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di Fabrizio Casari

Non fosse che il campionato è ancora alla metà del girone d’andata, le partite del turno appena giocato, con Juve, Lazio e Inter vittoriose, sembrano in qualche modo rappresentare dei verdetti più che dei risultati. Il primo, inappellabile al momento, è che la Juventus è campione in carica e tale resterà. Troppo forte la compagine allenata da Conte per le altre o troppo incomplete le altre per starle dietro è materia di discussione, ma la certezza la offrono i risultati.

La squadra gira e quando alcuni trovano una giornata storta, una panchina di primordine diventa la soluzione. Il risultato di Torino è giusto, non tanto perché il Napoli non abbia profuso l’impegno necessario, ma proprio per la differenza tra le due panchine. La scarsa vena di Hamsick, factotum dei biancocelesti, è stata la chiave della sconfitta del Napoli. Doveva limitare Pirlo e inserirsi negli spazi delle ripartenze napoletane, ma non è riuscito a fare né l’una né l’altra cosa.

Si è vista in campo una sostanziale differenza tra le due squadre: la Juventus è squadra corale, capace di ridurre al minimo l’eventuale  mancanza di forma di alcuni dei suoi, mentre il Napoli è squadra più legata alle performances di due o tre giocatori - Hamsick e Cavani soprattutto - ed è quindi destinata a soffrire se alcuni di loro giocano sotto tono. La differenza tra le panchine, volendo, può essere riassunta così: la Juve entra in campo in undici ma gioca in quattordici grazie alla sua panchina. Il Napoli entra in campo in undici e senza i due straordinari solisti gioca in nove, non avendo in panca giocatori capaci dì inserirsi e di supplire ai compiti non svolti da loro. Il fatto che poi, come sabato scorso, la fortuna gli venga in soccorso, è un altro elemento da considerare, ma a patto di ricordarsi che la fortuna arriva solo a chi la merita.

Detto della vittoria juventina, l’altro risultato importante è la vittoria della Lazio sul Milan, che sancisce un risultato per la Lazio e un verdetto per il Milan. La partita, mai in discussione, ha visto il predominio netto dei laziali, capaci di fisicità e tecnica combinate, risultato di un lavoro di ristrutturazione che Petkovic ha cesellato come un architetto di grido, inserendo al tessuto della squadra allenata da Reja una disponibilità ad affrontare gli avversari in campo aperto grazie ad una mentalità decisamente più offensiva. Ha un’organizzazione collettiva che copre sufficientemente la scarsa cifra tecnica di alcuni suoi giocatori.

A questa, però, contribuisce anche la straordinaria forma di Klose, capace di mettere in porta ogni pallone ma, al contempo, di partecipare attivamente alla manovra offensiva al punto di divenirne parte integrante della sua costruzione e finalizzazione. E va evidenziata anche l’incidenza di un Candreva ormai decisamente maturo. Ma quello che è davvero da sottolineare è l’apporto del duo Hernanes-Ledesma alla costruzione del gioco, con il primo a fungere da straordinario ispiratore della manovra e il secondo efficacissimo organizzatore del posizionamento della squadra nelle due fasi. Una difesa ormai registrata, difficile da superare, completa la fisionomia dei biancoazzurri, decisamente candidati a migliorare ulteriormente la già ottima classifica dello scorso anno.

Per il Milan un’altra sconfitta che non fa che confermare lo stato catatonico di una squadra che sbaglia tutto ciò che è possibile sbagliare. Alla vigilia della gara, Massimiliano Allegri aveva garantito che l’attuale posizione in classifica dei rossoneri già a Natale sarebbe stata diversa, molto diversa.

Dopo la sconfitta con la Lazio, però, ai giornalisti che chiedevano cosa si aspettasse per una panchina che di domenica in domenica sembra passare dallo scricchiolio allo sgretolamento, ha risposto: “Non dovete chiedere a me, ma alla mia società. Dobbiamo uscire da questo periodo e risalire in fretta la classifica, perché altrimenti rischiamo di essere inghiottiti nel fondo della classifica”.

