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di Fabrizio Casari

L’Inter batte nettamente il Bologna e, solo per qualche ora, si porta al secondo posto in classifica, superando la Lazio e il Napoli. Poi in serata la vittoria del Napoli riporta i nerazzurri al terzo posto ma senza il condominio con la Lazio. La Juventus espugna Catania e resta solitaria al comando della classifica. I quattro punti di distanza, ove rimanessero tali anche dopo il prossimo turno infrasettimanali, saranno la benzina sul fuoco di sabato prossimo, quando i nerazzurri faranno visita ai bianconeri. Classifica cambiata, dunque, ma non solo per merito delle squadre. Gli arbitri, infatti, ad eccezione di Bologna e di Torino, hanno decisamente orientato in negativo la nona giornata di campionato.

A Catania come a Firenze, ma anche a Napoli e in qualche misura a Roma, le scarsissime prestazioni dei direttori di gara e dei loro assistenti hanno infatti prodotto ingiustizie, polemiche conseguenti e, soprattutto punti a favore e contro che per qualche squadra, in un campionato come questo, per pochi che siano potrebbero a Maggio rivelarsi decisivi.

Che da quattro siano diventati sei, oltre il cosiddetto “quarto uomo”, non ha cambiato la percentuale di errori con cui gli arbitri italiani sono soliti disegnare a modo loro gli esiti del torneo. Che senso ha avere arbitri di porta se poi non sono in grado di supportare assistenti e direttore di gara? La domanda è: possibile che una posizione di fuorigioco non venga vista o venga rilevata ingiustamente da almeno otto occhi?

Sarà anche un po’ esagerato Pulvirenti, presidente del Catania, quando dice che è stata la panchina della Juve a far annullare il gol regolare di Bergessio, inizialmente convalidato dal guardialinee, e quando afferma che le 48 partite di fila senza sconfitta della Juventus possono continuare per sempre se le sconfitte si evitano così; ma certo è che quanto avvenuto a Catania ricorda brutte epoche nel quale sul campo si rubava, altro che si vinceva. Perché un errore ci può stare, ma due o tre nell’arco della stessa partita e tutti nella medesima direzione più che a tre errori è legittimo pensare a tre indizi.

Che lo stesso assistente giudichi in maniera opposta due situazioni simili, non induce ai migliori pensieri, essendo il metro di valutazione obbligatoriamente univoco per definizione. Ed appare almeno singolare che i favori arbitrali alla Juventus vedano sempre Rizzoli come protagonista, una coincidenza davvero diabolica.

Che poi si decida dopo lunghe consultazioni (circondati da giocatori juventini che non vengono allontanati) davvero offre ulteriori elementi disperanti nella valutazione complessiva della nostra classe arbitrale. Ma peggio, molto peggio di Pulvirenti, è stato Marotta, che, dopo aver ammesso che l’arbitro ha sbagliato (non poteva dire altrimenti) ha aggiunto che comunque la Juventus avrebbe “vinto ai punti”.

Ma di che punti parla Marotta? Sa cos’è il calcio e la differenza che c’è con il pugilato? O questa della vittoria ai punti è l’ennesima versione dei “vinti sul campo”? Non conta il fatto che la Juventus abbia disputato un’ottima partita, perché un gol lo aveva subito regolarmente e il suo era invece irregolare. Quante sono le sconfitte immeritate? Centinaia e nessuna può essere mettere in discussione valutandola  “ai punti”.

E dal momento che anche la scorsa settimana una svista contro l’Inter aveva penalizzato il Catania, la squadra siciliana può legittimamente invocare un avvocato difensore del quale pare non essere dotata ai piani alti del Palazzo. Il risultato con il quale la partita doveva terminare - sul campo - era la vittoria per uno a zero del Catania. Così non è stato e, come unica, parzialissima, consolazione, si può dire che il Catania è di tale livello rispetto alle altre medie e piccole, che i tre punti che le sono stati rubati non saranno decisivi per la posizione nella classifica finale.

A Firenze, del resto, le cose non sono andate meglio. La Lazio, battuta per due a zero da un’ottima Fiorentina, si è però vista annullare un gol regolare firmato da Mauri e ha finito la partita in nove per due espulsioni. Fatta salva la legittimità - ma condita di notevole fiscalità - delle decisioni disciplinari su Hernanes e Ledesma, l’aver annullato un gol regolare ha inciso non poco sulla partita. Comunque, la Lazio aveva meritato sul campo un altro risultato, ma prima o poi una sconfitta doveva arrivare. Il prossimo turno sarà complesso, perché rinunciare alla qualità e quantità a centrocampo rappresentate dal brasiliano e dall’argentino non sarà semplice, vista anche l’esiguità qualitativa della panchina biancoceleste.

