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di Roberta Folatti


L’abbiamo visto interpretare con sensibilità e delicatezza un cieco e un ragazzo padre alle prese con la figlia adolescente, rispettivamente in “Onde” e in “Tu devi essere il lupo”. Piccoli film di registi esordienti che fanno ben sperare nel futuro del cinema italiano. Nell’ultima sua interpretazione, “Anita”, è stato diretto da Aurelio Grimaldi, altro autore di grande originalità.
Ma Ignazio Oliva non fa solo l’attore, ha girato documentari sulla cooperazione e lo sport e ultimamente è diventato socio di una casa di produzione cinematografica, la Verdeoro.
Ecco il sunto di una chiacchierata con lui.
Sei molto attento nelle tue scelte artistiche, su cosa ti basi principalmente?
Per la gran parte sulla storia che si va a raccontare, trovo sia bello proporre al pubblico temi su cui riflettere e non del mero intrattenimento. E poi anche sul regista, sul rapporto che si crea dal punto di vista umano, che si tratti di Bertolucci o di un regista sconosciuto. L’importante è che abbiano fatto cose belle, anche se non hanno avuto successo.

Ultimamente hai lavorato con registi giovani come Fei, Moroni, al loro primo lungometraggio, che esperienze sono state?
Sono state esperienze belle, mi piace lavorare con esordienti, c’è molta voglia di fare bene, poco spreco di denaro, grande unità in tutta la troupe. Ci si crede davvero. Senti l’entusiasmo, la voglia di svegliarsi presto per girare. E’ molto bello e ci si aiuta a vicenda.

Invece all’opposto hai lavorato con grossi nomi come Bertolucci e Clare Peploe, esperienza diversissima immagino...
A parte i diversi approcci metodologici al lavoro dell’attore, l’esperienza con Bertolucci e Clare Peploe aveva un grosso scarto a livello di budget produttivo rispetto a “piccoli” film come “Onde”. In un caso sei molto rilassato, quasi viziato, nell’altro devi fare in fretta, girare più scene in un giorno e quindi essere doppiamente bravo. Quando lavorai con Bertolucci ero all’inizio, avevo ventiquattro anni, studiavo ancora all’Università e contemporaneamente seguivo un corso di teatro. Feci un provino che andò bene e mi trovai catapultato tra mostri sacri. Ho cercato di affrontare questa esperienza con umiltà, assorbendo come una spugna tutto ciò che avveniva intorno a me. Sono stato sul set per l’intera durata delle riprese, anche quando il mio ruolo si era esaurito.

Il tuo ultimo film invece l’hai girato con Aurelio Grimaldi?
Si intitola “Anita”, l’abbiamo girato la primavera scorsa in Brasile. E’ la storia di Anita Garibaldi e del suo amore per l’eroe dei due mondi. Io interpreto il ruolo di Luigi Rossetti, il braccio destro di Garibaldi, l’amico fidato. “Anita” è un film povero, realizzato con pochi soldi, che attualmente è ancora in trattative per la distribuzione.

Ti sei laureato in Scienze politiche con una tesi su Greenpeace. Sei riuscito a esplicitare la tua passione ambientalista in qualche film o nella tua attività di documentarista?
Più che di passione ambientalista, parlerei di passione civile, mi interessano diversi temi, come quello della cooperazione. Mi piace l’idea di smuovere, informare, far partecipare il pubblico a una riflessione. Ho girato alcuni documentari legati alle ONG e allo sport, “Coi pantaloni rossi e la maglietta blu” raccontava l’esperienza dei giovani giocatori tunisini portati da Scoglio - l’allenatore da poco scomparso - nella squadra del Genoa.
Importante è stata la mia esperienza d’attore ne “L’ultima lezione” di Fabio Rosi, un film incentrato sulla figura dell’economista Federico Caffè. Per me ha rappresentato uno dei casi fortunati della vita, in cui riesci a coniugare impegno civico e professionale. Un altro caso di questo tipo fu lo spettacolo teatrale su Sacco e Vanzetti, e per la Rai l’anno scorso ho interpretato un partigiano nel film tv “La buona battaglia” sulla figura di Don Pappagallo. Per me è stato un onore.

A proposito di teatro, hai qualche nuovo progetto?
Col teatro purtroppo si guadagna pochissimo, a meno di non essere nel circuito importante. Attualmente non posso permettermelo, perchè ho messo su famiglia e da sette mesi c’è mio figlio Orlando. Invece vorrei aiutare il cinema italiano con la casa di produzione di cui sono diventato socio, promuovendo progetti nuovi e interessanti. Con la Verdeoro stiamo lavorando ad esempio al film di Marco Bechis girato in Brasile. E poi sto aspettando di iniziare da attore le riprese di un film tv su san Francesco.