Assange, le “non garanzie” USA

di Michele Paris

Nelle scorse settimane si erano intensificate le voci di una possibile risoluzione del caso di Julian Assange, con il presidente americano Biden che aveva anche ammesso di valutare la richiesta del governo australiano di lasciare cadere definitivamente le accuse contro il fondatore di WikiLeaks. Per il momento, il governo di Washington sembra essere però deciso a continuare la battaglia per...
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Israele e l’equazione iraniana

di Michele Paris

L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili, anche se tutti ancora da verificare in maniera indipendente, ma il successo dell’operazione è senza dubbio da ricercare altrove. La premessa necessaria a qualsiasi commento della vicenda è la legittimità dell’iniziativa di Teheran. Come hanno sostenuto i leader iraniani, la ritorsione è giustificata in base all’articolo 51 della Carta delle...
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di Tania Careddu

Semina, ripulitura dalle erbacce, concimazione e raccolta delle coltivazioni principali e di quelle secondarie. E’ il contributo fondamentale delle donne alla produzione di cibo e alla sicurezza alimentare. Nei Paesi in via di sviluppo e nelle aree rurali, dove vivono la maggior parte delle persone che soffrono la fame, le donne producono la maggior parte degli alimenti consumati sul posto. Con i loro orti domestici, molto produttivi, soddisfano il benessere nutrizionale ed economico.

Anche solo rappresentando, secondo quanto riportato nello studio della Fao Le donne, l’agricoltura e la sicurezza alimentare, il 2 per cento delle terre della loro famiglia, rendono la metà della produzione totale dell’intera fattoria, una su cinque delle quali è gestita da donne. E producono più del 20 per cento del reddito familiare e il 40 per cento del fabbisogno alimentare domestico.

Loro, le donne, al contrario di quanto fanno gli uomini che impiegano il 25 per cento delle proprie entrate per altri scopi, utilizzano quasi tutto il reddito derivante dalla produzione agricola per far fronte alle necessità famigliari. Eppure lavorano molte più ore degli uomini: in Asia e in Africa, per esempio, sono operative per tredici ore a settimana in più degli uomini.

Trasportano più di ottanta tonnellate di combustibile, acqua e prodotti agricoli per un chilometro; gli uomini solo un ottavo di queste quantità, con una media di dieci tonnellate per un chilometro all’anno. Ma questi, per il riconoscimento ufficiale di capi famiglia, sono considerati ‘capi del fondo agricolo’, anche quando le responsabili del lavoro giornaliero e della conduzione del fondo sono le donne. Le quali dedicano un’ora ogni giorno, o quattro quando è necessario, al rifornimento d’acqua indispensabile per cucinare.

Eppure tutto questo non basta per sovvertire la tradizione e le leggi che impediscono loro di possedere la terra. Che, servendo da garanzia, le esclude anche dall’accesso al credito. Senza questo, non possono acquistare materiali essenziali per il lavoro, vedi le sementi, i fertilizzanti e gli attrezzi, o investire nell’irrigazione e nel miglioramento delle terre. Tagliate fuori, se non per un esiguo 5 per cento, pure dai servizi di divulgazione e formazione per imparare a conoscere le nuove varietà delle coltivazioni e le nuove tecnologie: il loro ruolo, nella produzione alimentare, è raramente riconosciuto.

Ma è d’obbligo sapere che l’informazione riveste un potere critico. Per ottenere maggiori e più complete informazioni statistiche sui ruoli e sulle necessità delle donne, dovrebbero essere intraprese azioni per riesaminare i dati esistenti. Sarebbe opportuno utilizzare tecniche come la valutazione rurale partecipata (PRA).

Che si basa sulla conoscenza e l’esperienza delle donne, usando strumenti quali il calendario stagionale, i profili di attività giornaliera e le mappe delle risorse familiari e dei villaggi. Così si renderebbe determinante il loro apporto e si eliminerebbero gli ostacoli che le bloccano. Per raggiungere l’obiettivo del Vertice mondiale sull’alimentazione.

Nell’attesa, in occasione di EXPO 2015, WE-Women for Expo International ha creato un documento-manifesto Women for Expo Alliance, contro lo spreco alimentare per il rafforzamento del ruolo femminile nell’agricoltura nel mondo. Come? Abbattendo quelle barriere culturali e sociali, prima che politiche, che ancora impediscono alle donne - che sono il 40 per cento della forza lavoro agricola nel mondo - di produrre di più e meglio.

Con una conclusione: se le donne avessero sufficiente accesso al credito agricolo, se potessero avere un’istruzione adeguata, se fossero in grado di possedere le terre che coltivano, la produzione agricola aumenterebbe sensibilmente, portando fuori dalla malnutrizione e dalla denutrizione centocinquanta milioni di persone. Per questo la battaglia per i diritti e gli strumenti delle donne che lavorano i campi equivale alla lotta contro la fame nel mondo.

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