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di Fabrizio Casari

Benitez e Del Neri festeggiano. Il primo, insieme allo straordinario Cesena, si trova già alla testa della classifica, come del resto ormai tradizione nerazzurra da cinque anni a questa parte. Il secondo vede forse la luce fuori dal tunnel. Che poi diventi ora una strada luminosa non è certo, ma i quattro gol con cui la Juventus ha battuto l’Udinese potrebbero segnare l’inizio di un altro campionato per i bianconeri. Intanto, la classifica racconta di una testa formata dai campioni d’Europa e della neo-promossa in serie A. Che ha nel suo monte stipendi un record di buona amministrazione e nel suo score ad oggi (3 partite, 2 vittorie, 1 pareggio, 3 gol fatti e la porta di Antonioli immacolata) un autentico miracolo.

L’Inter ha giocato una partita di notevole spessore a Palermo, battendo una squadra che da un anno e mezzo non perdeva in casa e che, come lo stesso tecnico spagnolo ha affermato, “difficilmente perderà ancora tra le mura di casa”. Grande controllo palla e, soprattutto un Eto’O straordinario (sei gol in sei partite ufficiali), che tiene il Biscione in alto in attesa che Milito (davvero irriconoscibile) ritrovi la via del gol. Intendiamoci: la vittoria dell’Inter si deve soprattutto ad alcune sue straordinarie individualità; Eto’o, certo, ma anche Julio Cesar, Lucio, Samuel e Stankovic (che ha sostituito al meglio Snejder), che hanno sopperito a carenze di gioco importanti ed alla scarsissima condizione di Chivu, Zanetti e Pandev.

Benitez deve lavorare ancora molto su se stesso, prima che sulla squadra e convincersi che cambiare tanto per cambiare non sempre è utile. L’Inter non pare adattarsi rapidamente alle idee del tecnico ex-Liverpool e la sofferenza nella linea dei centrocampisti - e quindi la fatica conseguente della difesa - fanno sì che la squadra non riesce a concludere una partita senza subire almeno un gol. Cosa alla quale l’Inter di Mourinho non aveva abituato. Ma comunque, miglioramenti si vedono e fino a che Eto’o segna, tutto va bene.

Esulta giustamente anche Del Neri, che ha espugnato Udine con ben quattro gol, impresa normalmente difficilissima per chiunque. La Juventus ha trovato gli acuti dei suoi migliori giocatori e l’Udinese è apparsa fin troppo molle per ostacolarla, soprattutto nella fase difensiva. La Juve di ieri a Udine è stata la migliore vista fino ad ora dall’inizio del campionato; magari non era difficile fare meglio, ma c’è comunque riuscita. Krasic e Quagliarella, oltre a Marchisio, sono sembrati gli interpreti migliori del gioco di Del Neri. Se sarà stata un’eccezione o, invece, il primo tratto del nuovo profilo juventino, lo vedremo già dal prossimo mercoledì. Ma intanto a Torino si respira e l’incubo di aver completamente sbagliato la campagna acquisti per qualche giorno viene ricacciato indietro.

La grande delusione, invece, è la Roma di Ranieri. Nessuna vittoria fino ad ora nelle gare ufficiali di campionato e coppe dall’inizio della stagione e, farsi raggiungere da un modesto Bologna dopo un doppio vantaggio, non è certo un segno di salute. Ranieri, invece di prendersela con i giornalisti (che si limitano a riportare quanto dicono i suoi giocatori, Totti per primo) dovrebbe intervenire con mano dura su alcuni giocatori, primo fra tutti Mexes, che appare assolutamente non in linea con la cifra tecnica di una squadra che ha, giustamente, ambizioni vincenti.

La situazione societaria, l’incertezza sui ruoli e le voci che si ascoltano sul futuro di alcuni dei suoi dirigenti tra i più in vista, non aumentano la serenità dell’ambiente. Ma dare la colpa a Ranieri per il ritardo di condizione in cui versano diversi giocatori (Mexes, Juan e Perrotta tra tutti) appare ingiusto. L’allenatore testaccino, professionista di valore indiscutibile, è semmai l’unico che, se supportato dalla società, può gradualmente imporre un livello di attenzione e di gioco che porti a risultati migliori.

Ancor più deludente é il Milan delle (ipotetiche) meraviglie. Il celebrato quartetto di fuoriclasse, sospinto dai media fin quasi a renderlo campione a tavolino, infatti, non riesce nemmeno a battere il Catania al Meazza riuscendo a pareggiare solo all’ultimo minuto della partita; se non fosse per il vecchio Inzaghi, tarantolato come sempre nonostante l’età non più verde, avrebbe subito un rovescio epocale. Puoi comprare Ibra, Robinho, divertirti con Ronaldinho, ma se non entra Inzaghi torni a Milanello con le ossa rotte. Si dice che il Milan di coppa e quello del campionato siano cosa completamente diversa, ma forse non è proprio così.

In Champions, infatti, il Milan ha trovato una squadra che non è certo all’apice del calcio europeo, ma che ha giocato a viso aperto; il Catania, invece, pur modesto, è squadra capace di rendere difficile giocare. Resta comunque il fatto che il chiacchierone Ibrahimovic non riesce ancora a fare la differenza. Il Milan è una squadra troppo sbilanciata: con il pallone tra i piedi, può colpire chiunque, ma quando la palla è sui piedi dei suoi avversari, i rossoneri ballano vistosamente. Il calcio, purtroppo per Allegri e Galliani, è fatto di due fasi: offensiva e difensiva. Eccellere in una e mostrare le lacune nell’altra, oltre a non produrre superiorità, spiega agli avversari come giocare.

Straordinario il successo della Lazio sulla Fiorentina nell'anticipo. Il Chievo si è fermato a Brescia. Un pari tra Parma e Genoa e tra Bari e Cagliari. La Samp, invece, nel posticipo, in due minuti alla fine della partita ha visto svanire il sogno della vetta della classifica. Hamsik e Cavani, i migliori talenti dei partenopei, sono quelli che hanno suonato la sveglia.