Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e...
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Euskadi, un pareggio vittorioso

di Massimo Angelilli

Domenica 21 aprile, nel Paese Basco, circa un milione e ottocentomila persone erano chiamate alle urne per rinnovare il Parlamento. All’appello ha risposto il 62,5%, suddiviso tra le tre province di Bizcaya, Guipúzcoa e Álava. Una percentuale alta, se paragonata con l’ultimo appuntamento elettorale, quello del 2020 drammaticamente contrassegnato dalla pandemia. Molto più bassa invece, rispetto all’auge dell’80% raggiunto nel 1980, anno delle prime consultazioni dopo la transizione democratica. Nel sistema spagnolo, le elezioni regionali rappresentano un test estremamente significativo, al di là della influenza che potrebbero avere nella politica nazionale. È questa una lettura “classica” che, più o meno, si applica in...
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di Tania Careddu

Se le tendenze climatiche in atto saranno confermate, i sistemi ecologici, forestali e ambientali naturali del Mediterraneo si sposteranno verso l’Europa centro-occidentale e settentrionale, trasformandolo in una regione arida e più vulnerabile alla siccità. D’altronde, secondo quanto riporta il dossier “Per un’ecologia umana integrale. Salvare il pianeta, salvare i poveri, salvare l’umanità”, redatto dalla Caritas, analizzando i dati sulle temperature, si nota che la l’Italia si sta scaldando più velocemente della media globale e di altre terre emerse del pianeta.

Al punto che, nel 2014, è stato raggiunto un nuovo record, pari a 1,45 gradi centigradi, rispetto al trentennio 1971-2001. E se sale la temperatura aumenta pure l’incidenza dei fenomeni meteorologici estremi: nubifragi, alluvioni, distruzioni, morti e danni materiali.

Le precipitazioni molto intense sono state causa immediata di disastri su territori gestiti a lungo in maniera approssimativa e centrata sul tornaconto economico diretto a beneficio di pochi: Genova, Modena, Senigallia e Chiavari, gli esempi più eclatanti dove la produzione agricola, nel 2014, è stata duramente colpita con i produttori di olio d’oliva, miele e castagne in ginocchio.

Non solo si intensificano i fenomeni temporaleschi ma si modifica anche la distribuzione delle precipitazioni, provocando, per effetto dell’aumento dell’evapotraspirazione e dei prelievi idrici, una diminuzione, nelle prossime decadi, delle risorse idriche. E laddove già sussistono condizioni di stress idrici, vedi il Sud della penisola, il cambiamento avrà profonde ripercussioni, non solo sull’agricoltura, ma pure sul turismo, la produzione industriale, l’urbanizzazione e la salute.

La diffusione smodata di agenti patogeni, collegata al cambiamento climatico, peserà sul settore agro-forestale; l’innalzamento del livello del mare e l’acuirsi delle mareggiate aggraveranno i problemi già esistenti negli ambienti marini, tipo quelli di erosione delle zone costiere basse e sabbiose, le infiltrazioni di acqua salata nelle falde di acqua dolce e le modificazioni nella biodiversità delle zone umide. Per non parlare dei danni sul patrimonio storico, culturale e artistico come dimostrano i fatti di Ravenna, Ferrara e Venezia.

Il cambiamento climatico, in tutte le sue facce, si interseca inesorabilmente con il fattore economico così tanto direttamente da costringere, dal 2008 al 2014, oltre centocinquantasette milioni di persone a spostarsi per eventi meteorologici estremi. Tempeste e alluvioni in primis, rappresentando l’85 per cento delle cause, seguite dai terremoti.

Solo nel 2015 sono stati oltre diciannove milioni gli sfollati per disastri naturali in centotredici Paesi. Per sfuggire anche ai conflitti interni (conseguenti) per il controllo delle risorse, vedi l’uso del suolo e la gestione delle risorse idriche, per l’accaparramento delle terre e la cementificazione selvaggia.

Di questo passo, se già il ventunesimo si può definire il secolo dei ‘rifugiati ambientali’, nel 2050, gli esperti stimano che se ne conterà un miliardo. A causa di uno sfruttamento antropocentrico generatore di ingiustizia climatica.

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