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di Fabrizio Casari

Solo la Juventus approfitta della battuta d’arresto delle milanesi e del Napoli, confermandosi al primo posto solitario in classifica. A leggere quanto succede nei campi, pur premettendo che siamo solo alle prime quattro partite, appare chiaro che saranno i bianconeri e il Napoli che potranno disegnare il duello per la vittoria finale, con Fiorentina e Lazio nel ruolo delle incognite e la Sampdoria in quello della sorpresa. La Roma incasserà probabilmente il 3 a 0 a tavolino come risultato dell’idiozia di Cellino, e la Lazio ha conosciuto una prima battuta d’arresto. Non si può però non notare come, eccezion fatta per la Juventus, tutte le squadre che hanno giocato le coppe hanno sofferto: Questo non è un caso: attiene alla preparazione atletica da un lato e alle rose non all’altezza dall’altro. L’eccezione, appunto, è la Juventus, che ha dalla sua un gioco a memoria, una rosa di assoluto valore e una preparazione atletica superiore alle altre.

Ciononostante, fatti i dovuti onori ai bianconeri, è chiaro che quando una squadra come il Milan, la più titolata d’Italia e tra le prime al mondo, si trova provvisoriamente in zona retrocessione, qualcosa di poco ordinario sta accadendo nel calcio italiano. La caduta rovinosa dei rossoneri e quella solo in parte meno dolorosa dell’Inter, disegnano la crisi del calcio milanese. E dal momento che non meritano spazio le idiozie circa la maledizione del Meazza, è meglio concentrarsi su cause e vie d’uscita a questa inedita situazione.

Ambedue le crisi nascono con un problema a monte: quello del ridimensionamento economico in vista del fair play finanziario in vigore dal prossimo anno. E’ evidente che tocchi loro più di chiunque altra squadra, giacché proprio le milanesi hanno investito di più negli ultimi dieci anni e, non per caso, hanno vinto di più. E’ dunque inevitabile che la cura per il risanamento finanziario sia più violenta e di maggior impatto: passare da Ibrahimovic a Pazzini o da Maicon a Jonathan rende abbastanza l’idea della declassificazione.

Il secondo problema riguarda i due allenatori, non in grado ancora di resettare i loro credo calcistici alla rosa di cui dispongono. Problema per Allegri ancor più difficile da risolvere, perché lo schema Allegri era “palla a Ibra e vediamo”, schema irriproducibile, quindi, in assenza di Ibra. Acquistare Pazzini significa dotarsi di un attaccante letale se la sua squadra gioca con quattro laterali che vanno a sovrapporsi nella ricerca dei cross dal fondo; pensare di dialogare palla a terra e imbucare per le vie centrali, significa invece mettere Pazzini in condizione di guardare la partita degli altri.

E non si può continuare a rifondere le proprie speranze nel rientro del lungodegente Pato. Semmai è al mercato di gennaio che si deve guardare: l’uscita di giocatori che lo scorso anno facevano girare il pallone - Van Bommel e Seedorf, ad esempio - non può essere tamponata da un incontrista puro e nemmeno particolarmente efficace come De Jong. A questo si aggiunge una tenuta atletica decisamente inferiore alla bisogna e una difesa che ai tifosi del Milan deve apparire come un museo degli orrori ripensando a quella con Thiago Silva e Nesta. Il clima di scontro verbale e di fiducia a tempo non è comunque utile ad uscire dalla crisi e Inzaghi farebbe bene a starsene in un cantuccio; la vendetta è un piatto che si gusta freddo.

Per Stramaccioni, invece, si tratta di comprendere come mandare in campo una squadra con tre giocatori che fanno solo una delle due fasi, non sia possibile per nessuno. Il problema non sono il numero delle punte (Mourinho ne teneva tre o quattro quando voleva (Eto’o, Milito, Pandev e Snejider) ma due di loro, di fatto, facevano i cursori di fascia e coprivano oltre che attaccare, dando equilibrio al centrocampo che poteva concentrarsi nella zona centrale con Motta, Cambiasso e Zanetti che erano una linea di difesa e ripartenza straordinaria, grazie alla quale la difesa era protetta e le punte erano servite per il contropiede.

Così come Allegri non ha più Ibra e Thiago Silva, Stramaccioni non dispone di quei campioni, quindi ammassare figurine in campo è inutile quando non controproducente. Così come non serve dare colpe alla difesa, che subisce ogni scorribanda causa assenza del filtro a centrocampo e sembra colpevole anche quando non lo è del tutto.

Serve invece l’equilibrio tattico, che è cosa che ha molto a che vedere con la ripartizione dei compiti e poco con le rigidità degli schemi. L’Inter gioca malissimo quando non ha la palla e gioca male quando ce l’ha; attacca senza allargarsi (il Siena schierava otto giocatori in area: come si pensava di poter passare per le vie centrali e palla a terra?) e viene imbucata sulle fasce e al centro causa assenza di filtro e inferiorità numerica. Stramaccioni dovrà poi capire come mai il giocatore dell’Inter arriva quasi sempre sul pallone dopo il suo avversario: la tenuta atletica è al di sotto del necessario e a questo, almeno, non c’è rimedio fino a Natale.

Meglio chiudere in allegria pensando a Zamparini e Cellino. Il primo chiama Gasperini che non ci pensa un attimo a perdere e il secondo dimostra come l’idiozia non migliora con il denaro. Quando un Presidente sfida istituzioni, tifosi e buon senso, convocando il pubblico allo stadio benché inagibile, bisognerà che qualcuno convochi lui presso un Centro d’Igiene mentale più che in Federcalcio.