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di Fabrizio Casari

L’Inter espugna la fortezza fino a ieri considerata inespugnabile, battendo la squadra fino a ieri ritenuta imbattibile. Si porta solitaria al secondo posto in classifica a un punto di distanza dai bianconeri e riapre, di fatto, il campionato. Una vittoria strameritata che raccoglie in sé elementi simbolici e non solo di valutazione calcistici circa la stagione e la lotta per il campionato. L’Inter, alla nona vittoria in trasferta consecutiva (coppa compresa), appare ormai come ben più che l’anti-Juve.

Non è servito, alla squadra di Conte, aver fatto riposare sette giocatori nella partita con il Bologna: l’Inter ha corso di più e meglio. La Juventus non riesce così ad arrivare alla cifra tonda di cinquanta partite utili e, oltretutto, viene sconfitta in casa e proprio dalla squadra per la quale nutre un’antipatia antica, trasformatasi in odio puro dopo Calciopoli. Non per niente Chiellini, al termine della gara, afferma che è “proprio quella con l’Inter che non dovevano perdere” e non è nemmeno un caso che Stramaccioni dica: “Sento dire sempre sul campo, sul campo: beh, sul campo li abbiamo battuti”.

Già, Stramaccioni. Contro il parere di molti ha mandato in campo un Inter a trazione anteriore, con tre punte che, oltre ad attaccare in lungo e largo, a turno infastidivano la nascita delle azioni della Juve e sostenevano il centrocampo. Poteva sembrare un azzardo contro una squadra fisica e tecnica che schiera cinque giocatori a centrocampo, ma il ragionamento dell’allenatore interista è stato un’altro: la Juventus segna molto con centrocampisti e difensori non solo perché l’attacco non è il reparto migliore, ma proprio perché gli avversari si chiudono a contenerla e i difensori si sommano così ai centrocampisti, portando un numero notevole di giocatori al limite dell’area avversaria. Per questo, per obbligarla a stare più lunga e con minor collegamento tra i reparti, si doveva obbligare la difesa a restare indietro e Pirlo a prendersi il pallone venti metri indietro rispetto a dove lo fa solitamente. Inoltre, quando si dispone di attaccanti come Cassano, Milito e Palacio, il problema deve essere dell’avversario.

E così è stato. L’Inter non ha mai dimostrato, nemmeno dopo aver subito le diverse ingiustizie arbitrali, di perdere il controllo della partita e dei nervi e se nel primo tempo si è limitata a contenere (non senza rischiare), nella ripresa ha decisamente messo la Juventus al tappeto con ripartenze rapide quanto letali. Un gioco di squadra importante, con la ciliegina sulla torta di alcune prestazioni  sontuose, come di Samuel e Juan Jesus in difesa, di Cambiasso e Guarin a centrocampo e di Milito e Palacio in attacco.

Non è bastato alla Juventus un arbitraggio scandaloso, un altro dopo Catania, che ha consentito di mandarla allegramente in vantaggio con un goal irregolare per un fuorigioco di quasi due metri e di annullare quello dell’Inter per un fuorigioco di due centimetri. Occhi acuti o bendati, a seconda dei casi.

Non è bastata nemmeno l’indulgenza plenaria nei confronti di Lichtsteiner, che andava espulso con rosso diretto al 36esimo minuto del primo tempo e che Conte ha prontamente sostituito perché aveva perfettamente capito che nemmeno un ulteriore accenno di fallo l’avrebbe salvato dalla espulsione.

Alla vigilia della gara la designazione di Tagliavento era già apparsa come un segnale chiaro sull’indirizzo che il Palazzo voleva dare alla partita: troppi gli episodi degli ultimi anni che hanno visto Tagliavento sfornare contro l’Inter prestazioni provocatorie e punitive per non destare dubbi circa l’opportunità della designazione. E se qualcuno ritiene che la concessione del rigore all’Inter per fallo di Marchisio su Milito possa smentire l’immagine di un Tagliavento casalingo, si sappia che è stato Orsato, arbitro di porta, a segnalare l’obbligatorietà del rigore.

Certo, le valutazioni possono essere sbagliate: ma il metro dovrebbe essere lo stesso e, spiace dirlo, quando c’è di mezzo la Juventus questo non succede. Ogni grande squadra produce la cosiddetta sudditanza psicologica, in ogni campionato, pensare che non sia così sarebbe ingenuo e irrealistico. Ma torti e favori, spesso, tendono a compensarsi, salvo che nel caso della Juve, che da due anni non riceve un torto e inanella molti e pesanti favori: dalla Supercoppa contro il Napoli ad Agosto, al Catania di sette giorni orsono, all’Inter di sabato, sono favori che pesano e che valgono punti importanti.

In particolare, colpisce come in una sola settimana, a Catania e a Torino, la segnalazione dei fuorigioco diventa suscettibile di interpretazioni che diventano imbarazzanti per l’unidirezionalità dei provvedimenti, come se tutti giocassero con una regola e la Juventus con due: una quando subisce e l’altra quando attacca. Ma Braschi e Nicchi cosa insegnano ai direttori di gara? E dal momento che non è credibile che i direttori di gara disputino le loro gare peggiori solo quando arbitrano la Juventus e, visto che gli errori sono marchiani quanto ripetuti, non si può continuare a girare intorno al problema, se si vuole un campionato davvero giocato “sul campo”.

Ad ogni modo, la vittoria dell’Inter a Torino ha riaperto la lotta per lo scudetto e anche nella zona europea della classifica la giornata di campionato ha poi proposto alcuni risultati importanti. Il tonfo della Lazio a Catania è francamente impressionante, come se ormai Petkovic - che signorilmente si è assegnato tutte le responsabilità per la sconfitta - non riuscisse più a trovare la logica della squadra priva di Klose. Tra la squadra ammirata a inizio torneo e quella di queste ultime due partite c’è un abisso. Quale sarà la Lazio vera lo diranno solo i prossimi turni.

E anche il Napoli, dopo la sconfitta con la Juventus, non riesce più a trovare la dimensione che aveva nelle prime otto gare. Ieri uno svarione di Aronica le è costato due punti, ma la squadra continua ad essere troppo dipendente da Cavani e Hamsik e, se anche uno dei due sbaglia qualcosa (Hamsik, ieri), paga pegno. Mazzarri è stato espulso e solo l’arbitro sa perché.

Risorge la Roma, che gioca contro il Palermo la migliore partita della stagione e cala sul piatto un poker indiscutibile. Una vittoria netta di cui Zeman e i giallorossi avevano assolutamente bisogno. La sbavatura é rappresentata da Destro, che in cinque minuti rimedia due cartellini gialli con una imperizia straordinaria che, tra l'altro, gli farà saltare il derby. Proprio vero che diventare grandi e diventare adulti sono due cose diverse. Forse ora la pressione sul boemo si allenterà e la squadra proverà a risistemarsi. Cosa che non é riuscita al Palermo, dove Gasperini sta riuscendo nell'impresa non semplice di peggiorare la situazione d'inizio campionato.

Rinascita del Milan, che ha battuto per 5 a 1 il Chievo, e della Fiorentina, che ha letteralmente asfaltato il Cagliari e si è portata al quarto posto in classifica scavalcando la Lazio. Udinese e Bologna pareggiano, il Pescara risorge battendo il Parma e la Sampdoria iscrive l’ennesima sconfitta al suo campionato. Ferrara non riesce a trovare soluzioni e c’è il rischio concreto che le trovi la Samp. Esonerandolo.