Quella dell’attacco russo alla Polonia è una stupida false flag improvvisata. Siamo quasi al livello del volo dirottato di Von der Leyen. Che la Polonia abbia invocato l’articolo 4 dello Statuto della NATO per essere stata sorvolata da 19 droni artigianali, senza esplosivi e chiaramente inutili sia per compiti di sorveglianza che per un attacco, fa parte della commedia della “minaccia russa” con cui la russofobia polacca e baltica si autoalimenta. Si cerca con ogni mezzo lo scontro con Mosca e qualsiasi pretesto è valido.
Tutto sembra indicare un’operazione ucraina utile a dipingere la Russia come aggressore. Capire di chi siano i droni e perché siano entrati nei cieli polacchi non interessa. Del resto, consapevoli di dover contare a tutti i costi sull’appoggio della NATO per le loro campagne d’odio contro la Russia, baltici e polacchi inventano spesso rischi, aggressioni o allarmi capaci di portarli in primo piano e trasformarli da comprimari in protagonisti.
La verità è che Mosca non ha alcun bisogno di inviare droni per sorvegliare o colpire la Polonia ed è altamente improbabile che pensi di violare le difese di un Paese NATO con 19 droni. Con un dispositivo simile non si preoccuperebbe neanche San Marino.
Non si conoscono indagini per verificare i fatti, in ogni caso per dimostrare la veridicità della tesi che accusa Mosca: la Polonia cercava un casus belli e ha colto l’occasione per schierare 40.000 soldati alle sue frontiere con la Bielorussia e chiuderle.
A Bruxelles e ai suoi associati sembra oro colato. La fascinazione è la ragione di carriere politiche, accademiche e giornalistiche, di contratti editoriali, di esposizione, fama e flusso di denaro. Basti pensare a giornalisti, scrittori e accademici, molti dei quali sconosciuti fino al 2022 e tutti indistintamente portatori del verbo NATO, che da tre anni, in reti unificate e con giornali e radio all’unisono, riempiono di menzogne e censura qualsiasi narrazione sulla guerra. L’incuranza per le figuracce è data dal fatto che i media non provano a ricordargliele, come copione vuole.
Nell’epoca delle direttive di Bruxelles, a cui ogni commentatore aderisce con entusiasmo proporzionale allo stipendio, appare sempre “putiniano” porre due semplici domande: la Russia è ovviamente interessata ad approfondire le contraddizioni dell’Occidente, dunque perché dovrebbe provocare un Paese NATO, sanando così le divisioni tra Casa Bianca e Bruxelles? Inoltre: quale interesse avrebbe Mosca ad aumentare la tensione alle sue frontiere mentre cerca di riprendere il dialogo?
Per il circolo bellicista dell’UE è necessario convincere le rispettive opinioni pubbliche dell’urgenza di armarsi, anche se ciò significa distruggere la spesa sociale europea e condannare all’estrema povertà più dei 54 milioni di europei già poveri.
Perché questa voglia di guerra? Perché i fondi e le aziende belliche che controllano i governi e i media hanno scelto il settore militare come ambito di reinvestimento e di reset sistemico e i politici che da essi dipendono obbediscono. E il fatto che Mez venga da Black Rock e Macron dalla Banca Rothschild qualcosa vuol pur dire. Se si arrivasse a un contesto di guerra, sarebbero i fondi USA a guadagnarci e gli europei a morire. Se invece ci fosse solo una tensione massima, sarebbero comunque i signori della guerra a intascare 800 miliardi di euro, mentre gli europei si impoverirebbero ulteriormente. In entrambi gli scenari, due sole certezze: i mercanti di morte vinceranno e la fine dell’UE porterà con sé la fine dell’Europa.
Conigli volenterosi
Sembrano spavaldi e minacciosi i cosiddetti volontari agli ordini di Londra, ma è fumo. Sulla questione ucraina le cose sono già definite, soprattutto sul campo di battaglia: l’esercito ucraino è distrutto, il Paese fatto a pezzi e i territori dove Mosca voleva proteggere la popolazione russofona e nei quali non voleva la NATO sono sotto il suo controllo. Solo i propagandisti europei possono continuare a raccontare la favola della “eroica resistenza” ucraina, quando 7.200.000 persone sono fuggite in Europa e di queste 1.200.000 sono candidabili al reclutamento. Né resilienti, tantomeno resistenti.
