Le elezioni parlamentari di domenica prossima in Moldavia e l’autentico terrore dell’Europa per la possibile sconfitta del partito di governo, che ne proietta gli interessi nel paese ex sovietico, hanno fatto scattare un vero e proprio tsunami di disinformazione e una ferocissima caccia alle streghe contro le presunte interferenze russe. La Moldavia condivide più di 1.200 chilometri di confine con l’Ucraina e la sua regione “ribelle” orientale della Transnistria ospita un contingente militare di Mosca, più che mai fondamentale per impedire ritorsioni simili a quelle riservate dal regime golpista post-Maidan alle popolazioni russofone del Donbass a partire dal 2014. Questa realtà logistica, politica e strategica rende il paese un avamposto cruciale per l’Europa e, sia pure tra i tentennamenti di Trump, per gli Stati Uniti nella guerra in Ucraina e nel quadro delle provocazioni contro la Russia. Ragioni sufficienti, come dimostra l’esempio delle presidenziali rumene dello scorso anno, per prevedere che il democraticissimo Occidente non permetterà un risultato diverso dalla vittoria del presidente-fantoccio, Maia Sandu, e del suo partito europeista di Azione e Solidarietà (PAS).
Scorrendo articoli e “analisi” dedicate dai media ufficiali occidentali alle imminenti elezioni moldave si ricava l’impressione di essere in presenza di una campagna senza precedenti – “colossale” secondo un pezzo della testata online Politico – orchestrata dal Cremlino per assicurarsi la vittoria dei partiti filo-russi. L’accusa più gettonata è quella di avere comprato direttamente il voto di decine di migliaia di elettori. Secondo le cifre fornite dalle autorità locali, riportate da un commento dai toni isterici dell’editorialista di Bloomberg News Marc Champion, addirittura 130 mila moldavi avrebbero ricevuto denaro dalla Russia per votare a favore dei partiti di opposizione anti-europeisti. Vista un’affluenza media di solito pari a circa 1,5 milioni, se ciò fosse vero, si tratterebbe evidentemente di un numero forse determinante.
Un’altra tattica russa sarebbe l’immancabile diffusione di notizie false per screditare il governo, la presidente e i candidati del PAS. Prevedibilmente, ricorda ancora Champion su Bloomberg, i maggiori sforzi russi per influenzare l’esito delle elezioni avvengono tuttavia sui “social media” e sono perciò “molto più difficili da tracciare e contrastare”. Con una punta di cinismo si potrebbe controbattere che è difficile perché sono inesistenti oppure talmente diluiti e trascurabili da non incidere sulla campagna elettorale e sui risultati. Soprattutto, come per la distribuzione di denaro agli elettori per comprarne il voto e le altre modalità di interferenza, anche per le attività russe sui “social” bisogna soltanto credere ciecamente alla parola delle autorità moldave, non essendoci molti altri elementi a supporto delle loro affermazioni.
Su tutto ciò si potrebbe comunque anche sorvolare e accettare che Mosca si stia adoperando per favorire la vittoria di partiti che intendono riequilibrare gli orientamenti di politica estera della Moldavia, ristabilendo rapporti almeno normali con la Russia. Non c’è nulla di inedito né di scandaloso in questo, essendo pratica comune quasi ovunque nel mondo. Quello che rende totalmente assurde le denunce di media e governi europei è piuttosto che, mentre attaccano appunto il complotto russo, fingono di non vedere o rendono del tutto normali le operazioni occidentali in Moldavia, il cui attuale governo è letteralmente controllato (e finanziato) da Bruxelles e Washington, mentre gli elettori di questo paese sono inondati di propaganda per convincerli a votare nel modo corretto.
Ovviamente quello che fa l’Europa e gli Stati Uniti non conta come “interferenza” in un paese teoricamente sovrano, poiché si tratta presumibilmente di attività benefiche e disinteressate che non hanno alcun obiettivo politico. Mentre Mosca, secondo quanto sostengono le autorità di Chisinau, avrebbe stanziato una cifra imprecisata per comprare i voti dei moldavi, solo per citare alcuni numeri Washington ha versato più di 2,5 miliardi di dollari a favore della “società civile” moldava a partire dall’indipendenza di questo paese, sia tramite la famigerata USAID, le cui operazioni sono state in larga misura congelate dall’amministrazione Trump, sia attraverso altri canali.
Il flusso di denaro ha registrato, tutt’altro che casualmente, una certa accelerazione a partire dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022, con stanziamenti pari a quasi 950 milioni tra questa data e il settembre 2024. Finanziamenti destinati ufficialmente a sostenere organizzazioni “pro-democrazia” sono arrivati e arrivano anche dall’Europa, che non intende minimamente fare marcia indietro come l’attuale inquilino della Casa Bianca. Il “Piano di Crescita” a lungo termine per la Moldavia approvato dall’UE è di 1,9 miliardi di euro e 270 milioni sono già stati erogati lo scorso luglio. Bruxelles ha dato il via libera ad altri 18,9 milioni proprio all’inizio del mese di settembre, anche se ovviamente si rischierebbe di essere accusati di malafede se si ipotizzasse che sono correlati alle imminenti elezioni. È necessaria una smisurata dose di ingenuità per credere che questo fiume di denaro arrivi a Chisinau senza che nulla venga chiesto in cambio, ma i media “mainstream” occidentali vorrebbero apparentemente che i loro lettori lo credano senza farsi nessuna domanda.
