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di Mariavittoria Orsolato

Se qualcuno crede che un talent show abbia solo a che fare con aspiranti artisti e giudici improbabili, si sbaglia. A darci la prova che il mezzo televisivo può essere spinto molto oltre ci ha pensato La7 che, in controtendenza rispetto all’annunciato format inglese per scegliere chi licenziare, ha prodotto un reality per assumere nuovi dipendenti. Nel titolo, “Il contratto- gente di talento” appunto, sta l’agognato premio e il sottile e meschino meccanismo del reality show: di tre concorrenti, solo uno apporrà la firma sul plico di scartoffie appoggiato trionfalmente davanti ai due vertici dell’azienda.

Nella prima puntata, andata in onda martedì sera, a contendersi letteralmente la seggiola erano tre ultra trentenni di varia provenienza ed estrazione: due uomini e una donna, tutti con ambizioni lievemente confuse e apparentemente senza alcun talento specificato, proprio come ce ne sono tanti in quel 29% di giovani disoccupati.  Secondo Marco Ghigliani, direttore generale de La7: “Non è uno show. Non mettiamo in palio contratti di lavoro. È se mai un programma di servizio: protagonisti sono dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro, noi seguiamo il loro percorso mentre un’azienda li seleziona. La nostra rete racconta la realtà”.

Peccato che oltre alle classiche prove di abilità, snodate lungo la settimana di stage in azienda - la Monster, proprio un’agenzia di recruting! - e sminuzzate in clip, appaiono a un certo un punto gli immancabili mamma e papà che parlano di quanto siano fieri dei loro bamboccioni. Un reality in piena regola con la prova finale non simulata e in assoluta diretta con annessa trionfale proclamazione dell’occupato che già da lunedì potrà cominciare a strisciare il suo badge. Non se ne vogliano Ghigliani e La7 ma l’unica novità nel nuovo prime time del martedì è che il premio in gioco è il diritto inalienabile sancito dall’articolo 1 della nostra bistrattata Costituzione.

Certo i toni e i modi non hanno nulla a che fare con le sguaiatezze che ci propinano i vari talent-show di Rai-Set, il confronto tra i candidati e gli ospiti in studio (Giordano Fatali rappresentante del main sponsor HRCommunity - attivo network dei direttori del personale - il direttore Hr di turno e due esperti di Risorse umane sempre diversi) è pacato e prova ad essere pertinente. L’ex Iena Sabrina Nobile non rende però onore a quanto di graffiante c’è nel suo format di provenienza e, molto spesso, gli interventi degli esperti sfiorano la tautologia, così il professor Michel Martone, docente di diritto del lavoro: “Occorre laurearsi in fretta così il lavoro si trova prima”. Ma dai?

Se infatti la finalità dichiarata è quella di riprodurre fac-simile di quello che aspetta i giovani neo-laureati o diplomati, “il Contratto” fallisce in toto il suo target: tutto molto politically correct, troppa ostentazione di cortesia, situazioni che difficilmente si verificherebbero a telecamere spente.

Meglio attenersi al topic e lodare il fatto di aver convertito - prima ed unica tra le televisioni generaliste - in un comunque godibile prime time, una delle tematiche di più scottante attualità. Il lavoro e soprattutto la sua mancanza sono un assillo di molti italiani, giovani e meno giovani: le possibilità di riscatto personale e sociale stanno tutte racchiuse nel possesso di un’occupazione stabile. Chi meglio della tivvù te lo può propinare?

Non a caso il premio consta in un contratto a tempo indeterminato, “più che un dono, un terno al Lotto" come spiegava Dario, uno dei tre candidati. Progettare in un tempo in cui la parola “futuribile” non è contemplata, è solo il primo dei piccoli ma importanti drammi che affliggono un disoccupato ed è sicuramente apprezzabile il fatto che questa tematica venga trattata in un programma televisivo, suscita un po’ di amarezza però che il fatidico termine “precariato” sia stato pronunciato dopo un’ora abbondante di trasmissione e non lo si sia approfondito, se non in merito all’esperienza di Manuela, dichiarata poi vincitrice in nome del buonismo bipartisan.

Gli altri due concorrenti/aspiranti non collocati, come premio di consolazione, seguiranno comunque un percorso di formazione per specializzarsi e sperare così di aver una chance in più al prossimo colloquio di lavoro. Tutti felici e contenti dunque, per l’ennesima e ben riuscita pantomima televisiva: una simulazione un po’ troppo simulata che almeno ha il pregio di regalare una prospettiva occupazionale concreta al suo vincitore. Come sempre, piuttosto di niente è meglio piuttosto.