Israele e l’equazione iraniana

di Michele Paris

L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili,...
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FISA, sgambetto al “deep state”

di Mario Lombardo

La spaccatura tra le due principali correnti del Partito Repubblicano americano si è aggravata questa settimana con la clamorosa bocciatura alla Camera dei Rappresentanti di Washington di un provvedimento collegato a uno degli aspetti più controversi delle attività di sorveglianza e intercettazione delle comunicazioni elettroniche da parte dell’intelligence USA. Dopo l’appello lanciato dall’ex presidente Trump alla vigilia del voto in aula, diciannove deputati della destra “libertaria” si sono infatti uniti mercoledì ai colleghi democratici per affondare la legge già nella fase iniziale del suo iter legislativo. La vicenda riguarda l’ultra-controversa “Sezione 702” della legge del 1978 sulle intercettazioni delle...
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di Tania Careddu

“Ho perso mio padre quando avevo sette anni e da quel momento la mia vita è diventata molto dura per la mia famiglia. Ho lasciato la scuola a dieci anni per poter lavorare e aiutare mia madre e le mie sorelle. Ho lavorato per un falegname pitturando mobili per sei anni. Guadagnavo l’equivalente di neanche cinque euro al giorno. Un sacco di gente del mio villaggio era tornata dall’Italia e aveva costruito grandi case e aveva belle macchine, così con mio fratello sono andato a incontrare un mediatore e abbiamo concordato il pagamento per essere portato da Alessandria in Italia via mare.

Sono stato in mare per dodici giorni. Avevo solo qualche panino che ho fatto durare più a lungo possibile e non ho mangiato per quattro giorni interi. Sono stato in cinque barche differenti, alla fine. Durante il viaggio quelli che ci portavano continuavano a far salire sempre più persone in piccole imbarcazioni per poi stiparci tutti in una più grande che si è diretta verso l’Italia. I trafficanti sanno che possono essere catturati e che la barca può essere confiscata dalla autorità italiane, per questo non vogliono rischiare che cinque barche siano sequestrate (…)

Quando sono partito pensavo che stavo per guadagnare un sacco di soldi, che stavo arrivando in paradiso. Ma ho lasciato l’Egitto per un altro Egitto. Avevo così tante speranze e progetti quando sono venuto qui, ma ora sono solo deluso”. A parlare, agli operatori di Save the children nel dossier 2015 Piccoli schiavi invisibili, è Ahmad, uno dei tanti minori egiziani arrivati in un’Italia che ha deluso le loro aspettative.

Si sentono depressi, costretti a rimanerci pur volendo tornare a casa. E con un grande fardello: il debito contratto, dalla famiglia, per il viaggio. Che varia dai duemila ai cinquemila euro. Troppo alto per essere estinto immediatamente. Ricorrono alla sottoscrizione di un falso contratto con gli intermediari, ipotecando le proprie abitazioni. E aspettando la chiamata dei figli sbarcati nel Belpaese, perché è da quel momento che si comincia a pagare.

Con i soldi che i minori riescono a racimolare lavorando. Incastrati nelle maglie dello sfruttamento lavorativo: nei mercati generali di frutta e verdura, negli autolavaggi, nelle pizzerie. Caricare (e scaricare) un camion da dodici pancali: dieci euro. Riempire una cassetta di frutta: cinquanta centesimi. Un euro e mezzo all’ora - dalle nove all’una di notte, sette giorni su sette - per prestare servizio nei ristoranti gestiti da cittadini cinesi. Due o tre euro all’ora - per dodici ore consecutive - per un’occupazione negli autolavaggi. Cinquanta centesimi all’ora per lavorare nelle kebaberie.

Ma il calcolo dei soldi guadagnati è in ghinee egiziane e sembra equo. Così come egiziani (sembra equo?) sono gli sfruttatori, che, talvolta, sono gli stessi affidatari, alle dipendenze dei quali è alto il rischio di finire in attività illegali quali spaccio di droghe leggere, furti e rapine.

Per i minori afghani, invece, il pagamento del viaggio inizia già in mare. Chi non ha i soldi in tasca, può sdebitarsi guidando i gommoni dalla Turchia alla Grecia (tappa per arrivare in Italia). Previa giornata di prova per imparare a navigare. Viaggi lunghi, di violenza e abusi. Con la promessa che saranno sicuri: basta pagare anticipatamente i trafficanti, i quali poi spariscono con l’intero ammontare del viaggio. E così, dopo la violenza, il vuoto assoluto.

A suon di stupri, comincia il viaggio delle minori nigeriane. Chiuse in guest house, cominciano a ripagare i trafficanti del debito contratto per il viaggio. Verso un futuro migliore, a detta dello ‘sponsor’ o del ‘trolley’. Che le indottrina anche sulla storia da raccontare alle forze dell’ordine, una volta arrivate a destinazione. Non rivelare a nessuno la situazione è una promessa, sancita anche da un rito vodoo già prima della partenza e che sono obbligate a ripetere in altre circostanze, diventando uno strumento di controllo e di consolidamento del rapporto di sottomissione. Sia con gli sfruttatori sia con la mamam, che decide luoghi, tempi e modi delle attività di prostituzione.

Controllandole a vista: o personalmente o tramite una minimamam o con il passaggio in auto di uomini nigeriani, oppure tramite i social network per opera di altre minori. Fino all’estinzione del debito, che va dai trentamila ai sessantamila euro, la mamam ha il pieno controllo materiale delle ragazze. Sulle quali, oltre al saldo del debito che deve avvenire nel più breve tempo possibile, obbligandole a concedere prestazioni sessuali a bassissimo costo, specula anche sulle spese per le utenze e sull’affitto. Non solo per la stanza che occupano - divisa con molte altre coetanee - ma pure per il marciapiede in cui si prostituiscono. Da cento a duecentocinquanta euro, periodicamente. Fino a quando?

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