Stampa

Honey Don’t! di Ethan Coen è arrivato nella sezione Midnight Screenings di Cannes, il luogo perfetto per un film che si diverte a giocare con i generi, proprio come faceva l’anno scorso Drive-Away Dolls, a cui si collega come secondo capitolo di una trilogia ancora in costruzione. Coen, insieme alla moglie e collaboratrice Tricia Cooke, porta avanti un progetto ironico e anticonformista, che racconta esperienze queer senza alcun senso di responsabilità “educativa”, ma con una leggerezza irriverente e allo stesso tempo affilata.

Al centro, naturalmente, c’è Margaret Qualley. Alta, elegante, in abito rosso a fiori e tacchi coordinati, capelli raccolti in morbidi ricci, Qualley incarna una femme fatale che però non appartiene al passato: è senza tempo. La sua voce profonda e il suo sguardo sicuro raccontano subito chi comanda davvero, anche quando deve respingere con ironia le avances insistenti di un poliziotto locale (Charlie Day) con un semplice “mi piacciono le donne”.

Il mondo intorno non sempre ascolta, e proprio qui si inserisce la critica al modo in cui ancora oggi vengono percepite le donne queer. Ma il film, piuttosto che insistere sul vittimismo, esalta Honey come un’icona pop e stilizzata, in bilico tra Tarantino e Jane Russell. Persino il contesto noir è reinventato: l’atmosfera di Bakersfield, con le insegne decadenti dei negozi usate nei titoli di testa, conferisce al film un tono neo-noir venato di ironia.

La trama ruota attorno a una chiesa locale, il Four Way Temple, che dietro la facciata religiosa nasconde abusi e traffici illeciti. Il reverendo Drew (Chris Evans), con la sua chioma da televangelista e un microfono da predicatore televisivo, è in realtà un manipolatore che sfrutta le sue fedeli più giovani, oltre a gestire traffici criminali. Il punto di svolta arriva con l’omicidio di una delle adepte e il tentativo maldestro di coprirne le tracce. Invece di accentuare la tensione, Coen lo trasforma in una commedia nera, quasi un hangout movie alla maniera di The Big Lebowski o Repo Man, con un occhio a Chandler e un altro al pulp.

Ma Honey non è solo investigatrice. Deve anche affrontare un intreccio familiare: una sorella instabile (Kristen Connolly), una nipote ribelle (Talia Ryder) e un fidanzato violento che minaccia di distruggere tutto. Sul fronte sentimentale, si lega a MG (Aubrey Plaza), poliziotta che vive in una casa dall’aspetto inquietante, quasi una versione suburbana del Psycho house. La loro relazione, imperfetta e graffiata dalla malinconia, diventa uno degli aspetti più autentici e carnali del film.

Lo stile di Coen e Cooke, meno cupo e più ludico rispetto al cinema “classico” dei fratelli Coen, punta a creare un pulp divertito, queer e irriverente. Se Drive-Away Dolls era stato accolto con freddezza, Honey Don’t! si conferma invece un passo avanti: un film che valorizza al massimo il magnetismo di Qualley, sempre più destinata a imporsi come una delle interpreti più sorprendenti della sua generazione.

 

Honey Don’t! (USA 2025)

Regia: Ethan Cohen
Cast: Margaret Qualley, Aubrey Plaza, Chris Evans, Lena Hall, Charlie Day, Kristen Connolly, Don Swayze, Billy Eichner, Lera Abova, Talia Ryder, Gregg Binkley, Christian Antidormi, Kinna McInroe
Sceneggiatura: Ethan Coen, Tricia Cooke
Fotografia: Ari Wegner
Produzione: Focus Features, Working Title Films
Distribuzione: Universal Pictures