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di Mariavittoria Orsolato

Poco più di anno fa, l’Autorità Garante delle Comunicazioni aveva varato con la delibera numero 366/10 la numerazione automatica dei canali per la tv digitale terrestre. Una decisione che toccava direttamente tutti, cittadini e telespettatori, e che voleva evitare il rischio che si potrebbe definire "telecomando pazzo", con i numeri dei tasti e dei rispettivi canali variabili da regione a regione: un sistema automatico, previsto, per così dire, alla fonte. Ognuno sarebbe rimasto libero comunque di modificare l'ordine secondo le proprie preferenze e abitudini, programmando diversamente il televisore.

Nella pratica, i primi nove numeri erano assegnati alle tv nazionali generaliste che detenevano già i titoli legali per essere considerate e definite come tali: cioè, nell'ordine, le tre reti Rai, le tre Mediaset, La 7 e Mtv che fanno capo a Telecom e, al nono posto, Deejay Tv (ex Rete A) che appartiene al Gruppo Editoriale L'Espresso. Alle maggiori reti locali, su un totale di oltre 600, venivano attribuiti i numeri da 10 a 19. Poi, da 20 a 70, seguivano le nazionali tematiche (quelle cosiddette semigeneraliste, quelle per bambini e ragazzi, quindi informazione, cultura, sport, musica e televendite). E infine, da 71 a 99, le altre tv locali minori. Era stata proprio la lobby delle tv regionali, guidata dalle più potenti come Telenorba in Puglia e Videolinea in Sardegna, ad alzare gli scudi contro l'orientamento dell'Authority, rivendicando una priorità in virtù della propria audience e contestando quella che a loro avviso era un’assegnazione totalmente arbitraria. Alcuni governatori e parlamentari erano scesi in campo a loro sostegno, ma alla fine il Consiglio presieduto da Corrado Calabrò aveva deciso a maggioranza di tenere fermi i criteri stabiliti dalla legge, in linea peraltro con le direttive europee in materia.

Lo scorso sabato il Tar del Lazio, chiamato in causa proprio da due delle emittenti locali, la napoletana Canale 34 e la milanese Più Blu Lombardia, ha bocciato la delibera dell’Agcom e quella che potrebbe arrivare nei telecomandi della tv digitale è una vera rivoluzione. La pronuncia del Tar romano è immediatamente esecutiva, ma l'Agcom ha presentato un ricorso d'urgenza al Consiglio di Stato per ottenere - quanto meno nell'immediato - la sospensiva della decisione del Tribunale amministrativo. L'Authority sosterrebbe che l'esecutività immediata della pronuncia del Tar potrebbe comportare problemi per il prosieguo nel processo di digitalizzazione della tv in Italia che nel corso di quest'anno si dovrebbe concludere in Liguria, Toscana, Umbria, Marche e in provincia di Viterbo, portando a 14 le regioni digitalizzate in Italia.

Il Tar del Lazio però contesta proprio la metodologia con cui l’assegnazione è stata portata avanti e nelle motivazioni alla sentenza evidenzia i due vizi procedurali che avrebbero compromesso il piano di assegnazione. Il primo sta tutto nella tempistica: i 15 giorni fissati per la consultazione pubblica, sulla base delle norme del Codice delle comunicazioni, erano un periodo troppo breve, occorrevano almeno i 30 giorni canonici. Il secondo errore dell’Agcom, secondo il Tar romano, stava poi nel ricorso ai Corecom (i comitati regionali per le comunicazioni): per stabilire abitudini e preferenze degli utenti televisivi, e su quella base fissare la numerazione delle tv locali, non era corretto utilizzare le graduatorie annuali che i Corecom avevano predisposto per il riconoscimento delle misure di sostegno ministeriali alle tv locali, analizzando fatturati e dipendenti delle emittenti.

Col ricorso al Consiglio di Stato, le indicazioni del Tar rimangono per il momento congelate. Nel caso in cui il ricorso di Agcom dovesse venire accolto non cambierebbe nulla, se invece confermerà la sentenza del Tar del Lazio, si andrà alla ricerca di un altro criterio per posizionare i canali sull'Lcn (Logical channel number, ovvero quel dispositivo presente in tutti i decoder grazie a cui gli utenti possono ordinare in automatico le emittenti sui canali accessibili dal telecomando).