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di Carlo Musilli

Sembra che lo faccia di proposito, per vedere quanto in là può spingersi senza cadere dalla poltrona. Bene, ora conosciamo la risposta: Tavecchio può dire tutto quello che vuole senza renderne conto a nessuno. Certo, magari non guasterebbe se ogni tanto articolasse un pensiero con un'apertura mentale superiore a quella del più triviale degli hooligan. Insomma, nessuno pretende che il presidente della Federcalcio ricopra la propria carica con un minimo di dignità e di decoro (non è più richiesto ai parlamentari, figurarsi a un dirigente che si occupa di pallone).

Basterebbe rendersi conto che un uomo pubblico non può aprire bocca e darle fiato senza filtro cerebrale, come farebbe un qualsiasi tipo da bar sport dopo cinque ore passate a giocare a flipper.

Eppure, mentre l'Uefa continua a spendere soldi in fantasmagoriche campagne anti-razzismo e le squadre italiane giocano in Europa con la scritta "Respect" cucita sulla maglia, re Carlo insiste. Dopo la memorabile sparata sull'africano immaginario Optì Pobà che "mangiava le banane" e quella sulle "donne handicappate nel calcio" - due sentenze ormai consegnate agli archivi dello stupidario italiano -, Tavecchio ha pensato bene di regalarci un'altra doppietta. Visto che su neri, donne e disabili aveva già dato, stavolta il nostro eroe ha esercitato la sua raffinata eloquenza su omosessuali ed ebrei, completando così il repertorio più tipico dei fascistelli di quartiere.

Si comincia con "non ho niente contro gli ebrei, ma meglio tenerli a bada", in cui la prima parte ricorda tanto un grande classico del genere, quel "tengo a precisare di non essere razzista" che ogni razzista di solito antepone quale immancabile premessa a una scemenza razzista. E se il concetto non fosse chiaro, il buon Carlo ci spiega anche che la sede della Lega nazionale dilettati è stata comprata da "un ebreaccio".

Ma Tavecchio non ne ha abbastanza, è ancora carico a molla, e prosegue con una richiesta meno edulcorata: "Tenete lontano da me gli omosessuali", esternazione già più difficile da commentare, giacché non si vede per quale ragione un omosessuale qualsiasi dovrebbe desiderare la vicinanza di Tavecchio.

Tutte queste amenità sono registrate. In origine furono pronunciate in un'intervista al sito Soccerlife, ma poi sono finite nelle mani del Corriere della Sera, che le ha rese pubbliche. Ovviamente, invece di dimettersi ed espatriare volontariamente, Tavecchio è partito subito al contrattacco: “Sono vittima di un ricatto - ha detto -. Ho incontrato una persona che conosco da tempo, alla quale non ho concesso, come invece chiedeva, finanziamenti per la sua attività editoriale e la possibilità di utilizzare la Federazione come veicolo per ottenere contributi europei”. Il diretto interessato smentisce, ma non è questo il punto.

Che sia vera o falsa la storia del ricatto, esiste una registrazione in cui si sente la voce di Tavecchio pronunciare quelle porcherie. Non è possibile giustificarsi con la solita e goffa panzana delle "frasi estrapolate dal contesto", perché non esiste un contesto in cui quelle parole risultino tollerabili. Nei Paesi civili basta molto meno per cacciare un dirigente a pedate.

Da noi purtroppo no, perché, a quanto pare, né Malagò né Renzi hanno il potere di commissariare il numero uno della Figc, che evidentemente è più potente, protetto e intoccabile del sindaco di Roma. L'unica consolazione è il pensiero che il mitico Optì Pobà, se da qualche parte esiste davvero, si starà facendo una bella risata.