Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i...
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Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
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di Tania Careddu

Una moderna schiavitù. Non relegata alle aree marginali del mondo. Presente, piuttosto, in ogni angolo dell’occidente civilizzato. Anche nel Belpaese. Dalle zone agricole dell’avanzato settentrione a quelle delle regioni più sviluppate del centro, dalle pianure pontine del Lazio alle campagne abruzzesi vicine alla costa, e in tutte le regioni meridionali. Fondato sulla sistematica violazione dei diritti dell’essere umano, è “nella qualità del rapporto di lavoro tra datore di lavoro e lavoratore l’elemento fondamentale per la definizione” dello sfruttamento lavorativo.

Che avvenga nelle imprese con più dipendenti o in quelle unipersonali, in un quarto dei casi, o nelle famiglie, nel 10 per cento delle situazioni. Che accada nel settore industriale, anche nella produzione metallurgica e meccanica, in quello edile, in quello agroalimentare - raccolta dei prodotti della terra, pesca d’alto mare, macellazioni delle carni di allevamento e pastorizia -, o in quello alberghiero e del turismo, soprattutto stagionale, e nel badandato a carattere servile.

Succede quando il mercato del lavoro assume un carattere deregolativo. Funzionando più o meno così: flessibilizzando in maniera esponenziale le modalità di ingaggio occupazionale e negoziando con terze persone le condizioni di lavoro si creano maggiori posti di lavoro. Ma il risultato, in filigrana, è la penalizzazione della componente umana, investita da pessime condizioni di lavoro dove è massima la presenza di categorie altamente vulnerabili. Per la condizione giuridica, sovente legata all’assenza di documenti di soggiorno, per la necessità di acquisire reddito in maniera impellente e per il disorientamento culturale. Spesso talmente ignara della sua condizione, qualora ne prenda consapevolezza, la vittima tende a giustificarla con lo status di straniero. Irregolare.

Ma anche quando vi fosse la possibilità di ‘regolarizzarsi’, la denuncia sarebbe fortemente destabilizzante. Paura di perdere quell’entrata minima indispensabile alla sopravvivenza che le fa vedere il datore di lavoro come un benefattore, perdita del senso di appartenenza a un sistema reticolare che lo ha sostenuto nonostante la sua condizione di irregolarità e tradimento del caporale che, finora, le ha garantito il lavoro.

E anche quando riescono a sbloccare l’aspetto giuridico, questi lavoratori, sovente e involontariamente, riproducono gli stessi contesti occupazionali di sfruttamento. L’incapacità di immaginare un contesto diverso, anche per la mancata integrazione con il territorio, e l’idea di un destino immodificabile, non li fa sentire in grado di negoziare condizioni migliori da quelle che vengono offerte loro dal caporale.

Figura ambigua, sempre al servizio di un imprenditore, ha la principale funzione di intermediatore illegale di manodopera. Servile e accondiscendente con il datore di lavoro, direttivo e inflessibile con i lavoratori, se ne contano cinque tipologie: caporale-lavoratore, il quale, oltre a trasportare i braccianti, è a capo della squadra ma lavora con loro; caporale-tassista, che li trasporta e riscuote il denaro; caporale-venditore, il quale, oltre al servizio trasporto, vende ai braccianti, mellifluamente, beni di prima necessità (pensare a una forma di ricatto viene spontaneo); caporale-aguzzino che, per guadagnare di più, impone salari più bassi del dovuto e costi del viaggio a sua discrezione; caporale-amministratore delegato che gestisce tutte le fasi, spesso in combutta con l’imprenditore e con la malavita locale.

E, secondo quanto riporta il Rapporto Presidio 2015 della Caritas ‘Nella terra di nessuno’, il fatto che goda della fiducia degli imprenditori italiani, per i lavoratori sfruttati è segno di benevolenza e stima. Una visione distorta che legge il caporale come una persona che ha fatto strada, guadagnando questa posizione investendo in relazioni e denaro in mezzi di trasporto. Con tanti sacrifici. Perciò i lavoratori provano rispetto per il successo che è riuscito a conquistare. Ad maiora.

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