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Nella sciagurata ipotesi che il professor Conte venisse nominato Presidente del Consiglio, ci troveremmo di fronte a un Premier che obbedisce al capetto di un partito (Di Maio), che a sua volta obbedisce ad un leader mediatico (Grillo), che a sua volta obbedisce al vero capo occulto (Casaleggio). Tale Premier dovrebbe governare con una squadra che non ha scelto, con un programma che non ha scritto e sorretto da una coalizione di cui non fa parte.

 

In estrema sintesi il quadro che ci si presenta è questo. Il dettato costituzionale, che prevede l’autorità e la responsabilità politica del Presidente del Consiglio sull’operato del governo e dei suoi ministri, risulterebbe decisamente ignorato.

 

Il professor Conte si presenta con un curriculum piuttosto contestato: non risulta aver frequentato a New York, nemmeno a Parigi e tanto meno in Austria, dove addirittura quella che cita è scuola di lingue da lui mai frequentata. Persino a Malta, altra tappa esibita della sua specializzazione, nessuno l’ha mai visto. Insomma il curriculum è molto taroccato e, più che a uno statista, lo fa somigliare ad un Oscar Giannino qualunque.

 

 

Come biglietto di presentazione, insomma, non c’è male; conferma la stravagante idea di correttezza e rigore scientifico che già aveva dimostrato di possedere quando offrì il suo sostegno al metodo Stamina, ovvero una truffa antiscientifica giustamente condannata dalla giustizia italiana, visto che - come il metodo Di Bella - era stata concepita senza nessuna evidenza scientifica ma per grattare fama e soldi dalla disperazione dei malati e delle loro famiglie.

 

Dunque di Conte sappiamo tre cose: dal punto di vista dell’esperienza politica è sotto lo zero; da quello della serietà professionale peggio, perché presenta curriculum addomesticati; da quello del rigore scientifico è ridicolo, perché sostenitore di cause da ciarlatani e imbroglioni. La domanda è dunque: come mai Di Maio e Salvini scelgono un tale personaggio? Non hanno niente di meglio per le mani?

 

Mattarella, ovviamente, non salta di felicità. Ricevere una lista ed un programma che giudica fortemente inadeguati lo pone nella condizione di dover scegliere come rapportarsi; se cioè esercitare una mera funzione notarile, inviandoli alle Camere per ottenere la fiducia o, invece, svolgere una funzione più interventista e ricordare a Salvini e Di Maio che la Costituzione prevede che sia il Presidente della Repubblica a nominare premier e ministri. Senza dunque volersi opporre alla compagine, potrebbe comunque premere su modifiche la cui portata è tutta da verificare.

 

E se i giornali si concentrano sull’adesione o meno al verbo rigorista di Bruxelles, c’è un altro problema non rimovibile che riguarda l’affidabilità della compagine e, soprattutto, del Premier e di alcuni ministri chiave (Difesa, Interni ed Esteri). Le informative coperte da NOS della Nato e i rapporti di intelligence sulla situazione interna e sullo scenario internazionale che vengono forniti al Premier non sono dossier che chiunque può leggere e tanto meno gestire. A questo proposito, consci del problema, Salvini e Di Maio hanno dovuto inserire Massolo agli Esteri, uomo che certamente garantisce i poteri forti, la diplomazia e l’intelligence in una fase a dir poco problematica, sia per quanto attiene alla lotta al terrorismo e la criminalità che per l’esame dei diversi scenari internazionali.

 

Al netto di qualunque valutazione nel merito dei provvedimenti, che dovrebbero caratterizzare la linea politica dell’Esecutivo (al momento il più rilevante risulta quello fascio-forcaiolo, che su immigrazione e giustizia prova ad adeguare l’Italia al modello Orban) pesa in maniera determinante un giudizio di assoluta inadeguatezza complessiva. Che si dà, per giunta, in un contesto di alterazione della volontà popolare, che non ha mai votato per un governo tra Lega e 5 Stelle e meno che mai per portare a Palazzo Chigi un totale sconosciuto senza particolari arti e mestieri se non quello di mitomane.

 

Mentre scriviamo alcune agenzie di stampa informano della possiilità che su Conte la coppia Salvini-Di Maio possa tornare indietro, visto che la partenza sbagliata non è il modo migliore di cominciare a correre. Ma che sia Conte o chiunque altro, il profilo politico di questa alleanza è comunque indigeribile.

 

La pregiudiziale antifascista ed antirazzista, autentica religione civile che deve rappresentare il minimo comune denominatore di ogni valutazione politica, impedisce infatti in principio qualunque benevolenza o anche solo la semplice accettazione di un governicchio come quello che si annuncia. Nel perseguire l’alleanza con la Lega di Salvini, il Movimento 5 stelle ha svelato la sua identità qualunquista con tendenze destrorse e si è posto al di fuori del quadro di forze politiche votabili.

 

Sarà bene ricordarlo alla prossima occasione, soprattutto a sinistra, dove c’è chi ha ritenuto, in buona fede, che uno scossone come quello grillino potesse giovare alla sconfitta di una classe politica che ha devastato il Paese con le sue ricette rigoriste, ad un allargamento della partecipazione democratica e ad un impedimento del ritorno al governo della destra. Affidare la missione ai grillini è stato un errore da non ripetere.