Il nuovo successo elettorale conquistato domenica scorsa assicura a Vladimir Putin un prevedibile quarto mandato alla guida della Russia che sarà segnato quasi certamente da crescenti tensioni internazionali attorno al ruolo del suo paese in alcune aree strategicamente cruciali del pianeta.

 

Il voto era stato preceduto da un’eccezionale campagna di discredito orchestrata dai governi occidentali, culminata negli ultimi giorni nelle accuse infondate rivolte a Mosca per l’avvelenamento dell’ex ufficiale dei servizi segreti militari, Sergei Skripal, e della figlia nella cittadina britannica di Salisbury.

 

Putin ha ottenuto più del 76% dei consensi in una competizione mai lontanamente in bilico. Le denunce di irregolarità e brogli diffusi, spesso rivolte in passato da più parti in Occidente alle operazioni di voto, sono state questa volta decisamente più contenute, lasciando spazio a critiche di altra natura: dal restringimento degli spazi del dibattito democratico agli ostacoli posti alle candidature indipendenti e di esponenti dell’opposizione, alla mancanza di reali alternative a causa delle tendenze repressive del regime di Putin.

 

 

L’assenza di alternative di orientamento progressista ha indubbiamente influito sulla nuova vittoria schiacciante del presidente russo, anche se, allo stato attuale delle cose, ci possono essere poche discussioni sul livello di consenso raccolto da Putin e sulla sua sostanziale popolarità, peraltro rafforzata dall’isteria anti-russa che sta dilagando in Occidente. Lo stesso livello di astensionismo relativamente elevato - attorno al 33% - è almeno in parte dovuto alla sensazione di inevitabilità della conferma di Putin, assieme alla scarsa considerazione per l’opposizione, soprattutto quella liberale promossa da media e politici occidentali.

 

Il candidato che ha ottenuto più consensi dopo Putin è stato quello del Partito Comunista (KPRF), Pavel Grudinin. Con poco meno del 12%, quest’ultimo ha fatto peggio di Gennady Zyuganov nel 2012, ma, considerando svariati fattori, il suo risultato indica comunque l’esistenza di un bacino elettorale potenzialmente consistente anche in Russia, non tanto per un soggetto nostalgico come il KPRF, quanto per politiche progressiste se non apertamente socialiste.

 

Grudinin, in ogni caso, è un uomo d’affari milionario accusato di custodire la sua fortuna in conti esteri più o meno legali. Allo stesso tempo, Grudinin non è nemmeno membro del Partito Comunista, mentre lo è stato del Partito Russia Unita del presidente Putin, con il quale aveva legami piuttosto stretti. Se il KPRF e, sia pure in fase calante, il partito ultra-nazionalista di Vladimir Zhirinovsky (6%) rappresentano ancora la gran parte dell’opposizione russa al governo di Putin, quella liberale filo-occidentale continua a essere una forza politica del tutto trascurabile.

 

I candidati assimilabili a questa galassia sono rimasti inchiodati complessivamente a un 4% che è di fatto lo stesso risultato fatto segnare sei anni fa. L’esponente dell’opposizione liberale che ha fatto meglio è stata la star televisiva Ksenia Sobchak, in grado comunque di ottenere un misero 1,66%. Assente forzato dal voto era invece il preferito dell’Occidente, Alexey Navalny, il cui appello al boicottaggio delle presidenziali è però caduto in larga misura nel vuoto.

 

Questi risultati confermano lo scarsissimo appeal tra gli elettori russi dell’opposizione liberale esaltata dai media europei e americani. Un discredito dovuto in primo luogo alla corretta identificazione dei politici che a essa fanno riferimento con le manovre esterne per indebolire e, possibilmente, rimuovere Putin dal potere, facendo tornare la Russia a uno stato di vassallaggio di fronte all’Occidente. Politici come Navalny, inoltre, hanno legami nemmeno troppo segreti con gli ambienti dell’estrema destra razzista e xenofoba, decisamente impopolari anche in Russia.

