Le immagini della parata militare cinese hanno ottenuto l’effetto desiderato da Xi, ovvero dimostrare la consistenza e l’efficacia del rafforzamento militare del Dragone e, nello stesso tempo, presentare la Cina come riferimento del nuovo mondo e punto di possibili mediazioni con l’ordine globale uscente. Nessuna dichiarazione bellicosa, anzi offerte di dialogo e di ricerca di soluzioni. Ma anche nessun indietreggiare sul percorso che porta al riconoscimento pieno della leadership internazionale per la Cina e tutti i paesi emergenti.
Vista da Washington e Bruxelles, la parata allarma. La maggiore paura dell’Occidente collettivo è stato il materializzarsi di progressi militari di Pechino e della saldatura politica dell’asse strategico con Mosca. Tanta dimostrazione di forza e la reiterata alleanza strategica con la Russia ha reso chiaro che per l’Occidente la teoria di Tucidide, di colpire l’avversario prima che esso diventi troppo forte per riuscire a colpirlo, è ormai irrealizzabile.
Vedere dispiegata la potenza militare cinese, con dispositivi in grado di azzerare la differenza strategica con gli USA e sapere come siano integrabili con la forza straordinaria del dispositivo militare della Russia ha reso evidente come l’Occidente, che doveva circondare, in realtà sia circondato.
La presenza di 4 delle prime sette potenze nucleari del mondo, di tre delle prime quattro economie del pianeta e dei tre maggiori indici demografici esistenti, tutti disobbedienti al sistema di regole dell’Occidente collettivo, ha fornito una immagine di forza straordinaria. Poco importa che la costruzione di queste alleanze siano state indotte soprattutto dalle politiche aggressive e provocatrici dell’Occidente. Com’è noto, spesso la causa contro un nemico comune ottiene maggiori adesioni che quella per la comune amicizia.
Il tentativo USA e UE di sganciare Pechino da Mosca nella scena ucraina non è mai decollato, mentre si registra l’impatto del nuovo gasdotto siberiano che permetterà l’erogazione di gas dalla Russia alla Cina. Con esso scompaiono le ultime illusioni di vedere Mosca e Pechino come distanti per l’attrattiva che i mercati occidentali esercitano sui prodotti cinesi. Invece si fa concreto il rischio che i flussi energetici verso Est pongano l’Europa in difficoltà di approvvigionamento.
La superiorità economica, tecnologia e militare anglosassone è cosa da tempo entrata in crisi e l’impero decadente è costretto a rivedere bruscamente i suoi indirizzi strategici, perché il ventennio di destabilizzazione planetaria sostenuto dall’idea neocons di esportazione su scala globale del monroismo è scaduto.
Del resto la perdita d’influenza dell’Occidente la si coglie sia dal sempre maggior indebitamento dell’economia statunitense (37.000 miliardi di Dollari, di fatto un debito impagabile), che ha generato 40 milioni di poveri solo negli USA e che è costretta a reperire liquidità attraverso la vendita ad interessi debitori altissimi e forse non liquidabili di titoli di Stato. Per questo si assiste a sempre maggiori flussi di capitali internazionali che si spostano da Ovest ad Est.
Cartoline dal Sud globale
Il vertice SCO e la parata di Pechino hanno evidenziato il consolidamento del blocco di Paesi che si battono per un mondo multipolare e che intende superare questa fase della storia umana caratterizzata dal dominio dell’impero a trazione anglosassone. C’è la consapevolezza di come la tendenza al rovesciamento sistemico sia ormai inevitabile e che si debba sancire l’uscita di scena di politiche arroganti e sanzionatorie, dell’utilizzo di parametri finanziari ormai non più corrispondenti alla realtà e alla fine del Dollaro quale unica divisa internazionale di riferimento, cosa che obbliga la comunità internazionale a finanziare l’economia statunitense mentre gli USA depredano le risorse globali.
In sostanza, si mette in discussione non solo l’impero occidentale a guida anglosassone, che ha prosperato nello scambio diseguale e nel saccheggio continuano ed estenuante delle risorse del Sud, ma anche l’eccezionalità degli Stati Uniti ed il loro potere decisionale e ricattatorio sia unilateralmente che in seno agli organismi internazionali di natura finanziaria, giuridica e ordinamentale.
L’isteria imperiale
I piani statunitensi per contrastare l’evoluzione economica e politica del Sud del mondo prevedevano di contenere l’economia cinese ad un limitato sviluppo nell’area asiatica ma senza respiro globale, sostanzialmente un gigantesco mercato per le merci statunitensi. Il rafforzamento e la sobillazione di Taiwan, oltre a permettere di saccheggiare l’industria dei semiconduttori necessari alla fabbricazione di ogni prodotto tecnologico USA, proponeva una Cina costretta ad accettare perfino una limitazione della sua sovranità, a certificarne le ridotte ambizioni.
