Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i...
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Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
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di Giovanni Gnazzi

La cosa triste è che hanno ragione entrambi, anche se solo in parte. Ha ragione Maria Elena Boschi quando si dice preoccupata dal fatto che Matteo Salvini incontri Marie Le Pen, "leader di un partito che tecnicamente si richiama al fascismo". E ha ragione il segretario della Lega quando definisce "allucinante" il fatto che la Boschi, una "Cappuccetto Rosso che ha paura del lupo", sia "quella che deve fare le riforme in Italia".

L'arguto scambio di battute ha avuto luogo domenica, in un rimpallo televisivo fra Skytg24 e Rai3, ed è una sintesi tragicamente efficace del livello raggiunto dal dibattito politico italiano. Basti pensare che tutto è iniziato con una domanda di Maria Latella alla Boschi sulle inquietanti foto senza velo di Salvini, immortalato a torso nudo sulla rivista Oggi.

Da una parte del ring c'è il ministro della Repubblica che condanna la memoria storica del fascismo. "E grazie - viene da pensare -  la Costituzione l'avrà letta". Casomai, è meno rassicurante che dica di farlo perché glielo "hanno insegnato" nella sua famiglia (i libri mai, eh?), ma forse la battuta si può ricondurre a quell'umorismo antartico che affligge una certa sinistra.

Dall'altra parte c'è il gelatinoso condottiero padano che ha buon gioco a liquidare l'avversaria paragonandola alla protagonista di una nota narrazione per bambini (in realtà, non c'è fiaba più sordida di Cappuccetto Rosso, ma quasi certamente Salvini lo ignora). E' una sparata volgare e facile. In fondo, stiamo parlando di un ministro donna giovane e attraente (qualità non sempre vantaggiosa in un Paese di trogloditi), che fin qui ha dato prova di avere la statura politica di un comodino, limitandosi a far risuonare dalla propria cavità orale il verbo renziano.

C'è un unico punto su cui questi due giganti dello Stato cadono entrambi in fallo, ovvero la rappresentazione di Matteo Salvini. E l'errore più grave è quello della Boschi, perché accredita il leghista di una struttura che non gli compete. E' vero, il Front National francese è un partito neofascista, per cui il discorso del ministro non è affatto campato in aria. Il problema è che la Boschi lo tira fuori perché pensa che agitare lo spauracchio del fascismo sia un modo per screditare l'avversario. E' un autogol tipico dei radical chic, una trappola in cui i sinistroidi snob cascano regolarmente da decenni.

Per quanto liberticida, contraddittorio, violento ed esecrabile, autentica tragedia del secolo passato, in Italia il Fascismo è stato qualcosa. Se non altro, un'ideologia totalitaria con una precisa idea dello Stato e della società, fornita di un complesso apparato istituzionale e simbolico che, fra le altre cose, puntava a irreggimentare la vita delle persone, a pervadere ogni aspetto della loro vita, compreso il modo stesso di articolare il pensiero.

Purtroppo nella nostra epoca il termine "Fascismo" ha perduto ogni connotazione storica e viene usato costantemente a sproposito. Con intenti goffamente denigratori, i sinistroidi bollano come fascista ogni manifestazione della destra più becera. Con due risultati, entrambi controproducenti.

Primo: ridimensionano nel sentire comune la vergogna del Ventennio, associandolo a personaggi-macchietta che sanno parlare alla pancia delle persone (Berlusconi e Grillo prima di Salvini). Secondo: anziché spaventare l'elettorato, in molti casi lo inducono a spostarsi verso gli stessi macchiettoni da cui lo vorrebbero distogliere: non sono poche le persone che si sentono rassicurate da riferimenti elementari a cui associano storie e tradizioni (spesso familiari). Chi non conosce almeno un genio che ragioni con il sistema binario degli imbecilli, qualcosa del tipo "meglio i fascisti dei comunisti, Stalin ha fatto più morti, si stava meglio quando si stava peggio"?

In realtà la Lega, come Forza Italia, non è mai stata fascista. Se la prende con gli stranieri, ma questo non basta per issare il vessillo littorio. Salvini ha rivitalizzato miracolosamente un movimento massacrato dal magna magna della prima dirigenza, e lo ha fatto sostituendo le parole d'ordine della tribù: non più "secessione", ma "no euro"; non più "Roma ladrona", ma "maledetta Bruxelles". Salvini raccatta i voti persi dagli altri parlando di cose che non conosce, facendo leva sullo stomaco più che sulle sinapsi. Tutto qui. Il Duce, per fortuna, non c'entra nulla, e nemmeno il sinistro e virile lupo di Cappuccetto Rosso. Almeno a giudicare dalle foto su Oggi.

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