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di redazione

Nel modo più assurdo, rocambolesco e improbabile, alla fine la Decima arriva. Il Real Madrid batte 4-1 i cugini dell'Atletico in finale di Champions League e mette in bacheca il titolo più importante, quello che le consente di salire in doppia cifra nei trionfi europei. A guardare solo il punteggio si penserebbe a una passeggiata. Tutto il contrario: mai risultato fu più bugiardo di questo.

Fino al 93esimo minuto il vantaggio è per i colchoneros, che a una settimana dalla vittoria nella Liga hanno una mano e mezza sulla loro primera Champions, la coppa che li consegnerebbe alla leggenda. Il sogno sfuma a una manciata di secondi dalla fine di un recupero forse troppo lungo: Simeone chiude la stagione in lacrime, mentre Ancellotti entra nel pantheon delle merengues.

E dire che per un'ora e mezza il campo sembrava raccontare un'altra storia. All'ottavo minuto Diego Costa, stella dell'Atletico, è costretto a uscire. Diceva di aver recuperato dall'infortunio di sette giorni fa contro il Barcellona, ma non era vero. Nel Real ce l'ha fatta Cristiano Ronaldo, ma manca per squalifica Xabi Alonso. E si vede. Nel primo tempo la manovra dei blancos è ingessata, la palla non gira, fioccano i lanci lunghi, quasi tutti sbagliati. Tutt'altra musica in casa Atletico, dove a tenere le redini è Gabi, per 90 minuti un giocatore quasi perfetto: ruba palla, corre, ringhia e dirige l'orchestra.

La prima occasione della partita è alla mezzora. Tiago sbaglia un passaggio, Bale ne approfitta e arriva in area, ma ciabatta fuori. Dopo cinque minuti arriva il gol dei biancorossi grazie a una follia di Casillas, che esce tre metri dalla porta senza alcun motivo e si vede scavalcare da un pallonetto di Godin, che aveva colpito di testa all'indietro senza troppe velleità.

Nella ripresa si vede per la prima volta CR7, che prima impegna Courtois con una punizione deviata, poi sfiora di testa mancando di un pelo l'incornata del pareggio. Rispunta anche Bale, prima su inserimento centrale, poi con una sgroppata sulla fascia, ma il risultato è sempre lo stesso del primo tempo.

La ragnatela tattica tessuta dal cholo sembra tenere. I colchoneros disinnescano sul nascere le ripartenze delle merengues con un pressing altissimo. Il Real non si distende, non ragiona, è costretto ad attaccare una difesa sempre schierata e continua a sbagliare lanci e cross. Quando prova a entrare palla al piede si perde in troppe finezze e sbatte contro l'organizzazione semplice e precisa dell'Atletico, che sembra avere le idee molto più chiare.

Nell'ultimo quarto d'ora, però, la musica cambia. La squadra di Simeone arretra, si schiaccia, pensa di poter proteggere il risultato abbassando improvvisamente il baricentro e concede un filotto di cross facili agli avversari. Il Real prende fiducia e guadagna una valanga di corner, l'ultimo dei quali si rivela decisivo. E' il 93esimo quando Sergio Ramos incoccia di testa e spedisce nell'angolino, alle spalle di Courtois.

Nei supplementari le squadre si allungano. La grinta di Simeone e la fiducia dei tifosi colchoneros sono commoventi, ma nell'aria di Lisbona si sente chiaramente come andrà a finire. Il Real fa la partita, ora corre di più. L'Atletico è stremato mentalmente e fisicamente, eppure nella prima frazione aggiuntiva resiste. Alla fine però l'acido lattico è troppo, scorre anche nelle sinapsi del cervello. Sono tutti fermi come statue, compresi i difensori.

E nel secondo tempo supplementare il Real passa tre volte: prima Bale di testa dopo una giocata da urlo di Di Maria, poi Marcelo con un destro dal limite, infine Ronaldo dal dischetto. CR7 arriva a 17 reti e migliora il record storico di marcature in una singola edizione di Champions, che aveva già raggiunto in semifinale contro il Bayern.

Alla squadra di Simeone non riesce quella che sarebbe stata forse la più epica impresa nella storia del calcio, ovvero il doppio trionfo (nazionale e europeo) con una squadra senza nomi eclatanti, senza stipendi a otto cifre, fatta solo d'intensità e organizzazione. Rimane una favola, ma senza lieto fine.