Un altro aspetto singolare della campagna di propaganda in atto è rappresentato dalle ragioni che renderebbero essenziale un voto per il PAS, per l’Europa e per il futuro nel progetto comunitario della Moldavia. I politici di questo partito moldavo e i commentatori europei spiegano che in gioco ci sono, oltre appunto all’integrazione di questo paese impoverito nell’UE, i principi di libertà, democrazia e indipendenza. Fermo restando che è altamente dubbio che i cittadini moldavi possano soddisfare queste legittime aspirazioni precipitando il loro paese in un progetto fallimentare e sempre più anti-democratico come quello europeo, sono le stesse fonti ufficiali ad ammettere che il partito della presidente Sandu è sostanzialmente un soggetto politico screditato da anni di malgoverno.
Qui la narrativa si fa in realtà contraddittoria, poiché da un lato si riconoscono i fallimenti in ambito economico del governo guidato dal PAS e le sue chiare tendenze anti-democratiche, evidenziate in primo luogo dalla brutale repressione dell’opposizione politica tacciandola di filo-russismo, ma dall’altro l’erosione dei consensi che ha registrato dipenderebbe quasi esclusivamente dalla campagna di disinformazione russa. Mai nei pensieri della stampa occidentale passa il dubbio invece che gli elettori moldavi, o almeno una buona parte di essi, abbiano compreso che il progetto filo-europeista prevede cessione della sovranità, sofferenza economica e adeguamento forzato al modello unico ultra-liberista e finto-democratico. Inoltre, non è difficile comprendere per un cittadino moldavo, il quale conosce facilmente la sorte della vicina Ucraina, che procedere sulla strada delle provocazioni anti-russe e l’assecondare le mire strategiche europee in questa parte del continente rischia di portare il suo paese verso il baratro di una guerra a dir poco rovinosa.
Viste queste premesse, non è chiaro su quali basi l’elettorato moldavo dovrebbe rinnovare la fiducia al PAS, se non di una poco incoraggiante prospettiva di integrazione nel paradiso europeo, tant’è vero che il partito della presidente Sandu viene dato indietro nei sondaggi o, comunque, incapace di raggiungere una maggioranza assoluta in parlamento. Le preoccupazioni in Europa sono per questa ragione molto forti, visto che non ci sono ovvi potenziali partner di coalizione per consentire al PAS di formare un altro esecutivo. È però molto pesante il sospetto che Bruxelles non mollerà comunque la presa sulla Moldavia e c’è da aspettarsi quindi qualche “sorpresa” al momento dello spoglio dopo la chiusura delle urne.
In collaborazione con le classi politiche e le autorità elettorali indigene dei paesi in pericolo a causa delle scelte sbagliate dei loro elettori, l’Europa è già più volte intervenuta, oltre che con interferenze pre-elettorali, anche a seggi chiusi. Uno dei casi più recenti e sicuramente il più clamoroso è quello delle presidenziali in Romania dell’autunno 2024 con l’annullamento puro e semplice del voto dopo la vittoria a sorpresa del candidato “filo-russo” Calin Georgescu attraverso l’intervento dei tribunali e un’inventata campagna russa a suo favore organizzata sui social media.
Anche nella stessa Moldavia, le presidenziali dello scorso anno furono manipolate per assicurare a Maia Sandu un secondo mandato. Lo scarto minimo tra quest’ultima e il suo sfidante fu il risultato di un’operazione deliberata che limitò drasticamente la possibilità di votare della foltissima diaspora moldava in Russia, evidentemente orientata a preferire candidati meno ostili nei confronti di Mosca, mentre nessun problema burocratico o di altra natura fu posto agli espatriati in Europa e in America che volevano esprimere il loro voto, altrettanto prevedibilmente più favorevole alla presidente europeista.
Per il governo di Chisinau e i suoi sponsor occidentali, dunque, la Moldavia non può essere consegnata alle forze filo-russe, rigorosamente anti-democratiche o, nella sofisticata definizione offerta dal già citato articolo di Politico, “cleptocratiche”, che farebbero inevitabilmente del paese una base per le manovre destabilizzanti russe o per promuovere infiltrazioni nel sud dell’Ucraina. Molto meglio, di conseguenza, che la Moldavia resti una base operativa occidentale per alimentare il conflitto in Ucraina e le provocazioni contro Mosca. L’unico ostacolo resta l’opinione dei moldavi circa le conseguenze che queste ultime politiche, favorite da Sandu e dal PAS, avranno sul futuro del loro paese.