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di Fabrizio Casari

E’ durato lo spazio di poche ore il primato del Milan. La vittoria schiacciante della Juventus a Cesena e dell’Udinese sull’Inter hanno riportato l’ordine delle prime alla settimana precedente. A Genova, dove il Milan ha vinto per due a zero contro il Genoa, il fumo dei lacrimogeni è stata l’unica cosa poco chiara del match, dal momento che sarebbe servita ben altra squadra per rendere incerto un risultato scontato. I rossoneri hanno fatto il minimo sindacale e la difficoltà più grande è stata quella di trovare il modo di scardinare la retroguardia rossoblù. Una volta risolto il problema, non c’è stata storia. Il Milan, del resto, costruisce gioco e finalizza come pochi e i 13 gol in 15 partite giocate segnati da Ibrahimovic, non spiegano perché tante manovre intorno a Tevez. Perché se pure Ibra fa vincere solo in Italia, Tevez non potrà giocare in Champions, quindi l’affare sarebbe tale solo per il City che si toglierebbe una rogna non da poco.

La Juventus ha schiacciato il Cesena, come previsto. Il risultato poteva essere più largo, vista la partita, ma avrebbe dovuto essere più stretto, visto l’arbitro, che ha pensato di porre la sua personalissima firma sul rigore inventato a favore della Juve. Non ce n’era bisogno ma, come tutti i regali, arrivano inaspettati. Resta comunque il fatto che la squadra di Conte continua a offrire prestazioni ad alta velocità e a scrollarsi dalle spalle tutti gli avversari.

Un altro regalo, pur se meno evidente, è stato gentilmente offerto alla Fiorentina. Un pacco doppio, che ha comportato un rigore con relativo vantaggio dei viola e l’espulsione di Juan, unico vero difensore di razza della Roma. Ha perso seccamente la squadra di Luis Enrique, che è rimasta in otto a giocarsi gli ultimi minuti. Ma la partita della Roma è stata comunque al di sotto della sufficienza, mentre la Fiorentina comincia a vedere sul campo quanto pesi la mano di Delio Rossi. I giallorossi sembrano essersi persi, vittime di confusione tattica e scarso equilibrio in campo. Quando i terzini si chiamano Cicinho e Taddei, significa che i centrali e il portiere dovrebbero chiamarsi tutti Superman per non farsi superare dagli attaccanti. Qualcuno dirà che si é sentita la mancanza di Osvaldo, ma la verità é che si sente la mancanza di logica.

Il calcio, alla fine, non é così esposto a creatività prive di raziocinio. Ci sono due fasi, tre zone e due fasce, non c'é molto da inventare che non sia già stato messo in mostra. Contano gli attori e il regista per fare un buon film, ma se non c'é un copione, se il regista non sa come inquadrare e non sa cosa chiedere alla recitazione, é difficile che gli attori diventino protagonisti. La panchina di Luis Enrique sembra non sia in discussione, ma è difficile pensare che ulteriori rovesci lascino le cose come stanno. Tra tensioni interne e prestazioni sul campo, la Roma sta affrontando la sua vera prima crisi della nuova gestione. Totti, sia in campo sia nello spogliatoio, manca molto più di quello che società e allenatore pensavano.

La sconfitta dell’Inter a Milano, contro l’Udinese, racconta invece cose già risapute ma sulle quali ci si deve soffermare. Non ci sarebbe niente di strano a perdere contro l’Udinese, che è una squadra di assoluto valore: velocissima, con tecnica individuale e di gruppo, con contropiedisti micidiali e polmoni senza fine. Non è un caso che si trova seconda in classifica. Ma la sconfitta dell’Inter è grave per quello che ha evidenziato. Una squadra senza gioco, a ritmi da dopolavoro estivo, con una confusione tattica che Ranieri ha ulteriormente incrementato con le sostituzioni sbagliate, rendendo la squadra più esposta al vigore fisico dei friuliani e priva di equilibrio.

Né Coutinho, né Castagnois, né Obi cambiano una squadra, ma con loro almeno corre, con le vecchie glorie cammina. L’Inter è esaurita: tra giocatori troppo sopravvalutati nel presente (Alvarez) e grandi campioni ormai solo del passato, le sue punte sono visibilmente fuori forma (Zarate e Pazzini) o ormai letteralmente bollite (Milito). A questo si aggiungono le assenze di Maicon, Snejder e Lucio (oltre a Forlan) che sono proprio i motori della costruzione del gioco e della sua finalizzazione. Il rientro degli infortunati, va detto, non è poi detto sia sufficiente, vista la capacità dell’Inter di riproporre infortuni a catena.

Ranieri doveva normalizzare, ma non riesce a trovare la forza di fare a meno delle vecchie glorie e tantomeno a dare un gioco, che del resto non è mai stato il suo forte. Troppo preoccupato di sistemare la squadra in funzione degli avversari, non vede che la sua squadra sa giocare solo con il modulo proposto da Mourinho e alterna moduli che generano confusione e incertezza. Il primo errore è quello di non capire che Thiago Motta tra il centrocampo e le punte è straordinariamente efficace, mentre davanti alla difesa è controproducente, rallentando ogni manovra e non filtrando come dovrebbe. Ma in generale, dovrebbe avere la forza di puntare sui giovani con tre o quattro “storici” in affiancamento, se non altro perché comincerebbe a delinearsi il primo embrione di futuro e consentirebbe alla società di capire su quali giovani puntare e su quali no.

Visto che ora i nerazzurri si trovano a pari punti con il Bologna, appena sopra la zona retrocessione, sarà bene che Ranieri cominci a tacere sui possibili obiettivi. Difficile pensare anche alle prime cinque posizioni senza che corra immediatamente ai ripari sul mercato di Gennaio, ammesso che troverà le risorse economiche per farlo. Servirebbero sei o sette acquisti dei quali almeno tre top player per rifondare una squadra gloriosa ma finita. Viste le difficoltà economiche e visto che il prossimo anno l’Inter difficilmente disputerà la Champions, piove sul bagnato.

Il Caglari sbanca Catania e tra Chievo e Atalanta si assiste ad una gara tutta fisica che finisce in parità. Il Napoli ha ripreso a correre e ha sistemato la pratica Lecce con una quaterna e Mazzarri festeggia la sua centesima vittoria in serie A. Cavani, più di chiunque altro, determina i risultati dei partenopei, che comunque non sembrano in spolvero. Mercoledì dovranno vedersela con il Villareal per superare la qualificazione in Champions e arrivare alla sosta natalizia sperando di rosicchiare almeno tre punti alle prime tre. Due obiettivi tutt'altro che semplici.