunale di Kollam nella regione del Kerala, incaricato inizialmente delle indagini, ha emesso nei confronti dei due fucilieri della Marina. “La Corte suprema ha detto che lo Stato del Kerala non ha giurisdizione per procedere contro i due marò italiani ed il governo centrale di New Delhi, dovrà consultarsi col presidente della Corte suprema e formare una Corte speciale. Ma soprattutto, cosa che è evidentemente sfuggita a Terzi e al suo staff, chiarisce: “La Corte ha inoltre deciso che la questione della giurisdizione dovrà essere considerata dalla Corte speciale, che deciderà se i marò verranno processati in India o in Italia”.

Una Corte Speciale che non ha nulla a che fare con quelle di fascista memoria ma che invece è pratica d'uso comune in India per dirimere casi particolarmente complessi o di interesse nazionale; negli ultimi anni si è ricorso alla formazione di diverse Corti speciali per affrontare casi di terrorismo, corruzione, crimini contro le donne. In India sono viste come garanzia di autorevolezza e terzietà in un Paese dove la fiducia nelle altre istituzioni nazionali è ai minimi storici. Le autorità indiane ci stavano tendendo la mano, ma quando si tratta di divise i panni sporchi si devono sempre lavare in casa.

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