L’autorizzazione all’uso della forza militare concessa dal Congresso americano al presidente George W. Bush dopo l’11 settembre 2001 ha fornito il pretesto per oltre due decenni alla sua e alle successive amministrazioni per scatenare guerre o condurre attacchi mirati in Medio Oriente e in Africa che, molto spesso, nulla avevano a che fare con la “lotta al terrorismo” di matrice qaedista. Con il rapido avanzare del declino degli Stati Uniti e il conseguente disperato tentativo di conservare la loro influenza attraverso la forza militare, una misura simile è attualmente in discussione a Washington per consentire alla Casa Bianca di attaccare senza nessun fondamento legale letteralmente decine di altri paesi. In questa versione aggiornata della cosiddetta “AUMF” (Autorizzazione all’Uso della Forza Militare), che delega di fatto all’esecutivo un potere cruciale assegnato dalla Costituzione a quello legislativo, il fantasma da combattere sono ora i cartelli della droga, ovvero il “narco-terrorismo”.
Non c’è in realtà ancora nulla di certo né è dato sapere per il momento il dettaglio della proposta di legge presentata alla Camera dei Rappresentanti dal deputato repubblicano della Florida, Cory Mills. Il New York Times ha scritto nei giorni scorsi che la bozza è però in circolazione dalla settimana scorsa al Congresso e ne ha rivelato alcuni aspetti. Come per l’AUMF originaria, seguita agli attentati contro le Torri Gemelle, anche questa avrebbe contorni estremamente ampi, visto che non identifica obiettivi precisi né stabilisce limiti geografici. Si tratterebbe insomma di uno strumento che permetterebbe al presidente di dichiarare guerra o di utilizzare la forza militare contro chiunque egli stesso decida sia un “narco-terrorista” o fornisca appoggio di qualsiasi natura al narcotraffico.
Il Times ha citato il docente di Harvard, Jack Goldsmith, che ha definito i poteri che la proposta darebbe al presidente “insensatamente ampi”. Uno scenario agghiacciante che si aggiungerebbe a una realtà nella quale il vertice del potere esecutivo negli USA già impiega la forza militare virtualmente senza nessuna restrizione. Basti pensare, solo per citare gli esempi più recenti, ai bombardamenti illegali decisi unilateralmente da Trump, senza il consenso nemmeno a posteriori del Congresso, contro Yemen e Iran.
Sono in molti a credere che la nuova versione dell’AUMF, almeno nella prospettiva immediata, sia un provvedimento ad hoc richiesto dal presidente americano per attaccare il Venezuela. Le manovre dei militari USA contro il governo del presidente Maduro hanno fatto segnare una drammatica escalation nelle ultime settimane, con una mobilitazione quasi senza precedenti in preparazione di un’aggressione militare, di un’invasione o a sostegno dell’ennesima operazione di cambio di regime. La scusa del narcotraffico è facilmente smascherata dalla lunga storia di complotti ai danni del Venezuela a partire dall’elezione del presidente Chavez. L’ossessione americana per questo paese va evidentemente ricercata nelle sue enormi riserve petrolifere e nella scelta della sua leadership di percorrere la strada dell’indipendenza e della sovranità nazionale, nonché nelle solide relazioni instaurate con paesi come Cina, Russia e Iran.
Nel solo mese di settembre, Trump ha sostenuto di avere ordinato il bombardamento di tre imbarcazioni al largo del Venezuela che a suo dire erano operate da narcotrafficanti diretti negli Stati Uniti. Secondo alcune analisi, i filmati relativi ai tre episodi, diffusi dal governo americano, potrebbero essere stati creati con l’intelligenza artificiale. In ogni caso, le tesi della Casa Bianca per giustificare i tre raid sono state a dir poco ridicole, ma il risultato delle operazioni, se effettivamente avvenute, è di circa 17 assassini “extragiudiziari”, vale a dire totalmente illegali, che l’amministrazione repubblicana afferma invece essere stati obiettivi legittimi semplicemente perché il presidente ha dichiarato gli individui presenti sulle imbarcazioni “narco-terroristi”.
Nella proposta di legge del deputato Mills, come già accennato, l’uso della forza militare può essere autorizzato anche per colpire i soggetti o le entità statali che finanziano, appoggiano o danno protezione ai cartelli della droga o, più precisamente, quelli che il governo americano ritiene tali. Trump ha assurdamente designato Maduro come narcotrafficante e alla testa dell’inesistente “Cartello dei Soli”, così che, nel caso la nuova AUMF venisse approvata, avrebbe facoltà di rimuovere con la forza il legittimo presidente venezuelano.
