Stampa
di Roberta Folatti

Sospesi fra due mondi

Una bara diretta verso Istanbul, un’altra che torna in Germania.
Destini che si sfiorano senza incrociarsi, il fato che gioca crudelmente con le vite delle persone, coi loro desideri, le loro speranze. Raccontato così potrebbe sembrare un film cupo, in realtà, come tutti i lavori di Fatih Akin, si tratta di una pellicola vitalissima, quasi confusa in certe parti per il sovrapporsi di spunti narrativi.
Acclamato per “La sposa turca”, il regista turco-tedesco aveva scelto la modalità documentaristica per la sua penultima produzione “Crossing the bridge - The sound of Istanbul”, uscito un paio di anni fa. Interessato da sempre ai rapporti tra culture e al modo in cui i singoli individui patiscono le difficoltà che ne derivano, in Ai confini del paradiso Akin disegna una complessa ragnatela che imprigiona sei personaggi, andando anche a scavare nei rapporti tra genitori e figli. Nejat, turco ma perfettamente integrato in Germania - tanto da avere una cattedra di letteratura all’università di Brema - stenta a capire le scelte e le esigenze del padre, che per vincere la solitudine assolda una prostituta, Yeter, come surrogato di moglie. Conoscendo meglio la donna, il giovane inizia ad affezionarsi a lei, ma questo suscita la gelosia del padre che culminerà con l’uccisione accidentale della prostituta.

Dopo l’incarcerazione del vecchio, Nejat vive una profonda rivoluzione personale che lo porta a lasciare la Germania, abbandonando il suo lavoro, per andare alla ricerca della figlia di Yeter. In breve tempo apparirà chiaro che la ragazza è coinvolta in un giro di estremisti di sinistra, e la violenta repressione delle autorità turche la costringe a fuggire precipitosamente dal suo paese.

Akin rimpalla continuamente i suoi personaggi dalla Germania alla Turchia, in una trama fitta e un poco macchinosa. Il caso sembra riavvicinare chi si sta cercando, ma c’è sempre un impercettibile e crudele grado di separazione. Ayten, la figlia di Yeter, trova a Brema accoglienza e amore da parte di una ragazza tedesca che la seguirà anche a Istanbul mettendo a rischio la propria vita per aiutarla. E sarà la madre di quest’ultima, interpretata da un’intensa Hanna Schygulla, a tentare di ricomporre i fili di una vicenda dolorosa, che lascia vuoti incolmabili ma apre a una comprensione più profonda.

Grazie alle suggestioni di una città come Istanbul, con le sue luci, la ricchezza culturale contrapposta alla miseria di molti, Nejat diventerà più tollerante nei confronti del vecchio padre, assassino per caso, e Ayten rinnegherà la violenza che le compagne del gruppo estremistico rivendicano come necessaria. Tragedie come motori di cambiamenti interiori – questo è forse il succo di “Ai confini del paradiso”, film riuscito per metà ma comunque degno di essere visto.

Ai confini del paradiso (Turchia, Germania, 2007)
Regia: Fatih Akin
Sceneggiatura: Fatih Akin
Fotografia: Rainer Klausmann
Cas
Cast: Nurgul Yesilcay, Baki Davrak, Tuncel Kurtiz, Hanna Schygulla, Patrycia Ziolkowska, Nursel Koese
Distribuzione: Bim