Pertanto, parlare di ridimensionamento del piano russo grazie alla resistenza ucraina o al sostegno occidentale è ridicolo. È stata condotta una guerra non a caso denominata “Operazione Militare Speciale”, proprio perché in essa erano indicati i fini e gli obiettivi.
Come sa chi ha cercato di capire cosa volesse la Russia anziché censurarla per paura che esponesse le sue ragioni, il Cremlino non ha mai voluto una guerra distruttiva contro l’Ucraina: una popolazione in gran parte russofona, un Paese grande quanto la Francia e il livello delle operazioni militari lo hanno sempre escluso dai piani di Mosca. Diversamente, in meno di una settimana Kiev e il resto del Paese sarebbero diventati macerie. Se avesse voluto seguire l’esempio angloamericano delle guerre a Baghdad o Kabul, avrebbe potuto farlo senza problemi e se avesse voluto colpire a fondo avrebbe replicato quanto fatto ad Aleppo, in Siria. Non sarebbe stato possibile impedirlo se non con un intervento militare diretto della NATO che, comunque, non avrebbe garantito la salvezza di Kiev e avrebbe certamente scatenato la terza guerra mondiale, senza salvare nulla e nessuno.
Ma la sovrapposizione tra propaganda e realtà mantiene la UE con una verbosità bellicista tipica di chi non sa cosa sia una guerra, non ha idea di come farla e, ancor meno, di come pagarla. Pur di non riconoscere il suo fallimento si lanciano proclami per abituare i cittadini europei all’idea che l’UE sia già in guerra, ma la verità è che la guerra l’ha già fatta e persa. Se la speranza è promuoverne una convenzionale contro la Russia, si corre un grosso rischio; anche in una dimensione convenzionale l’esercito russo è più efficiente in combattimento della somma degli eserciti europei.
Ci sono poi le modifiche alla dottrina militare russa, che prevedono la possibilità di rispondere con armi nucleari anche a un attacco convenzionale, se considerato capace di mettere a rischio la sicurezza nazionale e l’integrità territoriale della Russia. È ovvio che un attacco di 27 Paesi più l’Ucraina alle frontiere russe verrebbe considerato una seria minaccia e porterebbe a una reazione di tipo convenzionale e nucleare, con Berlino, Varsavia, i Paesi baltici, Londra, Parigi e Roma come primi obiettivi.
La UE spera di avere il via libera da Trump affinché la guerra scoppi davvero, che sia convenzionale e che duri a lungo, opzione preferita dai grandi fondi dedicati alla produzione di armi e trasmessa alle figure di secondo piano che popolano gli schermi televisivi, dove si celebrano improbabili vertici in cui i presenti ricevono ordini in inglese via auricolare. L’ordine, per ora, è aumentare la tensione.
La UE dovrebbe rivedere quanto accaduto in questi tre anni. Kiev è stata dotata di ogni tipo possibile di armamenti, consiglieri militari, mercenari e sabotatori NATO. Più di 45 miliardi di euro sono finiti nelle tasche di Zelensky e le annunciate controffensive ucraine non si sono mai prodotte, perché schiacciate ancora prima di iniziare dalle truppe di Mosca.
Anche il mercato delle armi ha cambiato i verbi. Ogni prodotto occidentale – Abrams, SAMP/T, Leopard, Patriots - pubblicizzato come “invincibile” o “inarrestabile” - è stato fatto a pezzi dai russi. I quali hanno dimostrato che i loro prodotti sono migliori e costano un quarto di quelli occidentali. Cosa che, per l’industria bellica statunitense, francese, tedesca e italiana, non porta buone notizie, anzi.
Mosca non vuole continuare la guerra ma non ha neppure fretta di fermarla. Sa che in ogni epoca della storia, le guerre sono finite con negoziati. Ma sia Von der Leyen, sia Kallas, sia il sarcofago di Lisbona, Costa, con le loro ripetute dichiarazioni di guerra contro la Russia, si sono di fatto posti fuori da qualsiasi possibilità di aprire un tavolo con Mosca. Per questo anatemi e fatwe servono a impedire ogni dialogo. Bruciare i ponti è, appunto, una ricetta sicura per evitare che possano mai essere riattraversati. La pace è il peggiore degli incubi per Bruxelles e i suoi padroni occulti.