L’inutile Pazzini, lo spento Boateng e Nocerino sfiduciato non possono essere solo frutto di involuzioni personali; c’è una mancanza evidente di fiducia nei confronti dell’allenatore e si avverte il clima di fine impero dai vertici fino ai magazzinieri, anche perché non é consueto vedere il Milan immediatamente prima della zona retrocessione.

Allegri non pare certo un allenatore attrezzato per affrontare simili emergenze e il turno infrasettimanale di Champions dirà se il Milan è in grado di proseguire in qualche modo, se cioè ritrova in Europa quello che pare aver smarrito in Italia e se Allegri sarà l’uomo con cui proseguire il cammino. Appare però assai difficile invertire le sorti di questo difficile anno, che doveva essere di transizione ma si sta rivelando di agonia.

La base sulla quale si sarebbe dovuto ricostruire non ha nessuna caratura vincente e per il Milan si tratta di ricostruire completamente squadra e settore tecnico. La squadra é in ritiro, un provvedimento che nemmeno l'epoca di Tabarez vide. Ma forse dovrebbe ritirarsi chi ha dato Cassano e sette milini e mezzo di euro per Pazzini, chi ha tenuto Pato e ha venduto Ibra e Thiago Silva. Un pentimento pubblico non sarebbe sgradito.

Al Meazza è andata in onda una partita divertente, con 13 argentini su ventidue giocatori in campo. Sembrava il derby di Buenos Aires. La vittoria dell’Inter è il terzo verdetto della giornata, perché indica sostanza e prospettiva al tempo stesso. Sostanza perché i nerazzurri hanno un attacco che realizza, un centrocampo che gioca discretamente e perché sa blindare la sua difesa.

Un Cambiasso degno dei tempi migliori, uno straordinario Ranocchia, un ottimo Juan Jesus e un Cassano mai così goleador sono il simboli più evidenti di questa squadra che è ancora in costruzione ma, al momento, dimostra di possedere una duttilità tattica e un carattere che ne garantiscono un rendimento già importante.

Di prospettiva perché si porta a un punto dal Napoli e non perde terreno nei confronti della Lazio. La vittoria della squadra allenata da Stramaccioni  non è da sottovalutare, perché nessuna grande ha avuto vita facile con il Catania, che ha tre elementi - Lodi, Bergessio e Gomez - che ben figurerebbero in piazze ben più ambiziose, un gioco palla a terra di notevole qualità e una rapidità difficile da affrontare.

Diversamente da Juventus, Napoli e Lazio, che hanno cambiato poco o niente negli organici rispetto allo scorso anno, l’Inter ha cambiato molto nei suoi titolari. Contro il Catania sei giocatori non vestivano la maglia interista la scorsa stagione. Come la Juventus - dalla quale però la distanza è ancora molta sotto diversi profili - ha il vantaggio di avere una panchina ampia e di qualità e il rientro di Chivu, Stankovic e Snejider aggiungerà tecnica ed esperienza. Prospettiva, dunque, perché tra le quattro della zona alta sembra quella con maggiori margini di crescita.

La Roma torna alla vittoria dopo le polemiche che avevano intasato società, spogliatoio e media negli ultimi quindici giorni, amplificate dalla sosta e ampliate dai gol di De Rossi e Osvaldo in nazionale. Se Zeman chiedeva una reazione l'ha trovata, se voleva delle risposte, le ha avute. Espugnare Marassi non é una passeggiata e i giallorossi hanno mostrato di saper reagire alle difficoltà. Oltre a Osvaldo, De Rossi, Totti e Lamela, una sottolineatura é d'obbligo per Castan, il miglior acquisto della Roma di quest'estate e uno dei migliori in assoluto del passato calciomercato.

Tecnicamente buono, fisicamente forte, é capace di leggere la fase difensiva come se fosse molto più adulto: il brasiliano rappresenta davvero una certezza per il pacchetto difensivo della Roma. Adesso tutte le squadre che precedono la Roma dovranno giocare le copper, mentre i giallorossi riposeranno. Un tempo utile per meditare e ritrovare l'unità interna, dando la possibilità al suo allenatore di ragionare e capire come migliorare l'approccio alla gara. Anche a Genova, infatti, pur se vittoriosa, la Roma dopo un quarto d'ora era già sotto di due gol. E non sempre le rimonte riescono.