La costruzione del gasdotto Nord Stream 2 continua a essere una spina nel fianco degli Stati Uniti e di quegli ambienti di potere europei attestati su posizioni ferocemente anti-russe. Il progetto in fase di realizzazione nel Mar Baltico incrementerà in maniera sensibile il flusso di gas naturale dalla Russia alla Germania, limitando il transito attraverso paesi che hanno rapporti complicati con Mosca, a cominciare dall’Ucraina.

 

Il Nord Stream 2 è da tempo nelle mire americane, così come dell’Unione Europea, ufficialmente perché aggraverebbe la dipendenza energetica del vecchio continente dalla Russia e permetterebbe al Cremlino di aumentare la propria influenza oltre i confini occidentali.

 

Secondo Washington e Bruxelles, in definitiva, il Nord Stream 2 non sarebbe nell’interesse della Germania né dell’Europa nel suo insieme. A Berlino, tuttavia, il progetto continua a essere sostenuto in modo bipartisan, nonostante su un piano politico e strategico più ampio la classe dirigente tedesca risulti divisa in merito all’approccio da tenere nei confronti di Mosca.

 

 

Malgrado le posizioni di Stati Uniti e UE, entrambi hanno potuto finora fare ben poco per impedire la prosecuzione dei lavori, sia per la natura privata del progetto sia per il peso politico continentale e internazionale della Germania. Con l’intensificarsi delle tensioni con Mosca, però, soprattutto da Washington la campagna per fermare il Nord Stream 2 sembra avere ritrovato un qualche vigore.

 

Settimana scorsa un gruppo di 39 senatori americani di entrambi i partiti ha indirizzato una comunicazione al segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, per chiedere che l’amministrazione Trump prenda provvedimenti al fine di bloccare la costruzione del gasdotto.

 

I membri del Senato di Washington sollecitano a questo proposito l’utilizzo della legislazione approvata la scorsa estate dal Congresso – CAATSA (“Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act”) – che consente al governo di imporre sanzioni nell’ambito delle presunte interferenze russe nel processo elettorale americano. Tra le misure previste dalla legge c’è appunto la possibilità di applicare sanzioni punitive a compagnie private che partecipano a progetti energetici in Russia o con la partecipazione di compagnie russe.

 

Una mossa in questo senso risulterebbe particolarmente delicata anche alla luce del peso delle compagnie energetiche impegnate nel progetto con il colosso russo Gazprom, ovvero l’anglo-olandese Royal Dutch Shell, la francese Engie, l’austriaca OMV e le tedesche Uniper e Wintershall.

 

Allo spettro delle sanzioni grazie all’autorità del CAATSA hanno fatto riferimento questa settimana anche due rappresentanti del dipartimento di Stato americano. In una conferenza stampa a Washington, la portavoce Heather Nauert ha ribadito l’opposizione del suo governo al gasdotto Nord Stream 2, il cui completamento metterebbe in pericolo a suo dire la stabilità e la sicurezza energetica di tutto il continente, visto che consegnerebbe a Mosca “un altro strumento di pressione sui paesi europei”.

 

La portavoce del segretario di Stato USA ha fatto poi ricorso a una lunga perifrasi per minacciare l’imposizione di sanzioni contro le compagnie impegnate nella costruzione del Nord Stream 2, sia pure ostentando il rifiuto a esprimere commenti più precisi sull’eventuale decisione e le modalità dell’implementazione.

 

Più esplicita è apparsa la vice assistente al segretario di Stato per le questioni di “diplomazia energetica”, Sandra Oudkirk, nel corso di una visita a Bruxelles. Quest’ultima ha affermato senza equivoci che gli USA “si oppongono alla costruzione del Nord Stream 2”. In riferimento a questo e ad altri progetti simili, la diplomatica americana ha aggiunto che “qualsiasi compagnia operante nel settore dell’export energetico russo attraverso oleodotti o gasdotti deve fare i conti con un elevato rischio di sanzioni”.

 

La Oudkirk ha definito il Nord Stream 2 “una pessima idea dal punto di vista geopolitico”. Gli Stati Uniti non vedono infatti la Russia come “un fornitore particolarmente affidabile”, così che, peggiorando la dipendenza da Mosca, il gasdotto “aggiungerebbe un elemento di vulnerabilità” per l’Europa.

 

Le minacce americane sembrano essere una manovra per esercitare pressioni sull’Europa, dove, nonostante l’opposizione al Nord Stream 2, si continua a perseguire una linea più morbida in relazione al gasdotto. Tanto che lo scorso anno Bruxelles aveva ipotizzato ritorsioni contro gli USA se fossero state adottate sanzioni senza tenere conto degli interessi delle compagnie europee coinvolte nel progetto con Gazprom.

 

Alla chiamata di Washington hanno invece già risposto gli alleati più fedeli degli Stati Uniti in Europa. Governi e parlamenti di paesi attraversati dall’isteria anti-russa come Polonia, Ucraina, Estonia, Lettonia e Lituania hanno in vari modi espresso la loro decisa opposizione al progetto nel Mar Baltico, invitando l’UE e i singoli governi membri a muoversi per ostacolarne il completamento.

 

La questione della dipendenza energetica europea dalla Russia e della necessità di affidarsi ad altre fonti di approvvigionamento per gas e petrolio sembra essere il classico esempio di una tesi che acquista qualche attendibilità solo perché ripetuta fino alla nausea.

 

Per quanto riguarda la Germania, il Nord Stream 2 è in realtà un progetto a tutti gli effetti conveniente. Quest’opera facilita le importazioni di gas da un fornitore affidabile evitando rischi e tensioni connessi al transito sulla terra ferma in paesi esposti alle manovre destabilizzanti non russe ma occidentali, soprattutto americane. La dipendenza è dunque piuttosto una scelta commerciale e strategica ponderata, dovuta anche agli svantaggi e alle difficoltà delle fonti potenzialmente alternative.

 

Il costo del gas acquistato dalla Russia è poi nettamente più vantaggioso rispetto a quello che, nei piani di Washington, dovrebbe rimpiazzarlo. Dietro alle minacce del governo americano c’è infatti il tentativo di promuovere le esportazioni verso l’Europa di gas liquefatto americano (LNG), di fatto più costoso.

 

Un’idea, quest’ultima, che non ha nulla a che fare con gli interessi europei, ma che punta a consolidare quelli americani da questa parte dell’Atlantico. L’entrata in funzione del Nord Stream 2 rappresenterebbe d’altronde un grattacapo strategico per gli USA a causa di vari fattori. In primo luogo, indebolirebbe la campagna in atto per cercare di isolare la Russia, dando un forte impulso al superamento delle tensioni odierne e all’integrazione di questo paese con l’Europa.

 

I vantaggi economici per Mosca derivanti dal raddoppio delle esportazioni di gas verso la Germania compenserebbero inoltre almeno in parte anche gli effetti delle sanzioni americane. Su un piano strategico, l’aggiramento grazie al nuovo gasdotto di paesi di transito filo-americani come l’Ucraina ridurrebbe infine il peso di questi ultimi nelle vicende energetiche europee, con riflessi negativi sull’influenza degli Stati Uniti nel continente.

 

Forse ancora più che sullo scontro USA-Russia, quindi, la sorte del Nord Stream 2 sembra giocarsi sui rapporti transatlantici, chiaramente in fase calante sull’onda dell’acuirsi della competizione e delle rivalità internazionali provocate dalla crisi del capitalismo globale e degli orientamenti ultra-nazionalistici dell’amministrazione Trump.

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