Non soltanto il comportamento di Trump e la proposta di legge in discussione sono totalmente fuori da ogni logica e in violazione del diritto internazionale, ma si scontrano frontalmente anche con la realtà oggettiva dei fatti. Il Venezuela collabora attivamente ed efficacemente con gli organi sovranazionali preposti alla guerra al narcotraffico, come attesta anche il rapporto ONU del 2025 che come ogni anno fa il punto della situazione in questo ambito. Secondo tutti gli esperti del settore, la maggior parte delle coltivazioni di coca e l’esportazione di droga diretta negli USA riguardano piuttosto altri paesi latinoamericani, oggi o nel recente passato alleati strettissimi di Washington anche in quella che dovrebbe essere una guerra totale contro il narcotraffico, come Bolivia, Ecuador e Perù.
Sempre senza nessuna base nella realtà, Trump sostiene anche che la rotta caraibica è quella più utilizzata dai trafficanti per fare arrivare la droga in Nordamerica. Al contrario, circa l’80% delle sostanze illegali contrabbandate passa dalla costa del Pacifico oppure viaggia per via aerea. Ci sono poi elementi concreti che indicano come interessi legati alla famiglia del presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, siano coinvolti direttamente nel traffico di droga verso gli Stati Uniti. Nei confronti di quest’ultimo non ci sono tuttavia provvedimenti, visto che si sta dimostrando un vassallo fedele disposto ad assecondare la proiezione degli interessi americani in Sudamerica.
Su tutta la questione aleggia infine il finto segreto del narcotraffico internazionale, cioè che i governi americani pretendono a livello ufficiale di volere combattere ma contro il quale in realtà non fanno nulla di efficace. Le ragioni di ciò sono almeno due: lo sfruttamento di queste attività illegali per scopi politici in paesi su cui Washington ha messo gli occhi per ragioni economiche o strategiche e la quantità enorme di denaro riciclato che dal narcotraffico viene riversata nelle banche americane, fruttando a queste ultime profitti giganteschi. Tolto di mezzo il traffico di droga, gli Stati Uniti verrebbero privati di una delle giustificazioni per i loro interventi militari e diplomatici nei paesi soprattutto latinoamericani al fine di indirizzarne le rispettive politiche. Allo stesso modo, i giganti finanziari americani e non solo, la cui influenza sulla politica è abbastanza ovvia, perderebbero una fetta importante del loro giro d’affari.
L’amministrazione Trump vorrebbe quindi far credere non solo la barzelletta che intende combattere sul serio il traffico di droga, ma con questo pretesto anche autoassegnarsi il potere di uccidere chiunque essa sostenga essere coinvolto in queste attività e di muovere guerra o attaccare militarmente governi e politici che, ancora una volta, solo essa stessa definisce sostenitori dei cartelli, anche in assenza di prove o, addirittura, in presenza di prove che dimostrano esattamente il contrario.
La premessa alla bozza di AUMF presentata al Congresso era stata qualche mese fa la decisione di inserire i cartelli del narcotraffico nella lista delle “organizzazioni terroriste straniere”. In base a ciò, Trump aveva ad esempio designato come tali i cartelli messicani di Sinaloa e CJNG, alimentando così le voci di possibili operazioni militari in territorio messicano. La nuova legge in discussione potrebbe nel prossimo futuro allargare enormemente il raggio d’azione delle forze armate USA, visto che il carattere transnazionale che queste organizzazioni criminali hanno ormai assunto le porta a operare in molti paesi.
Secondo l’agenzia anti-droga americana (DEA), ad esempio, il cartello di Sinaloa è attivo in almeno 47 paesi – inclusa l’Italia – di quattro continenti. Nel complesso, secondo alcune stime, con la nuova AUMF Trump ed eventualmente i suoi successori avrebbero mano libera per attaccare oltre 60 paesi in tutto il mondo. Le implicazioni sono quindi sconvolgenti, se si pensa che gli Stati Uniti hanno già rappresentato, almeno negli ultimi due decenni, una forza destabilizzante e distruttrice sul piano internazionale. Ciò in buona parte proprio a causa della base pseudo-legale costituita dall’autorizzazione all’uso della forza militare approvata dal Congresso dopo l’11 settembre, sfruttata fino ad oggi per giustificare interventi in “appena” 22 paesi.