Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Rosa Ana De Santis

Ora che finalmente lo spread sembra uscito dalle prime pagine dei giornali, sono i problemi reali a tornare prepotentemente all’attenzione della politica e delle istituzioni. La lista delle urgenze inizia senza dubbio dall’emergenza sanità che alcune regioni del Paese attanaglia in modo particolare. Il Rapporto OASI dell’università Bocconi offre un quadro drammatico con preoccupanti elementi di novità del sistema sanitario nazionale.

A fronte dell’aumento dei ticket, di 5 milioni di tasse locali in più, addizionali Irpef in aumento a iosa per evitare di finire con i bilanci in rosso, i servizi sanitari non hanno comunque tenuto il passo, costringendo sempre più cittadini a rivolgersi al privato, spesso con la beffa di pagare di meno per medesime prestazioni specialistiche.

Il marketing dei centri privati ai tempi della crisi batte il deficit del sistema sanitario nazionale o, per meglio dire, la tolleranza agli sprechi. Perché rimane questo, a detta della Fiaso (la Federazione di ASL e ospedali) il responsabile numero uno del disastro sanità.

La riqualificazione del management sanerebbe molto meglio i conti di quanto non abbiano fatto finora i tagli orizzontali e il cieco rigore finanziario. La direzione giusta, come indicato in sede europea a Dublino da tutti i ministri di sanità d’Europa, è quella di attribuire a questi stessi dicasteri la gestione della loro economia e finanza.

Una scelta che nasce dall’ammissione condivisa, da una filosofia diremmo, secondo la quale investimenti nella ricerca e nella cura non possano finire nel computo del deficit nazionale, tantomeno la cura dei cittadini e la loro assistenza sanitaria che a tutto può servire tranne che a fare cassa e profitto in breve tempo a meno di non voler vedere tutti i malati cronici deceduti.

La rivoluzione necessaria per non far collassare il sistema sanitario nazionale non inizia dai numeri del debito, ma dall’approccio alla cura e da un ripensamento complessivo dei servizi fatto di territorialità, altissima specializzazione ed efficiente prevenzione: l’unica arma scientifica che può ridurre l’impatto economico – sul lungo periodo - della sanità. Quindi da criteri selettivi nella formazione e nel reclutamento del personale, da una migliore integrazione di clinica e assistenza sanitaria, e non da ultimo da trasparenza. Infine rigore. Non quello modaiolo dei grafici della finanza, ma quello delle buone regole e delle tutele.

Quello che deve imporre a tanti medici della vecchia casta di non spartire più a part time l’ospedale con la clinica a sfregio di lasciare gli ambulatori in mano a ricercatori specializzati con contratti fantasma e pochi spiccioli. Di non tenere macchine diagnostiche di ultima generazione imballate perché non si ha modo di formare il personale addetto.

Tutto questo che, soprattutto da Roma in giù, colleziona le sue prove magistrali non è il frutto della povertà, ma di una montagna di denaro sprecata altrove e male, in una parola dell’amministrazione errata. Il responsabile non è la crisi, ma la politica.

La crisi è quella che spinge i privati a fare buon marketing dei propri servizi sanitari. L’incompetenza è quella che spinge sempre di più i cittadini a rinunciare all’ospedale a causa delle infinite attese, a causa di un percorso di assistenza sanitaria che dal medico di base allo specialista arriva a singhiozzi e con scarsa chiarezza, a causa, infine, di una disperazione che sulla vita non accetta le ragioni della borsa, perché il diritto alla salute, in un paese civile, è quel costo altissimo che non importa quanto, ma tutti potranno pagare.

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