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di Fabrizio Casari

Il primo posto della Juventus in classifica, a un punto sopra il Milan, è il risultato finale di una giornata di campionato piuttosto movimentata. Iniziata con la sconfitta della Roma a Udine e con il pareggio stentato del Napoli sul campo dell’Atalanta, proseguita con la vittoria della Juventus contro la Lazio, quella del Palermo sulla Fiorentina e dell’Inter sul campo del Siena, conclusasi poi con il Milan che ha travolto il Chievo al Meazza. Ma non senza un po’ di cardiopalma, visto che Catania, Inter e Napoli hanno segnato i gol decisivi per il risultato all’ultimo minuto di gioco.

Una vittoria, quella della Juve sulla Lazio, costruita come al solito con una partita piena di fervore agonistico e sostanza tattica. La Lazio ha avuto benzina fino al 20 della ripresa e idee per pochi minuti, mentre la Juve non ha mai mollato né campo né iniziativa. La squadra di Conte, infatti, ad eccezione di Pirlo e Buffon non possiede fuoriclasse, né mostra una tecnica calcistica di prima classe, ma occupa benissimo il campo, corre per novanta minuti e aggredisce fisicamente con un pressing a tutto campo gli avversari.

Una squadra, insomma, figlia del calcio di Conte, tutto corsa e determinazione agonistica, senza fronzoli e senza altri schemi che non sia l’intelligenza calcistica di Pirlo e la forza di Marchisio. Certo, la solidità della coppia difensiva Bonucci-Chiellini e la capacità di allungare la squadra da parte di Pepe, Vucinic e Matri incidono complessivamente sul gioco bianconero, che utilizza bene le fasce nelle due fasi senza scoprire mai la verticale di centrocampo; ma è soprattutto la capacità di corsa e pressing insieme ad una mentalità guerriera che caratterizza la qualità dei bianconeri.

Quello dell’Olimpico è stato dunque un esame superato da parte dei bianconeri, che martedì saranno a Napoli per il recupero della partita non giocata con i partenopei causa allagamento; un’altra eventuale vittoria potrebbe rappresentare un ulteriore allungo di punti e prestigio per la compagine bianconera. Se, infatti, dovesse uscire con una vittoria dal San Paolo, la Juventus - che ha già battuto Milan, Inter e Lazio - legittimerebbe non solo il primato, ma anche le ambizioni di vittoria finale. Certo, mancano ancora decine e decine di punti alla fine del torneo e Lazio, Udinese e Napoli restano compagini di prima fascia, ma ad oggi è difficile pronosticare un tema diverso che non sia quello della lotta tra bianconeri e Milan per il campionato.

Come previsto, infatti, i rossoneri nel posticipo hanno fatto il loro e sono a un punto dalla Juve. Del resto il Milan contro il Chievo al Meazza poteva solo vincere. Dopo pochi minuti era già in vantaggio e si apprestava a scrivere il copione previsto, facilitato comunque da un pessimo Chievo e da una serie di rimpalli fortunati e la consueta generosità arbitrale sul rigore. Sono tre punti importanti quelli della squadra di Allegri per non perdere troppo terreno nei confronti  della Juventus, soprattutto se domani a Napoli la squadra di Conte dovesse vincere e si portasse a quattro punti sopra. Ma lo stato di forma straordinario del Milan ribadisce che sarà tra rossoneri e juventini la lotta per la vittoria del titolo. Chissà se sarà proprio l’ex Ibrahimovic a decidere la classifica finale...

Il gol di Castainos rilancia l’Inter che scavalca la Fiorentina: l'Udinese é partita difficile, ma un risultato positivo é necessario se vuole spostarsi nella zona alta della classifica. A Siena non è stata facile per i nerazzurri: la squadra di Sannino, tutta 4-4-2 e polmoni, difende in nove e attacca con cinque uomini e trovare varchi utili per attaccarla è difficile, soprattutto con i ritmi blandi dei nerazzurri. Che però non perdono mai il controllo della partita, tramite possesso palla (67%) e buona sistemazione in campo.

Parte del merito va assegnato a Ranieri, che ha scelto di far giocare gli ultimi dieci minuti a trazione anteriore, facendo uscire un centrocampista (Cambiasso) per una punta (Milito) che si aggiungeva così a Pazzini e Castanois. Il gol del ragazzo olandese, di pura rapidità e istinto, premia dunque i nerazzurri che erano scesi in campo senza Maicon, Lucio, Chivu, Snejider e Forlan. Assenze numerose e pesanti, verso cui nessuna squadra al mondo potrebbe reagire con sufficienza. Per questo i tre punti in trasferta valgono moltissimo per la rincorsa interista.

Desta poca sorpresa il risultato di Bergamo, dove il Napoli ha potuto pareggiare grazie al solito Cavani praticamente a tempo scaduto. Mazzarri ha utilizzato di nuovo il turnover, viste le fatiche accumulate contro il City e quelle che l’aspettano contro la Juve e, come sempre, turnover significa rinunciare alla vittoria. Ciononostante, nella prima mezz’ora di gioco è il Napoli ad impressionare e la superiorità tecnica dei napoletani sui bergamaschi è evidente;  ma nella ripresa la musica è cambiata e l’Atalanta ha giocato da provinciale pura, pressando a tutto campo e correndo veloce. Il Napoli ha sofferto e il suo ex, Denis, ha brillato. Il pareggio è arrivato e Mazzarri può dire di essersela cavata, mentre Colantuono ha confermato che la sua squadra è in grado di mettere alle corde chiunque quando gioca in casa.

A Udine é andato invece in onda un film già visto: l’Udinese non prende gol e batte tutti coloro che transitano per il suo campo. Stavolta è toccato alla Roma, che ha schierato la quattordicesima formazione in quindici partite. Appena c’è un passo avanti, arrivano due indietro. Luis Enrique, francamente, non convince: la squadra è priva d’identità, la difesa alla mercè di ogni attacco la storia del tutti all’attacco per novanta minuti è, appunto, storia buona per i giornalisti compiacenti. Non convincono nemmeno alcune scelte, come quella di rinunciare a Heinze nonostante l’infortunio di Burdisso e lo schierare, di nuovo, giocatori in ruoli che non gli appartengono.

Insomma, l’integralismo di Luis Enrique desta perplessità e le vittorie che vengono osannate sono in realtà conquistate contro le piccole, ma non appena sale il livello degli avversari, la Roma va sotto. A questo si aggiunge poi la rissa interna, dove Osvaldo sferra un pugno a Lamela e si guadagna dieci giorni di sospensione. Pare che il diverbio sia stato il prodotto di un mancato passaggio del giovane argentino a Osvaldo a Udine, ma l’episodio dimostra come il clima festoso che si legge e si sente sia molto diverso da quello che reale. Le incertezze tattiche, i ruoli invertiti e la precarietà generale stanno scoperchiando i nervi, sarà bene che Baldini intervenga prima che sia troppo tardi.

Montella, invece, che di Luis Enrique fu predecessore, all’ultimo momento beffa il Lecce e raccoglie i tre punti. Pareggio tra Cagliari e Bologna (con Ballardini che stavolta non protesta, visto il gentile regalo dell’arbitro) mentre il Novara torna a vincere battendo il Parma e il Cesena sconfigge il Genoa. Amaro, invece, il ritorno di Delio Rossi a Palermo, dove la Fiorentina perde due a zero e non da mai l’impressione di poter cambiare il risultato. Il Palermo di Mangia conferma ancora una volta come la sua squadra sia molle in trasferta quanto micidiale in casa. Il fattore campo è poco importante solo per i commentatori.