Inoltre si cercava, tramite l’allargamento ad Est della NATO, una sconfitta militare di tipo strategico per la Russia, la sua frammentazione e successiva disintegrazione in diverse e ininfluenti mini-regioni. Si pensava così di sconfiggere Vladimir Putin, che dal suo arrivo al Cremlino aveva deciso di ricostruire la dignità perduta con Eltsin, a cominciare dall’utilizzo delle sue immense risorse di sottosuolo, del suo prestigio e influenza internazionale e dalla ricostruzione della sua forza nucleare anche attraverso l’aggiornamento della sua dottrina militare strategica.
Queste strategie NATO si sono rivelate due grossolani errori di valutazione e si trovano ora di fronte alla sconfitta in Ucraina e all’affermazione di organizzazioni regionali e globali guidate proprio da Russia e Cina. Un blocco che rappresenta i tre quinti dell’umanità e circa la metà del PIL globale e che dispone di ciò che chiede il pianeta e che l’Occidente non ha; risorse di terra, mare, suolo e sottosuolo, alimenti, acqua potabile ed energia, sistematizzati con una tecnologia d’avanguardia dal valore strategico superiore.
Sopravvive solo la capacità di corrompere la classe dirigente di alcuni piccoli paesi dell’Europa Orientale con l’obiettivo di trovare nuova carne da cannone per sfidare la Russia. Si continua a volere Mosca impegnata in conflitti permanenti ai suoi confini o comunque nella sua sfera d’influenza come ultimo, disperato tentativo di minarne crescita economica, immagine esterna e consenso interno. Invece, la presidenza BRICS così come quella di diverse associazioni per lo sviluppo economico, evidenziato un ruolo importante della Russia negli scenari geostrategici, dove Mosca è molto ben considerata.
I BRICS, come del resto lo SCO, sembrano possedere una capacità di conquista a sempre maggiori adesioni destinate alla costituzione di un blocco multipolare del Sud e dell’Est globale in netta contrapposizione al Nord liberista unipolare. Per contro lo sfaldamento dell’Unione Europea, suicidatasi per garantire la sopravvivenza della potenza USA, registra una scarsa attrattiva verso i paesi che non sono parte fondativa dell’Occidente collettivo.
Il cammino e i camminanti
Siamo di fronte ad una trasformazione globale che investe la produzione di beni e servizi, la capitalizzazione e le politiche gestionali e che si iscrive in un mutamento generale a carattere planetario. Il dislivello crescente tra l’impero decadente e i paesi emergenti è dato dal fatto che il capitalismo, centrale e periferico, non è più in grado di produrre nulla che sia necessario per la specie umana e per l’organizzazione dei suoi diversi modelli sociali e non è più in grado di influenzare l’intero mercato.
Viviamo un cambio epocale che si fonda sulla nuova rivoluzione tecnologica con il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale, sottolineata dall’entrata in scena dai sistemi di calcolo della matematica quantistica e dall’intelligenza artificiale. Questi cambiano in radice il rapporto tra uomo e lavoro, tra produzione e consumo, riscrivono le regole del processo di accumulazione originaria e quelle dell’organizzazione sociale possibile.
Siamo in presenza di un reset generale del sistema globale, che pone la necessità di affrontare il tema della creazione di lavoro e della ricchezza con una chiave distinta e distante da quella utilizzata finora, perchè l’innovazione tecnologica non è un fatto meramente scientifico-tecnico, ma un processo sociale di natura dinamica destinato a cambiare il rapporto tra uomo e natura. Quanto, cosa e come produrre è il nuovo quesito ontologico.
La strada unica per la sopravvivenza del genere umano è quella della ricerca di equilibrio nel rispetto dei reciproci interessi. Un negoziato globale che tenga presente le reciproche esigenze di sicurezza e il diritto all’accesso ai mercati utilizzando la divisa che si preferisce ed una nuova quotazione di quelle già esistenti non può essere considerato motivo di guerre. La dimensione multipolare dell’economia è la scialuppa di salvataggio di un sistema che affoga nelle sue ricette economiche e sociali e persino sotto il profilo etico e valoriale. Non si deve aver paura del cambiamento ma pensare a come governarlo: questa è la differenza tra un politica ottusa ed una lungimirante.
Se 52 paesi con un totale di 900 milioni di abitanti del Nord pensano di poter ancora imporsi sui 142 rimanenti, con una popolazione complessiva di 6,5 miliardi e un totale del 72% delle risorse disponibili, si va di corsa verso l’abisso. Servirebbe saggezza per guidare le navi nel mezzo della tempesta. Quella di bombardare chi è davanti, è l’idea peggiore. Quindi la più probabile.