Stampa

di Fabrizio Casari

Seduti davanti al televisore, controlliamo il telecomando per vedere se abbiamo sbagliato partita. E invece no: quella squadra in maglia bianca che corre e gioca bene è l’Italia. Dunque la vittoria della settimana scorsa contro l’Olanda non era stata un caso, per quanto agevolata dagli eventi (rigore ed Olanda in dieci dopo pochi minuti). Insomma l’Italia dei disastrosi mondiali brasiliani non c’è più; di colpo, dopo solo un paio di settimane di cura Conte, la squadra gira.

Non che il calcio che esprime sia da far stropicciare gli occhi, ma è per lo meno una corretta e moderna applicazione del calcio italiano, fatto di copertura e contropiede ad alta velocità. Influiranno anche le carte d’identità che raccontano di un rapido abbassamento anagrafico della compagine, ma certo è un’altra squadra quella che ha battuto prima Olanda e poi Norvegia rifilando quattro gol senza prenderne nemmeno uno, al punto che Buffon lo si è potuto considerare spettatore non pagante.

Il che non significa che i problemi di assetto siano già stati tutti risolti. Dietro un po’ si balla se presi in velocità e tanto Ranocchia come Bonucci non sono il massimo della rapidità. Si tratterà di testarli con squadre più forti nella manovra offensiva, però l‘insieme della prestazione difensiva degli azzurri è più che sufficiente.

La cura Conte è senz’altro visibile in un assetto tattico simile a quello che gli ha consentito di vincere a Bari, a Siena e a Torino: difesa a tre e centrocampo a cinque con due attaccanti per il controllo del gioco, che diventa difesa a cinque in fase difensiva e attacco a quattro più un inserimento da dietro in fase offensiva. Quindi sudore e corsa, sia per i laterali che si trasformano da terzini in ali, sia per i centrali difensivi che devono impostare oltre che bloccare, sia per i centrocampisti che a mo’ di elastico devono accompagnare le due fasi per non lasciare mai troppi metri di distanza tra i reparti.

Si osserverà, giustamente, che sono in molti a giocare così, almeno nelle intenzioni di partenza, ma è Conte quello che con questo assetto vince. Forse, quindi, non di solo assetto tattico è fatta una gara, non di solo possesso palla è fatta una partita che si vuole vincere.

Il valore aggiunto dell’allenatore salentino è questo: infonde una grinta ed una voglia di vincere non certo equiparabile al saporifero Prandelli, che magari si faceva i selfie con Renzi e distribuiva codici etici a sua libera ed alternata applicazione, ma che di calcio ha dimostrato non saperne abbastanza per giustificare l’aurea che lo circondava.

A voler vedere, la squadra di Conte è tecnicamente inferiore a quella di Prandelli, ma dispone di una grinta e di una velocità completamente diversa. Conte dalla sua ha certo l’autorevolezza di chi ha già un palmares di tutto rispetto, ma anche l’autorità di chi non guarda in faccia nessuno e il sostegno popolare intervenuto naturalmente a seguito della debacle brasiliana.

Intanto l’Italia guidata da un De Rossi straordinario scopre e che la velocità non appartiene solo agli altri e che la coppia Immobile-Zaza è micidiale: i due giocano e si trovano come fossero insieme da anni, alternano benissimo i rispettivi movimenti di chi dà profondità e chi va incontro alla palla e sanno entrare palla al piede nelle difese scambiando in velocità e buona tecnica.

Scopre anche che sulle fasce Darmian e De Sciglio sanno andare con efficacia, che Pasqual non è da meno e che Florenzi, inspiegabilmente riserva nella Roma, sa giocare in fascia e da interno. De Rossi come regista e come difensore aggiunto quando serve è il centrocampista più completo in Italia e tra i primi tre in Europa, e Buffon para ancora quello che altri non parano.

L’aspetto su cui riflettere, semmai, è quello solito ma mai risolto. Ci sono giocatori italiani di grande qualità che difficilmente trovano spazio nelle squadre del nostro campionato. La Juventus, che lascia Zaza al Sassuolo e fa partire Immobile per soli 7 milioni è solo la prima della lunga lista di squadre ammalate di esterofilia. D’altra parte se si comprano giocatori esteri a un terzo di quello che si chiede per un talento italiano tutto ciò diventa inevitabile. Gli intrecci di mercato e il ruolo sporco dei procuratori, le combine tra essi e i dirigenti sono ormai evidenti oltre che controproducenti.

Ma intanto l’Italia riparte con un nuovo gioco e un nuovo ambiente interno e questo per merito di Conte e Oriali. Anche se, prima o poi, Lotito dirà che è merito suo.