La settima vittoria consecutiva dell’Inter di Stramaccioni indica che il cantiere nerazzurro comincia a dimostrare di essere fatto da buonissimi operai e buoni architetti. Il gioco dei nerazzurri, infatti, pur migliore di partita in partita, non è spumeggiante, ma la fisicità e il carattere della squadra si sentono moltissimo.

Stramaccioni ha ormai impostato non solo un attacco con tre interpreti di notevolissimo spessore - Milito, Palacio, Cassano - e una buona difesa a tre (con i laterali in arretramento nella fase difensiva) ma anche un centrocampo a tre composto da due mediani di corsa e forza come Gargano e Mudingay che permettono di liberare dai compiti di marcatura Cambiasso che svolge in modo straordinario il ruolo di playmaker.

Significativa la seconda rete proprio del centrocampista argentino, giacché l’azione parte proprio da lui che libera davanti l’area dell’Inter e si conclude con il suo gol nell’area del Bologna. Era dai tempi di Mancini e Mourinho che Cambiasso non sfoderava prestazioni così, sostenendo sia la fase difensiva che la finalizzazione.

Il Milan ha preso un brodino caldo battendo un Genoa che messo così male non lo si era mai visto negli ultimi anni. Un gol di El Shaarawy riporta un po’ d’ossigeno alla squadra e ad Allegri, ma la respirazione appare ancora corta. In assenza di Pato (che viene pure fischiato appena rientra, mentre i fischi andrebbero indirizzati a Milan Lab) il giovane di origine paterne egiziane porta la croce e anche la bombola. La vittoria sul Genoa, comunque, pesa eccome, vista la situazione di classifica, dove sette dei dieci punti sono arrivati proprio grazie ad El Shaarawy.

Il Napoli ritrova la vittoria battendo in casa il Chievo che, giustamente, lamenta un rigore non concessogli dall’arbitro. Con questa vittoria i partenopei riescono comunque a mantenere il secondo posto in classifica con un punto di vantaggio sull’Inter e la cosa ha una sua oggettiva importanza, visto lo scontro diretto tra Juve e Inter tra due turni.

La Roma ripiomba nel baratro, facendosi battere in casa dall’Udinese per 3 a 2 dopo che era andata in vantaggio per 2 a 0. I giallorossi non riescono a gestire la gara proprio sotto il profilo del carattere: gli basta prendere un gol, cosa non difficile vista una difesa tutt’altro che ermetica, e la squadra si sfalda. Otto partite e quindici gol subiti raccontano bene gli errori di mercato, di posizionamento in campo e di gestione delle partite.

Non è una novità che le squadre di Zeman siano perforabili difensivamente, ma le loro note capacità di ribaltamento del risultato sembra che a Roma non abbiano licenza. Quanto questo sia da addebitare alla crisi dei rapporti nello spogliatoio o, invece, alla difficoltà di metabolizzare gli schemi del boemo è difficile dirlo, forse entrambe le cose. L’Udinese, che aveva sei titolari fuori squadra, si è anche permessa di realizzare il rigore (generoso) con Di Natale che sfodera il “cucchiaio” nello stadio del suo fan, Francesco Totti. Zeman parla di sette punti che mancherebbero alla Roma causa sviste arbitrali, ma il conteggio é come minimo esagerato.

Il tecnico boemo dovrebbe invece spiegare come sia possibile che mezza squadra non lo ascolti e l'altra mezza sia assolutamente inadeguata a giocare in prima squadra. La Roma, diversamente dal Pescara, ha ambizioni commisurate alla sua importanza e dunque aver ignorato le sue carenze difensive per andare a prendere il fino ad ora inutile Destro, non é da addebitarsi agli arbitri. Il mercato di Gennaio dovrà portare almeno due difensori di valore a Roma, senza i quali i giallorossi rischiano davvero un annata persino peggiore di quella con Luis Enrique.

Torino e Sampdoria battute in casa. L’aria per Ferrara si fa decisamente pesante e la bella corsa delle prime partite sembra essere solo un pallido ricordo.