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di Carlo Musilli

Nella partita per La7 si giocano a sorpresa i tempi supplementari. Oggi è il giorno della verità per Urbano Cairo: il Cda di TI Media, controllata da Telecom Italia, si riunirà per decidere se vendere all'editore la rete televisiva (di cui Cairo è già concessionario pubblicitario), oltre che per approvare il bilancio e il Piano 2013-2015. Fino alla settimana scorsa l'affare sembrava chiuso, visto che lunedì 18 febbraio il Cda di Telecom Italia aveva stabilito di trattare in esclusiva con Cairo. Venerdì scorso, però, un paio di colpi di scena hanno rimesso in forse l'operazione.

Il fondo Clessidra di Claudio Sposito è tornato in campo con un'offerta migliorativa per l'intero pacchetto targato TI Media: La7, La7d, Mtv e i tre multiplex, ovvero le frequenze assegnate dallo Stato. La nuova proposta comprenderebbe un aumento del cash rispetto ai precedenti 100 milioni e, secondo alcune indiscrezioni, lascerebbe a Telecom una partecipazione superiore al 30% nei multiplex (che, in prospettiva, rappresentano l'unico asset davvero redditizio: secondo Telecom non valgono meno di 300-350 milioni).

In un secondo tempo, il fondo di private equity potrebbe unire le forze con Diego Della Valle. Il mese scorso si era già parlato di una possibile intesa fra Clessidra e il patron della Tod's, accordo che avrebbe previsto una spartizione: i multiplex al fondo di Sposito e la televisione all'imprenditore marchigiano. Alla fine però i due alleati virtuali si erano presentati come avversari al bivio finale: la prima offerta di Clessidra era stata scartata dal Cda di Telecom Italia perché ritenuta meno vantaggiosa rispetto a quella di Cairo; la proposta di Della Valle, invece, non era stata nemmeno presa in considerazione perché arrivata "troppo tardi", quando ormai le trattative erano in corso da otto mesi.

Ma non è finita. Secondo quanto riportato da alcuni quotidiani, sempre lo scorso fine settimana, anche Guido Veneziani (presidente dell'omonimo gruppo editoriale che comprende periodici come Vero e Stop) ha presentato un'offerta vincolante al presidente di TI Media, Severino Salvemini, puntando a La7, La7d e al 51% di Mtv. Per la quota di maggioranza dell'emittente televisiva musicale, l'editore piemontese offrirebbe 20 milioni di euro. Una proposta definita dallo stesso Veneziani "fortemente migliorativa rispetto alla negoziazione con Cairo".

Intanto però, su sollecitazione della Consob, TI Media ha smorzato gli entusiasmi del mercato con una nota dal sapore definitivo. "Con riferimento al dossier relativo al negoziato con Cairo Communication sulla vendita di La7 - si legge nel testo - Telecom Italia Media conferma il percorso già definito nel precedente comunicato diffuso il 27 febbraio", quando il Cda dell'azienda aveva deciso di "aggiornare al prossimo Consiglio (quello di oggi, ndr) l'approvazione definitiva dell'operazione, in quanto la definizione di alcuni aspetti contrattuali" era "in corso di perfezionamento".

E quali sono gli "aspetti contrattuali" che hanno portato al rinvio dell'ok definitivo? Tra i nodi principali figurano le penali previste per le due parti: quella da 20 milioni che Cairo pretenderebbe se l'Agcom non confermasse il tasto 7 del telecomando (dopo il ricorso di Telenorba si teme possa essere riassegnato, ma in realtà l'ipotesi è assai remota) e quelle reclamate da TI Media nel caso in cui l'acquirente non rispettasse alcune condizioni (il vincolo di lock-up, cioè il divieto di rivendere La7, per almeno 18 mesi e l'obbligo d'investire nella ristrutturazione e nel rilancio dell'emittente la "dote" da 95 milioni che sarebbe corrisposta da TI Media).

Sembra che l'amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, preferisca non riaprire la partita, mentre Intesa Sanpaolo e Mediobanca (soci di Telco Spa, la holding italo-spagnola che detiene la quota di maggioranza in Telecom con il 22,39%) vorrebbero riportare il dossier sul tavolo del prossimo Cda, che si terrà il 7 marzo per l'approvazione del bilancio, in modo da valutare anche la nuova offerta di Clessidra. Una soluzione che probabilmente avrebbe più senso, considerando il debito pesantissimo della società (28,274 miliardi a fine 2012, una somma superiore alle previsioni degli analisti).

Nel caso in cui la scelta dovesse ricadere su Cairo, come al momento appare più probabile, la parola finale spetterebbe comunque alle autorità di garanzia, Antitrust e Agcom. Urbano Cairo ha iniziato la sua carriera come assistente di Silvio Berlusconi nel gruppo Fininvest, è stato direttore commerciale e vice direttore generale di Publitalia '80 e amministratore delegato della Arnoldo Mondadori Editore pubblicità. Solo nel 1995 ha fondato il gruppo che da lui prende il nome. Ed è inevitabile chiedersi per quale motivo abbia deciso puntare su un affare che garantisce solo perdite (La7 è in rosso di 100 milioni l'anno), senza nemmeno puntare ai multiplex.