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di Fabrizio Casari

Sorpasso della Juventus sul Milan in testa alla classifica. Battendo un Palermo imbottito di riserve, la squadra di Conte si porta in vetta e mette i rosssoneri al secondo posto, sia pure per un solo punto. Solo due partite prima il Milan conduceva con quattro punti di vantaggio, ma la Juve sembra davvero aver innescato la marcia decisiva. Ci sono ancora oltre venti punti a disposizione per chiudere la stagione, e dunque sarebbe oltremodo prematuro disegnare scenari da ora; però la supremazia della Juventus appare al momento evidente, sia sotto l’aspetto fisico che psicologico.

Della vittoria juventina contro il Palermo, francamente, nessuno dubitava, ma la sconfitta pomeridiana del Milan ha certamente offerto un ulteriore serbatoio di motivazioni ai bianconeri, che non hanno mai rischiato di farsi soffiare il match. E ora i ragazzi di Conte si trovano nella felice condizione di non dover pensare a nessun altro che non a se stessi per arrivare a vincere il campionato.

Nonostante il solito regalo dal dischetto, il Milan chiude così la settimana nera della sua stagione, cominciata con l’eliminazione dalla Champions e culminata con la perdita del primato in classifica, grazie alla sconfitta casalinga subita ad opera della Fiorentina di Delio Rossi che tutto si sarebbe aspettato meno che di dover vincere a San Siro. Curioso che il gol decisivo per la sconfitta della squadra di allegri sia arrivato proprio da Amauri, finito ai Viola dopo il peregrinare a Parma, cacciato in malo modo dalla Juve, per i destini della quale è stato più utile ieri indossando la maglia della Fiorentina che nel tempo passato a Torino.

Poche ore prima della sconfitta casalinga, intendendo reagire all’eliminazione della Champions, Berlusconi aveva avvertito/minacciato che d’ora in avanti si sarebbe occupato molto di più del suo Milan. Il battesimo di questa nuova fase berlusconiana somiglia molto all’addio dalla scena politica, con l’abissale distanza tra gli effetti desiderati e quelli realizzati; ma l’avvertimento sembra evidentemente diretto a Galliani ed Allegri, con il primo sotto accusa per le mancate vittorie e il secondo con il piede già oltre l’uscio di Milanello. Sarò proprio la fase finale del campionato a decidere della sorte di Galliani, mentre per Allegri il finale è già scritto, quale che sia l’esito del torneo.

Una Lazio straordinaria vince a Roma contro il Napoli. Il gol stupendo di Mauri è l’immagine di una partita pur sufficientemente equilibrata sul piano del gioco, ma dove la squadra di Reja si è dimostrata letale nelle occasioni avute, mentre quella di Mazzarri è parsa non all’altezza delle possibilità.

Probabilmente privata di un rigore su Pandev, pure in possesso del pallino del gioco, soprattutto nel primo tempo, la squadra napoletana è sembrata poco lucida negli ultimi venti metri e nel secondo tempo ha decisamente abbassato il livello e il ritmo delle giocate, permettendo alla Lazio di concretizzare le occasioni avute.

Sarebbe stato contento Chinaglia di vedere la sua mai dimenticata ex-squadra disputare una prova di autorità all’Olimpico. Le polemiche in punta di spillo tra De Laurentis e Mazzarri negli ultimi giorni fanno intravvedere un clima non eccezionale nello spogliatoio partenopeo e, dopo la caduta di ieri e quella con la Juventus, ci sarebbe bisogno di unità interna più che di scaricabarile, se non si vuole rinunciare anzitempo all’obiettivo della Champions per il prossimo anno.

Notizie diverse sull’altra sponda del tevere, dove la Roma prende l’ennesima sberla. I quattro gol subiti a Lecce raccontano bene l’andamento della partita per una squadra che ormai ha abituato a perderne una su due. Luis Enrique, sul conto del quale erano girate voci di dimissioni, va avanti (si fa per dire..) sulla sua strada, ripensamenti di modulo e schemi non sembrano all’ordine del giorno, nonostante fantasmagorici progetti si squadra vincente e capace di portare i bilanci in attivo. Resta comunque nella zona alta della classifica,ma se i punti rimpianti fossero attivi, sarebbe prima in classifica.

L’Inter pareggia con il Cagliari sul campo neutro di Trieste, mostrando ancora una volta dei limiti tecnici ed atletici che nemmeno Stramaccioni pare essere in grado di superare. Squadra lenta, lentissima, con i giocatori fermi ad attendere che il pallone gli arrivi tra i piedi mentre gli avversari pressano e accorciano. Stramaccioni sembrava potesse dare più fiducia ai giovani, ma la squadra messa in campo aveva nel solo Guarin i nuovi arrivi, giacché Ranocchia era in campo solo per la squalifica di Lucio.

Ma evidentemente il peso dei senatori nello spogliatoio è ancora forte e fino a che matematicamente sembrerà possibile raggiungere il terzo posto (solo un miracolo potrebbe permetterlo) sarà difficile che Stramaccioni possa effettivamente promuovere i giovani e far riposare gli anziani.

Fatto sta che giocare con Forlan significa giocare in dieci e Chivu e Ranocchia insieme sono la somma di come due centrali difensivi non dovrebbero mai giocare. Conosciuti i limiti di Zarate, pure volenteroso, restano solo un grande Milito, un discreto Cambiasso e un sufficiente Stankovic. Ma un centrocampo con Guarin, Poli e Obi avrebbe certamente retto meglio all’agonismo dei sardi, ben messi in campo e con quattro-cinque giocatori (Agazzi, Pinilla, Naingolan, Cossu e Daniele Conti) che meriterebbero palcoscenici migliori di quelli offerti dal loro presidente-macchietta.

L’Udinese torna alla vittoria dopo cinque turni e si propone con decisione per il terzo posto, che vedrà nella Lazio l’avversario più temibile. I friuliani dovranno far visita alla Roma, mentre gli aquilotti andranno a trovare la Juventus. Il compito della Lazio sulla carta è quello più difficile, anche per questo la vittoria di ieri potrebbe risultare determinante per Guidolin e i suoi ragazzi. Ma questo campionato, nella sua bruttezza oggettiva, ha se non altro il pregio di smentire tutti i pronostici.