 

Nonostante l’incapacità dell’opposizione liberale di conquistarsi una base d’appoggio nel paese, all’interno dello stesso governo russo e delle élite economiche ci sono con ogni probabilità fazioni che auspicano una riconciliazione con l’Occidente, se necessario anche nei termini imposti da Washington.

 

Al di là dell’immagine di compattezza e stabilità proiettata da Putin, sono in molti a descrivere l’esistenza di forti tensioni al Cremlino, provocate soprattutto dallo scontro sempre più duro tra Mosca e l’Occidente, giocato ormai su vari fronti, dall’Europea orientale alla Siria fino alla vicenda Skripal.

 

Se la posizione di Putin appare tuttora solida, non è da escludere che esistano voci all’interno dell’apparato di governo che vedono con un certo favore addirittura un cambio di regime in senso filo-occidentale, anche se in prospettiva futura. A questo scopo potrebbero essere state promosse o tollerate, se non altro come tentativo di sondare il terreno, alcune candidature di opposizione, a cominciare da quella di Ksenia Sobchak.

 

Quest’ultima ha trovato d’altra parte un certo spazio durante la campagna elettorale anche sui media governativi, dimostrazione probabilmente di un certo sostegno raccolto negli ambienti di potere per alcune sue posizioni più morbide e concilianti rispetto a quelle avanzate da altri candidati ben visti dall’Occidente.

 

I media soprattutto americani e britannici hanno comunque coperto l’esito delle elezioni presidenziali russe dipingendo il successo di Putin come l’ennesima dimostrazione della totale mancanza di democrazia in questo paese. Slogan preconfezionati e pseudo-analisi politiche hanno prevalso nel raccontare l’appuntamento con le urne di domenica. Il voto avrebbe cioè confermato una realtà russa caratterizzata da una dittatura di fatto e da un esercizio elettorale sostanzialmente svuotato di significato.

 

Un’analisi, quest’ultima, che mai nemmeno lontanamente viene applicata, ad esempio, a un sistema politico dominato dai grandi interessi come quello americano, nel quale la scelta formalmente democratica di fronte agli elettori è limitata a due partiti che rappresentano altrettante fazioni di un complesso economico e militare lontano anni luce dalla stragrande maggioranza della popolazione.

 

La scontata conferma di Putin al Cremlino, oltre a spingere i propri rivali in Occidente ad aumentare le pressioni sulla Russia, determinerà sul piano internazionale una rinnovata offensiva da parte di Mosca sia sul fronte mediorientale per la difesa dell’alleato siriano sia su quello asiatico a favore della crescente integrazione economico-strategica con la Cina.

 

Il suo quarto mandato sarà dunque segnato da nuove instabilità e dai preparativi di guerra da parte dell’Occidente, con ripercussioni inevitabili su un fronte domestico già caratterizzato da tensioni che stridono con il quadro ufficiale di un paese quasi irrobustito dalle sanzioni subite negli anni seguiti al colpo di stato neo-fascista in Ucraina.

 

Se i dati sull’economia russa indicano una situazione complessiva tutt’altro che drammatica, le condizioni di vita di decine di milioni di persone appartenenti alle fasce più disagiate della popolazione sono decisamente peggiorate. I servizi pubblici e l’assistenza sociale sono inoltre in continua erosione, mentre il risentimento nei confronti di un sistema di potere percepito come irrimediabilmente corrotto è in netta crescita.

 

Significativa a questo proposito è stata la scelta di Putin di presentarsi alle elezioni come candidato formalmente indipendente e non espressione del suo Partito Russia Unita. La decisione era stata presentata come il tentativo di favorire un’ampia convergenza politica sulla candidatura di Putin.

 

In realtà, l’intento era quello di cercare di sganciare il presidente da un establishment screditato, ma anche di rispondere in qualche modo alla preferenza per il cambiamento, secondo alcuni sondaggi espressa per la prima volta nell’ultimo quarto di secolo dagli elettori rispetto al desiderio di stabilità del sistema politico russo.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy